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La scienza prende il posto della filosofia

Autore


Domenico Parisi

ISTC-CNR di Roma

Filosofo e psicologo, svolge attività di ricerca presso l’ISTC-CNR (Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione) di Roma

Indice


  1. Disaffectio coniugalis
  2. Benedetto empirico
  3. Metaphysica machinae (in qua Artefactum specialis est)

 

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  1. Disaffectio coniugalis

La filosofia e la scienza sono nate insieme nella Grecia antica, dove “insieme” significa non solo nello stesso tempo ma anche “intrecciate insieme”. Pitagora era un filosofo ma anche un matematico, Aristotele era un filosofo ma anche un fisico, un biologo e uno psicologo. Poi, progressivamente, la filosofia e la scienza si sono separate, e un momento importante di questa separazione è stata la nascita nel Seicento della fisica e poi della chimica e della biologia moderne. Da allora la scienza della natura ha preso il posto della filosofia della natura, e oggi nessuno chiede ai filosofi di dirci come è fatta la natura ma lo chiede ai fisici, ai chimici e ai biologi.

Per quanto riguarda le scienze che studiano gli esseri umani, la loro mente e le loro società, il distacco dalla filosofia è stato più lento e non è ancora completo, per cui oggi qualcuno si rivolge ancora ai filosofi per sapere che cosa è la mente e che cosa sono le società umane. Le ragioni di questo più lento distacco sono molte ma certamente tra di esse c’è il fatto che gli esseri umani sono un oggetto di studio intrinsecamente più difficile per la scienza e che agli esseri umani risulta difficile studiare sé stessi con quella distanza dal proprio oggetto di studio che è un requisito essenziale della scienza.

Tuttavia negli ultimi decenni il distacco delle scienze dell’uomo dalla filosofia si è accelerato, un po’ perché le scienze dell’uomo vanno stabilendo sempre più stretti collegamenti con le scienze della natura, che già si sono rese indipendenti dalla filosofia, e un po’ perché semplicemente fanno progressi e scoprono nuovi metodi di studio come le simulazioni al computer dei comportamenti umani e delle società umane. Così, se l’obbiettivo è quello di conoscere la realtà nei suoi vari aspetti, la scienza sta ormai prendendo il posto della filosofia.

 

  1. Benedetto empirico

Che cosa rende la scienza diversa dalla filosofia? Fondamentalmente due cose. La prima è che per la scienza se viene proposta una teoria o una interpretazione della realtà, è necessario formulare questa teoria o questa interpretazione in modo sufficientemente chiaro e operazionale che da essa sia possibile derivare in modo non controvertibile delle previsioni dettagliate e possibilmente quantitative da confrontare con le osservazioni empiriche, ottenute direttamente con i sensi o con l’aiuto di strumenti.

Solo se questo confronto conferma le previsioni derivate da quella teoria o interpretazione, la teoria o l’interpretazione può esser considerata confermata (fino a prova empirica contraria). I filosofi non fanno così: si limitano a formulare teorie e interpretazioni della realtà, propongono analisi verbali e concettuali, portano argomenti, discutono, ma non pensano che il giudice ultimo di quello che pensano debba essere l’osservazione empirica dei fatti.

La seconda cosa che differenzia la scienza dalla filosofia è che per lo scienziato è fondamentale tenere ben distinti i propri valori, i propri desideri e le proprie paure dalla conoscenza della realtà, studiando la realtà con il più completo distacco possibile. Questo è particolarmente difficile per gli scienziati che studiano gli esseri umani e, come si è accennato, contribuisce a spiegare perché queste scienze sono più arretrate rispetto alle scienze della natura.

Per la filosofia le cose non stanno così. Per i filosofi conoscenza e valori sono uniti insieme, e i filosofi vogliono stabilire nello stesso tempo come stanno le cose e come dovrebbero stare. La filosofia è stata tradizionalmente non solo conoscenza della realtà ma anche modo di vivere, atteggiamento da prendere rispetto alla realtà, definizione del “bene”.

Se queste sono le differenze fondamentali tra la scienza e la filosofia, che oggi la scienza stia prendendo il posto della filosofia è indicato anche dal fatto che oggi molti filosofi considerano i risultati degli esperimenti scientifici come argomenti pro o contro le loro teorie e non vedono più nella filosofia un modo raccomandabile di vita, né per sé stessi né per gli altri.

Ma la scienza sta prendendo il posto della filosofia non solo perché la filosofia cerca di rassomigliare alla scienza ma perché la scienza oggi si pone domande di fondo sulla realtà, propone teorie generali che si applicano a ogni tipo di realtà, come le teorie dei sistemi complessi, dei sistemi a rete e dei sistemi evolutivi, e vede con sempre più insofferenza le divisioni tra le discipline che non aiutano a conoscere la realtà perché, se la scienza è divisa in discipline, la realtà non lo è. Anche in questo modo la scienza entra nei territori della filosofia e ne prende il posto.

Ma la vera novità è che la scienza oggi cerca di capire proprio le cose che sono tradizionalmente studiate dalla filosofia: che cosa sono lo spazio, il tempo, le quantità, gli oggetti, le proprietà, le relazioni, le azioni, gli stati, gli eventi, i processi, le cause, gli effetti, gli scopi, i valori.

La filosofia da sempre cerca di individuare e di capire la natura di questi “costituenti ultimi” della realtà. Oggi è la scienza che cerca di individuarli e di capirli, e lo fa nel suo specifico modo che, come abbiamo visto, è diverso da quello della filosofia: osservazioni empiriche, teorie da verificare con dati empirici, modelli possibilmente quantitativi, presa di distanza da valori, desideri e paure. Qui non possiamo andare a vedere nei particolari che cosa la scienza ci dice sui “costituenti ultimi” della realtà. Possiamo però dire quale è l’approccio che adotta, sia teorico sia metodologico.

 

  1. Metaphysica machinae (in qua Artefactum specialis est)

Cominciamo dall’approccio teorico. Gli esseri umani sono una specie animale accanto alle altre e, come ogni specie animale, hanno il loro specifico modo di adattamento all’ambiente in cui vivono, naturale e sociale, dove adattamento significa evolvere nel corso delle generazioni o sviluppare nel corso della vita dell’individuo un corpo, un cervello e un comportamento che consentono all’individuo di sopravvivere e di riprodursi in quell’ambiente.

Quella che gli esseri umani chiamano realtà non è che questo loro specifico adattamento all’ambiente ed è determinata da come sono fatti il loro corpo e il loro cervello, da quali sono i loro organi sensoriali e i loro organi motori, da quale è la loro storia evolutiva passata. Per loro, come per ogni altro animale, conoscere la realtà è incorporare nel loro cervello le regolarità presenti nell’ambiente in modo che il loro cervello generi un comportamento appropriato all’ambiente. Gli esseri umani in più hanno la cultura, cioè modi di costruire e interpretare la realtà che sono trasmessi per imitazione o in altri modi da un individuo all’altro e che evolvono da una generazione all’altra, consentendo un migliore adattamento all’ambiente, specie quello sociale. Anche la scienza e la filosofia sono parte di tale adattamento in parte biologico e in parte culturale all’ambiente della specie Homo sapiens.

Questo modo di concepire la realtà e la conoscenza ha delle somiglianze con quello delle filosofie idealistiche, con la differenza che il compito della scienza è ricostruire e spiegare come i “costituenti ultimi” della realtà di Homo sapiens sono emersi nel corso della storia biologica e culturale della specie e come emergono nel corso della vita dell’individuo.

E qui veniamo all’approccio metodologico. Per capire quali sono i “costituenti ultimi” della realtà per l’Homo sapiens, la scienza usa le osservazioni del comportamento reale e gli esperimenti di laboratorio, e un esempio importante dell’uso di questi metodi per capire come i “costituenti ultimi” della realtà emergono nella mente del bambino è quello di Jean Piaget. Il compito ovviamente è complesso ma oggi è reso più facile per il fatto che la scienza ha sviluppato un nuovo metodo per studiare e capire la realtà, quello di riprodurre la realtà in artefatti, fisici o simulati in un computer. Se l’artefatto da noi costruito si comporta come la realtà, allora possiamo supporre che le idee, le teorie, le ipotesi, che abbiamo utilizzato per costruire l’artefatto spiegano i fenomeni che ci interessano e che vengono riprodotti dall’artefatto.

Se quello che ci interessa sono gli esseri umani, allora il nostro compito è costruire robot che riproducono gli esseri umani, non solo nell’aspetto fisico come avviene per gli odierni robot “umanoidi” ma nel loro comportamento, nella loro vita mentale e emotiva, nelle loro società. Questo è un obbiettivo complesso e che potrà essere raggiunto un po’ alla volta e con il tempo ma già oggi si vanno compiendo i prima passi nella sua direzione.

Una volta costruito un robot umano, e non semplicemente umanoide, allora diventa possibile determinare quali sono i “costituenti ultimi” della realtà per questo robot, se e in che senso per esso la realtà è costituita da spazio, tempo, quantità, oggetti, proprietà, relazioni, azioni, stati, eventi, processi, cause, effetti, scopi e valori.

Un problema importante è in che modo possiamo attribuirgli una certa visione della realtà, se possiamo basarci solo sui suoi comportamenti, come faremmo con dei robot animali, o se dobbiamo considerare come il robot parla e quali parole adopera. Ma la metodologia di cui stiamo parlando, costruire robot umani per capire gli esseri umani, ha molti vantaggi se vogliamo capire qual è la “metafisica” degli esseri umani. In primo luogo ha il vantaggio che nella scienza ha il metodo comparativo: capire X confrontandolo con qualcosa di simile a X. Le specie animali sono tante e ognuna di esse ha il suo modo di adattamento specifico e quindi anche la sua specifica realtà e la sua specifica conoscenza della realtà. Per capire quali sono i “costituenti ultimi” della realtà per gli esseri umani, è utile costruire non solo robot umani ma anche robot che somigliano e si comportano come altri animali, e confrontare le loro diverse visioni della realtà, trovando che cosa ne spiega la diversità.

Qual è la metafisica di una scimmia, di un cane, di una formica, del microscopico verme C. elegans? Se costruiamo un robot scimmia, un robot cane, un robot formica, un robot C. elegans, possiamo confrontare le loro diverse “metafisiche”, e così capire meglio, per somiglianza o per contrasto, la “metafisica” di Homo sapiens. Ma la comparazione tra robot diversi offre un vantaggio rispetto alla comparazione tra le specie animali reali. Se applichiamo il metodo comparativo alle specie animali reali, dobbiamo accontentarci delle specie animali esistenti, e nella misura in cui le conosciamo e le abbiamo studiate.

Invece, se per capire la “metafisica” dei robot umani la confrontiamo con quella di robot non umani, possiamo costruire robot che non corrispondono a nessuna specie animale esistente, possiamo inventarci nuove specie di animali, e prima ancora di costruirle possiamo fare delle previsioni sulla loro “metafisica” e poi vedere se le nostre previsioni corrispondono effettivamente a come si comportano quei robot e alla loro “metafisica” (come deve fare sempre la scienza).

Queste sono alcune delle domande che ci porremo: se un robot non ha la vista oppure non ha il tatto, per lui ci sono gli oggetti? Com’è la realtà per un robot che ha solo sensori acustici (come in un certo senso si chiedeva il filosofo Strawson)? Se un robot è come un essere umano ma non ha le mani, per lui ci sono cause e effetti? Se ha nuovi tipi di memoria, che cosa è per lui il tempo? Che cosa è lo spazio per un robot pesce o un robot uccello? Come è la realtà per un robot che non distingue tra individui della stessa categoria?

Ma la scienza che usa i robot come strumento di ricerca invade il terreno della filosofia non solo per quanto riguarda la metafisica o l’ontologia o la “filosofia prima” ma anche per quanto riguarda le filosofie speciali, la filosofia dell’arte, quella della religione, la filosofia morale, la filosofia della scienza. Costruire robot umani significa costruire robot che hanno l’arte, la religione, la morale e la scienza. E se riusciamo a costruire robot come questi, avremo una scienza dell’arte, della religione, della morale, della stessa scienza, e non più soltanto una filosofia di queste cose. Costruire robot come questi è più difficile che costruire robot che alzano un braccio e con la mano afferrano un oggetto ma non è sostanzialmente differente. E robot come questi ci permetteranno di avere anche una scienza della filosofia, una spiegazione scientifica del perché gli esseri umani fanno filosofia.

Oggi la scienza sta stringendo d’assedio la filosofia e sta prendendone il posto, arrivando a studiare con i suoi metodi quello che la filosofia ha studiato da millenni con i suoi.

Questo significa che la filosofia finirà? Questo è possibile perché nulla è eterno. Ma certamente la filosofia deve avere chiaro che cosa sta succedendo nella scienza e quali conseguenze ha per lei. E deve domandarsi ancora: che cosa è la filosofia?

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