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Carmine Di Martino, Roberto Redaelli, Marco Russo (a cura di) – Trasformazioni del concetto di umanità [Inschibboleth Edizioni, Roma 2020]

«Wir sind uns unbekannt». Così aveva sentenziato Nietzsche nel 1887, introducendo quel noto capolavoro filosofico che è la Genealogia della morale. Che l’uomo fosse ancora un mistero a se stesso fu però questione riconosciuta nella sua gravità dall’intera cultura di fine Ottocento e di inizio Novecento, la quale produsse non a caso pensatori come Heidegger, Plessner e Scheler. Che cos’era l’uomo, dunque? Per rispondere a questo interrogativo, nell’epoca della diffusione dello specialismo empirico – si pensi da un lato all’imponente sviluppo delle scienze della natura, ma anche all’affermarsi della psicologia e della sociologia – non si poteva far altro che ricalibrare gli strumenti concettuali dell’indagine filosofica, al fine di ottenere nuovamente una determinazione complessiva dell’umano. Un risultato non certo alla portata dell’impresa scientifica, sentiero della frammentazione e della conseguente moltiplicazione rappresentativa. Nacque perciò in seno alla Filosofia la volontà, tanto ardita quanto innovativa, di recuperare un’immagine “essenziale” della natura umana: è infatti nei primi decenni del secolo breve che l’antropologia filosofica fece la sua comparsa in Germania, con peculiarità sì diverse a seconda degli autori, ma con la profonda consapevolezza – centrale senza dubbio per tutti – di affidare alla filosofia la missione di ri-pensare l’uomo nell’epoca del sapere scientifico e delle tenebrose fantasie superomiche. Ed è forse perché questo è un compito infinito che lo stesso Charles Peirce affermò che «[l’umanità] è la questione pratica più importante» (EP I, 105, 1871) e che oggi – nell’era delle biotecnologie e dei fumosissimi trans-umanesimi – siamo ancora di fronte, come studiosi, all’homo absconditus di plessneriana memoria. Ciò non significa tuttavia che una riflessione attenta sulla natura umana sia impossibile da realizzarsi. Ne è sicuramente la prova Trasformazioni del concetto di umanità, volume curato da Carmine di Martino, Roberto Redaelli e Marco Russo e pubblicato da Inschibboleth Edizioni nel 2020 in seguito al Convegno Internazionale Transformations of the Concept of Humanity tenutosi due anni prima presso l’Università degli Studi di Milano.

Obiettivo della suddetta raccolta di studi – come peraltro dichiarato dagli stessi curatori del volume nell’Introduzione – è precisamente quello di avviare una riflessione consapevole e sistematica sul concetto di umanità, una «questione [che è stata] indirettamente sempre presente nell’indagine filosofica [ma che] solo con i cambiamenti culturali e socio-politici della modernità [è divenuta il problema] dell’identità umana» (p. 10). Identità umana che ha smarrito i confini che le erano stati assegnati dalla tradizione occidentale e che sembra essere messa sempre più a dura prova dalla globalizzazione, della rivoluzione digitale e dall’automazione. I contributi dei diversi autori affrontano questo tema da molteplici angolature – a dimostrazione delle numerosissime pieghe che lo costituiscono – ed è per questo motivo che il volume è suddiviso in quattro sezioni tematiche. Nella prima sezione (pp. 15-121), vengono esplorate tutte quelle idee di umanità che si delineano a partire dal confronto fra ciò che è uomo e ciò che non è uomo – e in particolare fra uomo e macchina: se infatti la moderna antropologia filosofica esplicita la struttura dell’umano attraverso una serie di raffronti contrastivi e, in particolar modo, attraverso l’indagine delle differenze rispetto all’animale, «nell’epoca digitale le macchine […] circondano il mondo della vita umano e attraversano da parte a parte l’uomo [sino al punto da domandare] un’ulteriore serie comparativa per contraddistinguere la specifica posizione dell’uomo» (p. 15). Il contributo di Joachim Fisher – Antropologia filosofica come triangolazione: il confronto animale-uomo, macchina-uomo, uomo-uomo – si propone per l’appunto di analizzare il confronto tra uomo e macchina, difendendo la tesi secondo cui il futuro dell’antropologia filosofica dovrà consistere nell’analisi sempre rinnovata dell’essenza umana a partire dalla seguente triangolazione: comparazione verticale fra uomo e animale; comparazione diagonale fra uomo e macchina; e comparazione laterale uomo-uomo. Che l’Intelligenza artificiale e le macchine rappresentino una sfida cognitiva per la filosofia contemporanea è questione esplorata diffusamente anche da Eugenio Mazzarella nel secondo articolo del volume – Umani e umanoidi. Prospettive filosofiche-antropologiche dell’Intelligenza artificiale – dove l’autore distingue fra Intelligenza artificiale, ossia «intelligenza come calcolo, informazione, un aspetto dell’intelligenza umana che la macchina può avanzare e superare, [e] intelligenza umana, che è calcolo e-motivo» (p. 58). Una distinzione che ci permette di oltrepassare alcuni facili sensazionalismi mediatici, giacché «dall’Intelligenza artificiale non verrà nessun attentato ‘evolutivo’ all’intelligenza umana» (p. 60).

È sullo sfondo di simili confronti che si apre la seconda sezione del volume (pp. 125-221), volta a mettere in luce – con grande precisione, senza affatto mancare di chiarezza – le sfide che attualmente l’uomo in quanto uomo si trova ad affrontare nel contesto delle teorie post-umaniste, del dominio delle biotecnologie e del rapporto fra tecnica e umanità. Sfide che oggi si annunciano non solo con urgenza ma anche e soprattutto con pressante difficoltà, dal momento che – come scrive Fabiana Gambardella in Autopoiesi e nuove narrazioni – «l’apparato semantico della vecchia Europa sembra non costituire più una ricchezza culturale intoccabile, poiché pare inefficace a interpretare la complessità entro cui siamo immersi» (p. 175). Che fare, allora? Elaborare – questo il suggerimento dell’autrice – un’ontologia che non dimentichi di sancire il primato ontologico dell’osservatore «[e sia per questo motivo] più adatta all’interpretazione della complessità [che ci circonda], dacché nulla esiste al di fuori delle distinzioni [dell’osservatore medesimo]» (pp. 187-188). Col rischio purtuttavia di un’inevitabile caduta nel nichilismo, se non si viene a comprendere il senso ultimo di siffatta proposta: cioè che tutto, veramente tutto, è responsabilità dell’uomo. Ma potrà questa rinnovata prospettiva convivere con l’umanesimo o si dovrà piuttosto rinunciarvi? Un tema, questo, esplorato da Marco Russo – Umanesimo come progetto filosofico. Preliminari – il quale si pone l’obiettivo di «riassumere i motivi essenziali per sostenere la tesi secondo cui l’umanesimo è una decisiva sfida del nostro tempo» (p. 125).

Una simile indagine si lega specularmente agli articoli che si trovano nella terza sezione del volume (pp. 225-330), i quali indagano appunto la questione della cosiddetta fine dell’uomo. Per i più entusiasti sostenitori del trans umanesimo, infatti, l’uomo stesso sarebbe giunto alla sua fine in termini biologici, fisici e materiali; un’altra sarebbe la specie vivente alle porte del futuro: l’ibrido tecnologico, l’individuo post-umano, secondo la vulgata prevalente. Con buona pace degli umani ancora in vita, tanto a livello fisico quanto culturale – che però si vorrebbero far credere scomparsi, quando scomparsi non sono affatto. È però assai chiaro che non si possono – e non si devono – sottovalutare per «le implicazioni dell’ormai conclamata questione-Antropocene, [né tantomeno si deve cercare di] contrapporre alla “morte dell’Uomo” un accorato richiamo ai valori dell’umano e dell’Umanesimo [in modo da aprire] la porta a conservatorismi in senso ampio» (p. 227) – come scrive Giacomo Pezzano nel saggio Un morto in discreta salute. Verso una nuova immagine dell’umano – giacché altrimenti non faremmo altro che sottovalutare la portata della sfida che abbiamo di fronte, limitandoci semplicemente a cercare rifugio in un passato che ormai non esiste più. Insomma, la domanda di fondo che anima la terza sezione del volume è se vi sia per l’uomo la possibilità di un nuovo inizio, in seguito al venir meno delle logiche identitarie tradizionali e della crisi del presupposto antropologico.

I contributi raccolti nella quarta e ultima sezione del volume sono invece tesi a offrire alcuni suggerimenti per una riconsiderazione maggiormente strutturata dell’insieme delle questioni sollevate in precedenza – questioni sollevate dallo stesso Foucault nel 1984: «Che cosa sta accadendo oggi? Che cosa sta accadendo a noi? Cos’è questo presente a cui apparteniamo?» (What is Enlightment?, in P. Rabinow, ed., The Foucault Reader, Pantheon Books, New York 1984). Un presente dove le condizioni del lavoro sono divenute sempre più precarie, dove le ingiustizie sociali continuano ogni giorno ad aumentare e dove i mutamenti ambientali stanno conducendo a dinamiche incontrollabili; quale potrebbe essere un cambiamento all’altezza di una tale situazione? «Dal momento che la società da una parte rimane ancorata al concetto di individuo […] e d’altra parte un solipsistico o monadico individualismo dà corpo a tendenze distruttive, si evidenzia la necessità […] di un umanismo di matrice relazionale che combini l’idea di un soggetto autonomo e indipendente con la prospettiva che esso vada immerso in un campo di relazioni interpersonali» (p. 438). È questo il tema portante del saggio che chiude il volume – Per un umanesimo di matrice relazionale – firmato da Steffi Hobuß.

Insomma, gettare la rete sull’umano: questo l’obiettivo dei saggi che costituiscono il volume, questo il fine che da sempre si pone l’antropologia filosofica. E ancor più oggi, come abbiamo visto, dal momento che i confini di ciò che sembrerebbe essere proprio dell’uomo vengono continuamente messi in discussione e sottoposti a sollecitazione. È quindi in un simile contesto che si fa urgente la richiesta di un’indagine attenta sul concetto di umanità, con uno sguardo il più possibile ampio e aperto a più sviluppi interpretativi – sviluppi che certo riescono a intravedere nella raccolta di saggi in esame, pur necessitando ancora di correzioni e dunque di ulteriori, necessarie ricognizioni.

Claudio Davini

05_2021

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