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Che fare delle pulsioni di morte? Ecologia, fascismo e soggettività

Autore


Frédéric Neyrat

Università Winsconsin-Madison

È professore associato presso il Dipartimento di Inglese dell’Università Winsconsin-Madison, dove ricopre anche una cattedra di Planetary Humanities

Indice


1. Introduzione

2. L’inconscio ecologico dei geo-poteri

3. Funzione fascista

4. Formazioni soggettive corazzate e tecnologie di comunicazione

5. Esistenze avventurose per eccezioni viventi

6. Pulsioni di morte al servizio della liberazione degli spiriti

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S&F_n. 26_2021

Abstract


What to do with death drives? Ecology, fascism and subjectivity

In this article I argue that we are undergoing an unprecedented unleashing of death drives on three levels simultaneously: 1) There is the release of death drives at the level of global ecology (climate change, the general ecocide; 2) There are the death drives at work on the political level, which must be understood as fascist function; 3) And finally the death drives that, through communication technologies and social networks give rise to what I call armored subjectivity, that is to say subjects whose mental life has been immunized against the encounter with otherness. Hence the questions that my article strives to answer: are we living through the coronation of the death drives? If so, how might we divert them from their destructiveness? How might we oppose the power of ecological, political and psychic death? To oppose to the subjectivities that armor themselves, the fascism that organizes these subjects, and to the geo-power that feeds them with energy, I propose adventurous forms of existence for which life cannot be reduced to a program of conservation.

1. Introduzione

Quando Sigmund Freud ha avanzato un secolo fa l’ipotesi dell’esistenza delle pulsioni di morte, con la pubblicazione nel 1920 di Al di là del principio di piacere[1], le contestazioni furono virulente – come se il corpo intellettuale e sociale si fosse ribellato a una forma di violazione dell’immagine che si faceva di sé. Ipotizzare che la morte possa venire dall’interno della soggettività, e che possa essere desiderata a volte anche all’insaputa del soggetto, sia esso individuale o collettivo, non significava in realtà privare l’umanità di una delle sue credenze fondamentali, cioè la ferma convinzione del suo amore per la vita? Non è forse la vita ciò che cerchiamo di proteggere, prolungare – fino al punto di sognare di essere immortali, sfuggendo a tutti i virus, compreso quel virus senza vaccino che è la morte?

La tesi che porto avanti è che la nostra epoca sta subendo uno scatenamento senza precedenti delle pulsioni di morte, come se queste pulsioni fossero diventate onnipresenti, infiltrandosi in tutta la realtà, strutturando le tecnologie, ventriloquizzando il discorso politico, traboccando da tutti i quadri sociali e psichici. Questo scatenamento si produce simultaneamente su tre livelli:

  • C’è la liberazione delle pulsioni di morte a livello dell’ecologia globale, quelle che strutturano i cambiamenti climatici e portano all’ecocidio generale: queste pulsioni di morte costituiscono la dimensione inconfessabile dei geo-poteri che lavorano al servizio del capitalismo, il loro inconscio ecologico[2];
  • Ci sono le pulsioni di morte all’opera sul piano politico, sia che vengano portate avanti in nome del nazionalismo, del populismo dell’estrema destra, o dell’agenda neoliberale. Cercherò di mostrare in questo saggio che queste pulsioni di morte devono essere comprese a partire da una funzione fascista;
  • E infine le pulsioni di morte che, attraverso le tecnologie della comunicazione e le reti sociali, agiscono contro la soggettività stessa e danno luogo a formazioni di soggettività corazzate: soggetti la cui vita dello spirito è stata limitata.

Stiamo vivendo la consacrazione delle pulsioni di morte? Come possiamo detronizzarle, distoglierle dalla loro distruttività? In questo intervento, propongo di opporre alle formazioni soggettive corazzate, al fascismo che le organizza e al geo-potere che le alimenta di energia, forme avventurose di esistenza per le quali la vita non può essere ridotta a un programma di conservazione, ma è definita dagli incontri, sempre eccezionali, con l’ignoto.

 

2. L’inconscio ecologico dei geo-poteri

Iniziamo con l’analisi del livello ecologico. L’Antropocene potrebbe essere definito come la capacità delle società più ricche di modificare profondamente la Terra, dal suo sottosuolo fino alla sua atmosfera: l’Antropocene si basa su geo-poteri, che – dall’industria petrolifera alle istituzioni neoliberali – alimentano la macchina capitalista[3]. Insistere su questa capacità produttiva, estrattivista e trasformativa, significa vedere il cambiamento climatico, l’estinzione delle specie, l’acidificazione degli oceani, la deforestazione, l’inquinamento, etc., come effetti – effetti negativi del “progresso”, dell’economia predatoria, dell’antropizzazione degli ambienti, etc.

Ma questa visione è insufficiente; è addirittura necessario invertirla per rivelare un’“altra scena” (per riprendere l’espressione freudiana), un inconscio ecologico: la produzione nasconde una distruzione, e l’effetto nasconde una causa. Per aiutarci a comprendere questa inversione, pensiamo al modo in cui Paul Virilio, nel suo libro L’accident originel, ha analizzato la tecnologia moderna: «Inventare la nave a vela o a vapore è inventare il naufragio. Inventare il treno è inventare l’incidente ferroviario del deragliamento. Inventare l’automobile domestica è produrre il tamponamento a catena sull’autostrada», etc. Virilio spiega che «CIÒ CHE ACCADE», letteralmente l’accidente (accidens), «è una specie di analisi, una tecno-analisi di CIÒ CHE È al di sotto (substare) di ogni sapere»[4]. Ciò che i presunti “accidenti” dell’Antropocene rivelano è un odio sostanziale per la natura terrestre, un desiderio di distruggerla, di sostituirla con qualcosa di artificiale, di digitalizzarla a morte. Di questo tipo è il desiderio inconscio dell’Antropocene: un ecocidio; la messa a morte di Gaia.

Non voglio tuttavia sminuire la questione economica. L’estrattivismo è un’operazione che consiste nel fornire le materie prime del capitalismo; ma le mediazioni tecnologiche all’opera in questa operazione capitalista rivelano un inconscio desiderio di morte: l’ambiente non rappresenta forse il promemoria della nostra finitudine ecologica, e quindi della nostra mortalità? Liberare la Terra dai suoi alberi e dai suoi oceani sarebbe allora cercare di liberarci della nostra condizione di esseri viventi. Uccidere Gaia, realizzare un eco-matricidio, è l’obiettivo segreto che i geo-poteri realizzano in nome del patriarcato, che costituisce la faccia a-naturalista del capitalismo.

 

3. Funzione fascista

A volte è difficile dire “capitalismo”, o “patriarcato”, tanto questi termini girano all’infinito intorno a linguaggi che vi si oppongono. Eppure, se si cerca di identificare la distruttività all’opera sul piano politico, questi termini si impongono, e se si cerca di visualizzare cosa significa “patriarcato”, si vedrà: uomini, uomini al potere, uomini senza scrupoli, “senza vergogna” come direbbe Bernard Stiegler, uomini che mentono, che imprigionano, che uccidono – Lukashenko, Bolsonaro, Modi, Netanyahu, etc., la lista è senza fine e si riproduce, tranne che per i nomi, come per una sorta di fallo-riproduzione omogenea alla riproduzione del capitale.

Questi uomini incarnano una messa a morte della democrazia, una messa a morte che oggi si sta generalizzando in tutto il mondo. Potrei certamente, come altri, riprendere le parole di Jean-Paul Sartre: “elezioni, trappole per idioti”. Ma aver vissuto negli Stati Uniti mi ha mostrato come le forze reazionarie possano lavorare, senza nemmeno nascondersi, per impedire l’espressione democratica limitandola con tutti i mezzi possibili (mettere il giorno del voto in piena settimana lavorativa, limitare il numero di seggi dove poter votare, intimidire con le armi, etc.)[5]. In alcune circostanze, come nelle elezioni americane del 2020, ciò che conta ancora più della persona per cui si vota a favore o contro è l’atto stesso del voto, compiuto contro coloro che cercano di renderlo impossibile.

Al di là del caso degli Stati Uniti, mi sembra che si stia sviluppando oggi, in forme diverse e in quasi tutti i paesi, ciò che intendo chiamare una funzione fascista. Con questa espressione non intendo identificare il fascismo storico, mussoliniano o meno, ma una modalità psico-politica – un “fascismo primitivo ed eterno” (Umberto Eco)[6] che sarebbe identificabile non tanto per qualche caratteristica quanto per un modo di rapportarsi a questioni politiche fondamentali – che in un certo senso ha preceduto il fascismo storico e può ancora incarnarsi, in maniera parziale o massiva, nei regimi politici contemporanei:

  • Il fascismo può effettivamente assumere una forma statale, diventare un regime politico a tutti gli effetti: uno Stato concepito e generato come fascista, cioè con un presunto leader carismatico, che concentra la sovranità (la propria e quella della “natura” o della razza come nel nazismo) e che fa affidamento sull’esercito e sulle milizie che, in suo nome, fanno regnare la paura – non si ha fascismo senza l’instaurazione di un ordine di caos permanente, l’insicurezza psichica, l’impossibilità di condurre un’esistenza piena[7]. Un tale Stato può arruolare un programma neoliberale, come nel caso del regime di Pinochet e dei suoi Chicago Boys[8], ma ha una sua logica propria, e non può essere ridotto a questioni economiche: la sua politica è orientata da un’idea infra-politica della comunità “pura” (si fa riferimento qui alle analisi di Jean-Luc Nancy e Philippe Lacoue-Labarthe[9]);
  • Ma il fascismo dal punto di vista funzionale e simbolico può ugualmente costituire una forza distinta dallo Stato in quanto tale, poiché la sua “struttura psicologica” (per riprendere la formula di Bataille) può informare gruppi, individui o istituzioni[10]. Si potrebbe pensare alle figure del “liberalismo autoritario”, facendo dell’economia neoliberale il principio sovrano che esige istituzioni autoritarie per essere realizzato[11]. La Francia sotto la presidenza di Macron illustra questa situazione: un classico programma neoliberale (deregolamentazione, eliminazione degli organi amministrativi, riforma delle pensioni, etc.) sostenuto da una polizia che, da quando Macron è salito al potere, è passata da una polizia di contenimento (prevenire la violenza) a una polizia di intervento (prevenire le manifestazioni), un cambiamento che ha portato a un notevole aumento delle violenze poliziesche. Se non limitata dallo Stato stesso, la polizia sovrana può diventare il fermento di una fascistizzazione della vita sociale. A questo proposito, notiamo l’importanza dell’evento del 19 maggio 2021, quel giorno d’infamia, quando i poliziotti francesi hanno manifestato davanti all’Assemblea Nazionale, contro l’istituzione giudiziaria, con la presenza del Ministro dell’Interno, del leader del Partito Socialista, del Partito Comunista e del partito Europe Ecologie-Les Verts;
  • Mi sembra che in entrambi i casi si riveli una funzione fascista della politica, un modo di attaccare le radici di ciò di cui la politica può talvolta essere il nome: la funzione fascista è la traduzione politica della volontà di estirpare ogni energia, desiderio, sogno, e organizzazione di liberazione. Non è certo un caso che il testo di Georges Bataille sulla struttura psicologica del fascismo si concluda con l’opposizione tra «le forme imperative radicali» e «la sovversione profonda che continua a perseguire l’emancipazione delle vite umane», un’opposizione che supera, ci dice Bataille, quella del fascismo e del comunismo – cioè, supera le forme storiche, quelle di allora, del fascismo e del comunismo[12]. Il fascismo cerca di abolire l’impulso alla sovversione, l’impulso che innerva l’emancipazione di cui il comunismo è un nome.

Le nozioni di autorità o autoritarismo, e persino di militarismo, non riescono a cogliere l’essenza della funzione fascista: l’obiettivo fascista non è solo quello di imporre un programma economico o altro, ma di distruggere alla radice i sogni e le speranze di società alternative, di mettere a morte le forme di vita che portano questi sogni, di imprigionare non quelle e quelli che infrangono la legge ma quelle e quelli che incarnano la fine di quella legge, in nome dell’amore, della vita libera e intensa, della felicità che è negata dallo sfruttamento delle forze vive della Terra. Da qui il sadismo proprio del fascismo, che Bataille o Pasolini hanno saputo identificare, essendo questo sadismo il plusvalore di godimento concesso dalla distruzione del sogno di libertà. È questa funzione fascista che i governi, democratici o no, utilizzano in modo più o meno massivo secondo il loro programma politico, e che oggi si diffonde in quelle che chiamo le formazioni soggettive corazzate.

 

4. Formazioni soggettive corazzate e tecnologie di comunicazione

Fascismi e geo-poteri non sono nozioni generali e vuote, presuppongono soggetti che li portano, li producono e li riproducono, e li fanno evolvere. Lavorando sulla questione del fascismo e scoprendo l’opera di Wilhelm Reich, quello strano e magnifico pensatore che si può seguire solo tradendolo (reinterpretandolo), mi sono sempre più interessato alla sua analisi psichica e libidinale, che fa del fascismo l’organizzazione politica di un certo tipo di soggettività, identificabile con la sua «corazza caratteriale», cioè il blocco delle «eccitazioni emotive, che si traduce nella rigidità del corpo, la mancanza di contatto emotivo, il “torpore”»[13].

Le analisi di Reich riguardavano certamente la questione dell’organizzazione politica, e ci aiutano a capire il sadismo fascista, che esercita la sua distruttività su uno sfondo di mancanza di empatia, tanto è anestetizzata la sua soggettività; ma io mi sono chiesto se le sue analisi non possano anche descrivere un certo tipo di soggettività contemporanea che ha come supporto fondamentale le tecnologie della comunicazione. Penso innanzitutto a quella che la psicologa nordamericana Jean M. Twenge chiama la iGen, la prima generazione che passa tutta l’adolescenza con gli smartphone, ed è caratterizzata da alti tassi di depressione e da una assai pronunciata tendenza al suicidio: le cosiddette “reti sociali” producono desocializzazione, solitudine, meno tempo trascorso con gli amici, meno sonno, meno appuntamenti e meno sessualità. Anche meno memoria: Snapchat, un’applicazione che un tempo era popolare tra gli adolescenti, permette di inviare foto che possono scomparire dopo pochi secondi[14]. Una tale de-socializzazione non può che portare a una forma di de-soggettivazione, cioè una forma paradossale in cui il soggetto – con mobilità ridotta, agli arresti domiciliari, tagliato fuori dal “contatto emotivo”, dall’incertezza delle relazioni umane, dall’avventura del sesso e dell’alterità – diventa un soggetto de-soggettivato, cioè una persona la cui vita psichica è danneggiata.

Questo potere annichilente delle tecnologie della comunicazione, questo sradicamento della vita psichica a favore del movimento dello scambio di dati – come se la circolazione incessante di dati senza passato né futuro avesse sostituito la vita psichica – colpisce non solo gli iGen, ma tutti gli utenti di internet. Con la pandemia iniziata nel 2020, c’è sempre più gente terrorizzata dal contatto, che ha la fobia dell’altro, la fobia dell’ambiente ridotto a portatore-trasmettitore di virus, la fobia della Terra intera portatrice di cambiamenti climatici. È in questo clima deleterio che appaiono forme di soggettività folli, o piuttosto in preda al panico, che si costituiscono in reti chiuse di scambio, tagliandosi fuori da qualsiasi realtà diversa dalla propria e da qualsiasi rapporto con il mondo – da qualsiasi possibilità di essere contraddetti. Si pensi, naturalmente, al modo in cui il movimento cospirativo di estrema destra QAnon si forma attraverso le reti sociali alla maniera di un gioco multipiattaforma, di un tipo di gioco a realtà alternata (alternate reality game)[15] – qui si intrecciano il fascismo e le tecnologie la cui forma egemonica di comunicazione consiste nel creare realtà parallele, multiversi virtuali che si scaricano talvolta in attualizzazioni violente:

  • Nel caso fascista, questa scarica avviene come attacco razzista, suprematista, o come tentativo di colpo di stato (come il 6 gennaio 2021 negli Stati Uniti). Il concetto di formazioni soggettive corazzate trova qui la sua più terribile realtà: è perché internet favorisce la “corazza caratteriale” che, come aveva ben visto Reich, gli individui possono essere sufficientemente insensibili da trasformarsi in divisioni corazzate (armored division), in unità militari pronte a uccidere coloro che poi non saranno nemmeno percepiti come alter-ego;
  • Nel caso della generazione iGen, il passaggio all’atto rientra piuttosto nel suicidio – non sadismo, ma un rivolgere le pulsioni di morte contro il soggetto. La formazione soggettiva corazzata si rivela allora una struttura precaria, poiché il processo di de-soggettivazione permette comunque al soggetto di tornare alla sua soggettività sofferente. Forse perché in questo mondo in cui la Terra sta morendo in ogni giardino, ogni lago e ogni mare, l’energia da consumare per mantenere una bolla virtuale scissa dalla realtà è notevole: sembra che – dovremmo dire per fortuna? – lo spettro della felicità e della verità negata continui a infestare i corridoi della soggettività desertificata. Mettersi all’ascolto di questo spettro si rivela dunque vitale, e dare voce alla domanda di giustizia non soddisfatta un’esigenza sia artistica che filosofica.

5. Esistenze avventurose per eccezioni viventi

Come possiamo uscire da questa situazione infernale, dove la tecnologia de-soggettivizzante, la funzione fascista e il geo-potere ecocida si incontrano e si rafforzano a vicenda? Dobbiamo trovare un modo per opporre le pulsioni di vita alle pulsioni di morte? Non credo che questa sia la soluzione.

Per tornare a Freud, e senza dubbio dovremo tornare con attenzione ai suoi testi se vogliamo salvare la soggettività dal suo annientamento, ricordiamo innanzitutto che Freud non oppone, come si dice troppo spesso, Eros e Thanatos – bisogna notare d’altronde che il nome Thanatos non appare mai in Al di là del principio di piacere. In effetti, le pulsioni di morte sono plurali e innominabili, e non sono simmetriche alle pulsioni di vita: la metapsicologia freudiana delle pulsioni non porta né a un dualismo rigido né a un monismo puro, ma a un’unità fratturata, un’immanenza lacerata, dove la legge generale è quella delle pulsioni di morte, mentre le pulsioni di vita rappresentano l’eccezione. Tutto parte dall’“inanimato” e vi ritorna, come spiega Freud in Al di là del principio di piacere; ma, nel frattempo, tra due morti, tra due assenze di vita, l’universo è come disgiunto da se stesso dagli impulsi di vita che lo spingono lontano dalla morte[16]. Non si tratterà quindi, in una prospettiva freudiana, di opporsi alla morte a partire da un vitalismo, cioè da un principio ontologico che afferma la vitalità permanente e universale dell’essere, ma da un desiderio dell’eccezionale, da una promozione dell’inedito.

Questo punto mi sembra particolarmente importante in un’epoca di disastri ecologici e di pandemie che sono una delle loro manifestazioni[17]. Si potrebbe infatti pensare che esigere la conservazione della vita, la sua protezione, e fare della sopravvivenza il valore supremo delle nostre società di fronte al collasso ecologico finale, sia giustificato: non è forse questa una lotta per la vita e contro le pulsioni di morte? Tuttavia, il fatto che l’attesa della Grande Sera Rivoluzionaria abbia lasciato il posto all’attesa della Grande Notte del collasso ambientale non mi sembra costituire un progresso politico e psicologico, e potrebbe anche accentuare la formazione in maniera corazzata dei soggetti contemporanei: se infatti regna solo la paura del collasso a venire, se la Terra diventa solo una fonte di terrore, non è questo un invito a proteggersi ancora di più, a sprofondare ancora di più negli universi paralleli di internet e nella sua tendenza a far proliferare la negazione della realtà? Questo non favorisce i regimi autoritari che vogliono “salvarci”? Non si sta preparando l’insediamento di fascismi verdi?

Sia ben chiaro, non si tratta in nessun modo di minimizzare l’estinzione in corso, ma di comprendere che aggiungere paura in un mondo dove la paura abbonda è inutile, controproducente, e può solo alimentare i poteri della morte, soffiando sul fuoco delle pulsioni di morte. Personalmente, ho persino spesso la sensazione che sia comunque troppo tardi, che sappiamo già che non c’è più niente da fare e che dobbiamo elaborare il lutto del futuro; ma, curiosamente, non ne traggo alcun fatalismo: ne traggo l’idea che dobbiamo come mai prima affermare l’essenziale, come mai prima affermare la necessità di giustizia ora, di verità ora, di bellezza ora. Sensibilizzato dal destino dei popoli africani schiavizzati e dei popoli indigeni colonizzati nelle Americhe, ho imparato cosa significa avere già perso il proprio mondo, essere già dopo la fine del mondo – così che per alcuni popoli oggi, la vita è questa improbabile esistenza tra due estinzioni, due fini del mondo, quella del passato (schiavitù, deportazione dall’Africa, genocidio generato dalla colonizzazione) e quella del futuro (conflagrazione climatica, infertilità del suolo, etc).

Invece di scommettere sulla sopravvivenza in una comunità chiusa, scommettiamo sulla necessità di un presente più intenso, più esigente, soggettivamente e politicamente. Sostituiamo la paura con l’amore, con l’attrazione per ciò che è estraneo. Se siamo eccezioni viventi, se la Terra stessa è una scintilla nell’oscurità dell’universo, allora abbiamo il dovere di esistenze avventurose – sia sul piano amoroso che politico. Esistenze avventurose al posto di formazioni soggettive corazzate – il che si può fare solo riorientando le pulsioni di morte, non cercando invano di annullarle.

 

6. Pulsioni di morte al servizio della formazione di spiriti liberi

La sezione precedente non propone, ovviamente, un manuale per la riorganizzazione della società, ma insiste sulla questione cruciale della soggettività: per sfuggire al geo-potere, al fascismo e al controllo tecnologico, è necessario prendersi cura della vita psichica. Questo significa saper diventare uno spirito libero. Una mente capace di smarcarsi dall’egemonia della comunicazione, di non corazzarsi con protezioni che impediscono alla vita di avventurarsi verso il suo desiderio. Ma questo non sarà possibile senza l’aiuto delle pulsioni di morte. Ciò significa che il problema non è cercare di sbarazzarsi delle pulsioni di morte, ma riconoscerle e sottrarle dalle mani dei poteri della distruzione ecologica, politica e tecnologica.

Una tale sottrazione comporterebbe la limitazione del potere delle industrie estrattiviste, l’invenzione di Costituzioni che non diano pieni poteri all’esecutivo e l’assoggettamento dei giganti del web a principi etici e democratici. Si vede immediatamente che questi tre imperativi non sono a portata di mano… Ma per arrivarci, possiamo fin da ora servirci delle pulsioni di morte per scolpire la nostra soggettività, da soli e in comunità, attraverso pratiche politiche e artistiche e la conoscenza condivisa del mondo. Perché le pulsioni di morte sono anche ciò che ci permette di forgiare astrazioni e simboli – come diceva lo psicoanalista Jacques Lacan «il simbolo si manifesta innanzitutto come uccisione della cosa, e questa morte costituisce nel soggetto l’eternizzazione del suo desiderio»[18]. Le pulsioni di morte sono infatti in gioco nella creazione di istanze linguistiche che ci permettono di nominare, invocare, evocare, metaforizzare, senza rendere materialmente presente ciò di cui si parla: posso dire “spettro”, “spirito” e “materia vivente”, senza vedere o sentire immediatamente ciò che questi termini cercano di designare. Le pulsioni di morte possono così essere messe al servizio della vita dello spirito, quella che si avventura verso ciò che è estraneo, quella che intuisce ciò che non c’è più o non c’è ancora, quella che immagina ciò che dovrebbe essere, quella che crea una libertà nel cuore stesso degli apparati di oppressione, riuscendo talvolta a sfuggirvi – e a smantellarli quando diviene necessario.

(Traduzione italiana di Delio Salottolo)


[1] S. Freud, Au-delà du principe de plaisir (1920), Éditions Points, Paris 2014.

[2] Cfr. E.R. Johnson, On The Political Unconscious Of The Anthropocene: Frédéric Neyrat, interviewed by Elizabeth Johnson, in «Society and Space», 20 mars 2014.

[3] Cfr. E.A. Povinelli, Geontologies: A Requiem to Late Liberalism, Duke University Press, Durham 2016 e B. Dillet, Geopower. A Strato-Analysis of the Anthropocene, in «La Deleuziana», 4, 2016.

[4] P. Virilio, L’accident originel, Galilée, Paris 2005, pp. 27-29. Le traduzioni sono nostre [N. d. T.].

[5] Cfr. F. Neyrat, U.S.A.: fascisme ou abolition, in «Terrestres», 20 octobre 2020.

[6] U. Eco, Reconnaître le fascisme, Grasset, Paris 2017.

[7] Questa definizione introduttiva deve molto alle discussioni che si svolgono nel gruppo FI (Groupe Fascisme et Inconscient), che conta sette membri dal gennaio 2021. Non approfondirò qui l'analisi del fascismo, il narcisismo del leader, la “psicologia della folla”, etc.

[8] Formato da interviste, il documentario Chicago Boys (Carola Fuentes et Rafael Valdeavellano, 2015) mostra bene la contingenza che ha portato al potere in Cile il programma neoliberista.

[9] Cfr. per esempio J.-L. Nancy, P. Lacoue-Labarthe, Le mythe nazi, Éditions de l’Aube, Paris 1991.

[10] Cfr. G. Bataille, La structure psychologique du fascisme (1933), in Id., Œuvres complètes, t. 1, Gallimard, Paris 1970.

[11] Cf. G. Chamayou, La société ingouvernable: Une généalogie du libéralisme autoritaire, La Fabrique éditions, Paris 2018.

[12] G. Bataille, op. cit., p. 371. La traduzione è nostra [N. d. T.].

[13] W. Reich, La psychologie de masse du fascisme (1933), Payot, Paris 2001, p. 25. La traduzione è nostra [N. d. T.].

[14] J.M. Twenge, Génération Internet, Mardaga, Paris 2018.

[15] Cfr. C. Thompson, QAnon Is Like a Game - a Most Dangerous Game, in «Wired», 22 september 2020.

[16] Si potrebbe dire che le pulsioni di vita sono il clinamen che ci tiene lontani, per un certo tempo, dall’equilibrio termodinamico della morte.

[17] P. Grandcolas, Coronavirus: “L’origine de l’épidémie de Covid-19 est liée aux bouleversements que nous imposons à la biodiversité”, in «Le Monde», 4 avril 2020.

[18] J. Lacan, Fonction et champ de la parole et du langage en psychanalyse (1953), in Id., Écrits, Seuil, Paris 1966, p. 319. La traduzione è nostra [N. d. T.].

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