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Il puzzle della realtà. Lowe e il rapporto tra metafisica, ontologia e scienza

Autore


Timothy Tambassi

Università di Verona

Dottorando di ricerca in Filosofia all’Università di Verona

Indice


  1. Premessa
  2. Uno studio sulla realtà: metafisica e scienza
  3. Che cosa c’è? L’ontologia tra costruzioni a priori e evidenza empirica
  4. Una possibile critica

 

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S&F_n. 05_2011


  1. Premessa

Negli ultimi anni si è assistito in area analitica a un rinnovato interesse per la metafisica e l’ontologia, che è coinciso con una presa di coscienza più precisa degli ambiti e dei confini di queste discipline. Una tale presa di coscienza ha comportato un generale avvicinamento della riflessione metafisica e ontologica ai risultati delle discipline scientifiche, imponendo di specificare in che modo metafisica, ontologia e scienze siano correlate.

In questo dibattito si inserisce la proposta di Jonathan Lowe, filosofo analitico contemporaneo, che nelle sue principali opere dedicate alla metafisica e all’ontologia, Kinds of Being (1989), The Possibility of Metaphysics (1998), A Survey of Metaphysics (2002), The Four-Category Ontology (2006) e More Kinds of Being (2009), tenta di esplicitare tale rapporto. Obiettivo di queste pagine sarà presentare e discutere le principali tesi di Lowe circa il rapporto tra metafisica, ontologia e discipline scientifiche. Nella prima parte analizzerò cosa intende Lowe per metafisica e come questa si relazioni alle discipline scientifiche, nella seconda mi occuperò delle sue tesi sull’ontologia e delle loro connessioni con i risultati della ricerca scientifica. Nella conclusione infine evidenzierò una critica che può essere avanzata alla proposta di Lowe.

 

  1. Uno studio sulla realtà: metafisica e scienza

Lowe considera la metafisica come la disciplina che studia in modo sistematico le più fondamentali strutture della realtà[1], considerata questa come unica e indipendente dal nostro modo di descriverla. Come studio sulla realtà, si occupa delle entità su cui si struttura la realtà stessa (i suoi costituenti basilari) e del modo in cui esse si collegano. In particolare, Lowe si propone di chiarire alcuni concetti universalmente applicabili – concetti come identità, possibilità, necessità, spazio, tempo, persistenza, cambiamento e causalità – e di esaminare le dottrine che li riguardano.

La metafisica non ha l’obiettivo di stabilire “cosa c’è”, ma piuttosto di dirci “ciò che può esserci”. Sarà poi l’esperienza, sulla quale si fondano le discipline scientifiche, a mostrare quale tra le varie possibilità metafisiche alternative è plausibilmente vera nella realtà. La metafisica è dunque preliminare rispetto alle discipline scientifiche, in quanto «l’esperienza da sola non è in grado di determinare ciò che è attuale in assenza di una delimitazione metafisica del regno del possibile»[2]. Dalla metafisica otteniamo inoltre risposte a questioni concernenti le strutture fondamentali della realtà, questioni più fondamentali di quelle affrontate dalle discipline scientifiche, che si occupano solo di indagare parti specifiche della realtà. Più precisamente, si può affermare che la metafisica ha lo scopo di indagare e stabilire che cosa è metafisicamente possibile (che cosa può esserci), possibilità che secondo Lowe deve essere assunta prima che qualsiasi pretesa di verità circa l’attualità possa essere legittimata dall'esperienza. Le discipline scientifiche invece, dovendo stabilire che cosa è attualmente vero sulla base dell’esperienza, presuppongono la metafisica: i contenuti dell’esperienza, su cui si fondano le scienze empiriche, possono infatti essere valutati solo alla luce di un quadro più generale che ci indichi cosa è metafisicamente possibile.

Questa possibilità metafisica è intesa da Lowe come una possibilità reale (de re), che riguarda cioè la natura delle cose. La possibilità metafisica di uno stato di cose ad esempio è determinata dal fatto che i principi e le categorie metafisicamente accettabili permettono l’esistenza di tale stato di cose. La nozione di stato di cose, come quella di sostanza, proprietà e così via, sono esse stesse nozioni metafisiche. Queste sono considerate da Lowe come nozioni trascendenti: che non derivano cioè dall'esperienza, ma servono per costruire ciò che l'esperienza ci dice della realtà. Ciò ovviamente non significa che l'applicabilità di una nozione metafisica alla realtà possa essere determinata interamente a priori, ma solo che la sua possibile applicabilità può essere determinata in questo modo[3].

Va inoltre sottolineato come le discipline scientifiche possono interagire con la metafisica per determinare cosa è attuale: in particolare per stabilire se una determinata posizione metafisica è vera nell’attualità. Dunque, ammessa a priori la correttezza di un determinato argomento metafisico e a posteriori la sua interazione con le discipline scientifiche per stabilire che cosa è attuale, avremo allora motivi, sia a priori che a posteriori, per affermare la correttezza e l’applicabilità di tale argomento metafisico al mondo attuale. Non dobbiamo tuttavia dimenticare che la metafisica non può dirci che cosa c’è nella realtà se non interangendo con le discipline scientifiche: in questo senso, per quanto riguarda l'attualità, la metafisica da sola non può fornirci certezze. D’altra parte, gli stessi scienziati, secondo Lowe, compiono inevitabilmente assunzioni metafisiche, sia implicitamente che esplicitamente, nelle costruzioni e nel controllo delle teorie – assunzioni che sono al di là di quello che la scienza è in grado di fondare[4]. E queste assunzioni devono essere esaminate criticamente sia dagli scienziati che dai filosofi: in entrambi i casi attenendosi ai propri metodi e oggetti di ricerca.

In conclusione si può dunque affermare che sia la metafisica che le discipline scientifiche mirano alla fondazione di una realtà oggettiva. Differiscono però per il loro atteggiamento riguardo al contenuto dell’esperienza che, secondo Lowe, ha un ruolo fondamentale nello stabilire come sia effettivamente fatta la realtà. Per gli scienziati infatti l’esperienza «è una sorta di supporto evidenziale per ipotesi esplanatorie, e il suo contenuto è accettato in modo relativamente acritico», anche se è spesso parzialmente interpretato alla luce delle teorie scientifiche prevalenti. Per i metafisici invece il contenuto dell’esperienza, e in particolare i concetti che servono a strutturare tale contenuto, è esso stesso oggetto di ricerca, critica e spiegazione sistematica, in base a principi a priori. Una tale divergenza impone, secondo Lowe, che metafisica e discipline scientifiche debbano sviluppare un rapporto di reciprocità – rapporto che l’autore definisce in termini di “complementarità e “cooperazione” – in modo tale che la scienza non ignori più l’apriorità dei principi metafisici, così come la metafisica non dimentichi le costruzioni teoriche, a posteriori, della ricerca scientifica e dei suoi risultati.

 

  1. Che cosa c’è? L’ontologia tra costruzioni a priori ed evidenza empirica

Specificato cosa intende Lowe per metafisica e il modo in cui questa si rapporta alle discipline scientifiche, ci occupiamo ora delle sue considerazioni sull’ontologia.

Lowe considera l’ontologia come quella parte della metafisica che studia nello specifico l’essere, in tre sensi fondamentali: esistenza, entità ed essenza. Come studio dell’esistenza, l’ontologia ha lo scopo di stabilire che cosa esiste, e cosa è ciò che esiste (se per esempio dobbiamo intendere l’esistenza come una proprietà, e, nel caso, se come una proprietà di primo o di secondo livello). Come studio dell’essere nel senso di entità, si occupa, a un livello alto di astrazione, delle categorie fondamentali dell’essere (le categorie ontologiche) e delle loro interrelazioni (ad esempio, se esiste la categoria delle proprietà, e come si rapporta alla categoria degli oggetti). Infine come studio dell’essenza, ha lo scopo di stabilire che cosa è una determinata entità attraverso lo studio delle sue caratteristiche necessarie e contingenti.

In quanto scienza dell’essere, l’ontologia è strettamente connessa alle descrizioni della realtà che emergono dalle diverse discipline scientifiche e ai loro risultati. Ogni disciplina scientifica mira infatti alla verità, cercando di descrivere quella parte di realtà che costituisce il suo specifico oggetto di ricerca. Le varie descrizioni che risultano da questa suddivisione, se vere, forniscono una descrizione complessiva della realtà. L’ontologia ha proprio l’obiettivo di unificare le diverse descrizioni della realtà che emergono dalle discipline scientifiche, in modo da fornire una descrizione unitaria della realtà. L’oggetto specifico dell’ontologia non è però costituito dalle descrizioni della realtà, ma dalla realtà stessa, considerata da Lowe come unica e indipendente dal nostro modo di descriverla e categorizzarla[5]. Più precisamente secondo Lowe «il modo in cui concettualizziamo e dobbiamo concettualizzare la realtà è sostanzialmente determinato dal modo in cui il mondo è, indipendentemente dai nostri valori e interessi»[6].

Un tale obbiettivo impone, secondo l’autore, una suddivisione dell’ontologia in due parti: una parte a priori, destinata a esplorare il regno della possibilità metafisica, che cerca cioè di stabilire quali categorie di cose possono esistere e coesistere per costituire un singolo mondo possibile; una parte empirica, che cerca invece di stabilire sulla base dell’evidenza empirica e delle teorie scientifiche accettate che categorie di cose esistono nel mondo effettivo. Le due parti sono strettamente connesse, anche se Lowe individua un primato dell’ontologia a priori, giustificato dal fatto che l’evidenza empirica può essere solo evidenza di qualcosa la cui esistenza è possibile[7]. Con il termine possibile Lowe fa riferimento alla nozione di possibilità metafisica. Con categoria invece intende un genere di cosa, o genere di entità, la cui appartenenza è determinata da condizioni distintive di esistenza e di identità la cui natura è determinabile a priori.

In questo senso dunque, una volta definito a priori il regno della possibilità metafisica (ossia quali categorie di cose possono esistere e coesistere per costituire un singolo mondo possibile), saranno poi l’evidenza empirica e le teorie scientifiche a determinare, attraverso l’ontologia empirica, quali entità – o quali categorie di entità – esistono nel mondo effettivo. Una tesi di questo tipo, oltre a evidenziare quella complementarità cooperativa che secondo Lowe definisce il rapporto tra ontologia e discipline scientifiche, permette di esplicitare il lavoro dell’ontologo che, nel chiedersi quali categorie di cose esistono, deve basarsi sui risultati della scienza e al contempo lavorare criticamente sulle assunzioni e sulla metodologia della riflessione scientifica per arrivare a una sintesi tra principi metafisici a priori e costruzioni teoriche scientifiche a posteriori.

Questo ovviamente non significa che l’ontologia debba imporre alle discipline scientifiche come categorizzare le entità teoriche di cui la scienza postula l’esistenza. L’ontologia, assieme alla metafisica, fornisce e studia le categorie, ma l’applicazione delle categorie alle diverse teorie scientifiche è compito degli scienziati stessi, purché rispettino i vincoli che la categorizzazione impone.

E in questo senso, secondo Lowe, si esplicita l’utilità che la riflessione ontologica può avere per la riflessione scientifica: in primo luogo fornendo una struttura metafisica adeguata (l’ontologia a priori) su cui strutturare la riflessione scientifica, in secondo luogo aiutando le diverse discipline scientifiche a esplicitare i loro presupposti ontologici, presupposti che non possono essere del tutto giustificati da motivi puramente empirici e che possono a volte generare perplessità teoriche (come nelle dispute in meccanica quantistica sul dualismo onda-particella).

 

  1. Una possibile critica

Abbiamo dunque visto come Lowe individui una forte connessione tra metafisica, ontologia e discipline scientifiche. La metafisica infatti, occupandosi di stabilire cosa ci può essere (delimitando cioè l’ambito del possibile), costituisce lo sfondo entro cui si svolge qualsiasi indagine scientifica. Le discipline scientifiche d’altra parte, dovendo stabilire cosa è attualmente vero sulla base dell’esperienza, presuppongono la metafisica, in quanto i contenuti dell’esperienza possono essere valutati solo alla luce di un quadro più generale che ci indichi cosa è metafisicamente possibile. L’ontologia è invece considerata come quella parte della metafisica che studia nello specifico l’essere e, come abbiamo visto, può essere divisa in due parti. La parte a priori si occupa di esplorare il regno della possibilità metafisica e di stabilire quali categorie di cose possono esistere e coesistere per costituire un singolo mondo possibile. La parte empirica ha l’obbiettivo di stabilire, sulla base dell‘evidenza empirica e delle teorie scientifiche accettate, quali categorie di cose esistono nel mondo effettivo. E sono proprio i risultati delle varie discipline scientifiche, sui quali lavora l’ontologia empirica, a determinare di fatto quali categorie ontologiche esistono nel mondo effettivo e quali entità dobbiamo includere nelle varie categorie[8].

Tuttavia, un limite a questa proposta può essere individuato proprio nel rapporto tra ontologia e discipline scientifiche. Abbiamo infatti visto come Lowe attribuisca all’ontologia il duplice compito di unificare le descrizioni della realtà che emergono dalle diverse discipline scientifiche (in modo da fornire una descrizione unitaria della realtà stessa) e di fornire una struttura per la categorizzazione delle entità di cui la scienza postula l’evidenza. Non è chiaro però come si possa avere una descrizione unitaria della realtà quando, per esempio, le descrizioni della realtà degli stessi scienziati differiscono su alcuni punti fondamentali (si pensi per esempio in fisica il dibattito sul dualismo onda-particella). In casi simili infatti avremo, all’interno della stessa disciplina scientifica, descrizioni diverse, e talvolta incompatibili, della realtà che difficilmente possono essere unificate dall’ontologia, la quale, al contempo, non ha i mezzi concettuali per prediligere una determinata posizione scientifica rispetto alle altre. È vero che l’ontologia ha come obbiettivo principale fornire e studiare le categorie ontologiche, e che spetta agli scienziati l’applicazione di queste categorie alla costruzione delle diverse teorie scientifiche. Lo stesso Lowe sottolinea infatti come il miglior servizio che metafisica e ontologia possono offrire alle discipline scientifiche è tracciare le possibilità di esistenza, e quindi fornire gli strumenti concettuali con i quali categorizzare le entità che popolano il mondo nel miglior modo possibile alla luce dell’esperienza, assumendo un atteggiamento aperto nei confronti di nuove evidenze empiriche che possono sopraggiungere in futuro[9]. E poco dopo aggiunge:

Dobbiamo, naturalmente, rivolgerci alla scienza sperimentale per sapere “che cosa c’è”: gli scienziati, tuttavia, possono dirci cosa suppongono ci sia solo assumendo una qualche categorizzazione delle entità in questione e il compito di costruzione delle categorie è assegnato in ultima analisi alla metafisica e non alle scienze empiriche. La modesta speranza della metafisica analitica è di poter facilitare il compito della costituzione di teorie empiriche fornendo una struttura categoriale nella quale collocare le entità supposte da tali teorie. Una metafisica inadeguata [...] può senza dubbio intralciare il processo di costruzione delle teorie scientifiche[10].

 

Tuttavia, non va dimenticato che anche una disputa interna a una disciplina scientifica può avere ripercussioni sull’ontologia empirica, rendendo problematico stabilire precisamente che cosa c’è. E l’ontologia, che si pone proprio questo obiettivo attraverso l’unificazione delle descrizioni della realtà che emergono dalle diverse discipline scientifiche, non può permettersi a mio avviso il lusso di ignorare questo problema, soprattutto se una tale disputa rende problematica – e per certi versi indeterminata – la categorizzazione delle entità in questione.

 


[1] J. Lowe, La possibilità della metafisica. Sostanza, identità, tempo (1998), tr. it. Rubbettino, Catanzaro 2009, p. 22.

[2] Ibid., pp. 25-27.

[3] Ibid., p. 17.

[4] Id., More Kinds of Being: a further study of individuation, identity, and the logic of sortal terms, Wiley-Blackwell, Oxford 2009, p. 7.

[5] Id., The Four-Category Ontology: A Metaphysical Foundation for Natural Science, Clarendon Press, Oxford 2006, p. 4.

[6] Id., More Kinds of Being: a further study of individuation, identity, and the logic of sortal terms, Wiley-Blackwell, Oxford 2009, p. 7.

[7] Id., The Four-Category Ontology, cit., pp. 4-5.

[8] T. Tambassi, Un’ontologia quadripartita. La proposta di Jonathan Lowe, in «Isonomia», 2010, http://www.uniurb.it/Filosofia/isonomia, p. 19.

[9] E. J. Lowe, La possibilità della metafisica. Sostanza, identità, tempo, cit., p. 124.

[10] Ibid.

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