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Pierre Teilhard de Chardin – Le singolarità della specie umana – tr. it. e Postfazione a cura di Ludovico Galleni [Jaca Book, Milano 2013, pp. 129, € 15]


A distanza di oltre un secolo e mezzo dalla comparsa de L’origine delle specie, il nome di Darwin risuona ancora nei dibattiti tra i sostenitori della teoria scientifica dell’evoluzione e i difensori della dottrina teologica della creazione, portatori di due Weltanschaaungen considerate inconciliabili. E così il naturalista inglese viene sovente tirato per la giacchetta, dai primi per issarlo a paladino della laicità, dai secondi alla ricerca di errori nella teoria dell’evoluzione. Una terza trincea, infine, è occupata in questa estenuante guerra di posizione da coloro che lavorano alla ricerca di un’armonia tra le due visioni del mondo, come testimonia, tra gli altri, il recente saggio di Gianfranco Ravasi Darwin e il Papa. Il falso dilemma tra evoluzione e creazione.In un contesto simile, tristemente ricco di tante parole spesso urlate, fa piacere poter riascoltare, grazie alla decisione di Jaca Book di pubblicare un estratto da L’apparizione dell’Uomo, la voce di Teilhard de Chardin, rassicurante e conciliatrice nella sua vicinanza sia alla scienza sia alla fede.Ad accompagnare il breve testo, pubblicato con il titolo Le singolarità della specie umana, una robusta postfazione scritta da Ludovico Galleni (che ha curato anche la traduzione dal francese) che guida efficacemente il lettore alla riscoperta della riflessione del gesuita francese.La pubblicazione del testo risale al 1956, quando l’eco degli orrori della Seconda guerra mondiale ancora permeavano molti ambienti culturali, inducendoli a guardare con pessimismo al futuro dell’umanità. Ad alimentare questo malessere erano, in molti casi, anche alcuni tra i meno dolci frutti della teoria evoluzionistica, che accrescevano nell’uomo una sensazione di dispersione solitaria nell’immensità dell’universo e di impossibilità di prosecuzione nel cammino dell’evoluzione. Un aspetto, quest’ultimo, doppiamente giustificato da un pianeta che diveniva sempre più piccolo e limitato e da una parallela difficoltà di evoluzione psichica e morale della quale le atrocità del secolo sembravano essere una prova evidente.A evidenziare il filo che collegava questo doppio malessere dell’uomo del tempo (seppure a distanza di più di 10 anni dalla pubblicazione del testo di Teilhard), le parole del papa Paolo VI pronunciate in occasione dello sbarco dell’uomo sulla Luna e ricordate da Galleni nella postfazione. In un momento storico in cui lo spazio a disposizione dell’uomo sembrava dilatarsi, il pontefice richiama l’attenzione sul fatto che il «vero trionfo dei mezzi prodotti dall’uomo, per il dominio del cosmo» non deve far «dimenticare il bisogno e il dovere che ha l’uomo di dominare se stesso» (p. 116), citando in seguito le guerre e le piaghe che affliggevano l’umanità in varie parti del mondo.La scienza, nella sua sedimentazione tecnologica da un lato, dunque, e la fede dall’altro. Proprio tra questi due poli si muove l’avventura intellettuale e personale di Teilhard de Chardin, che affiancava alla profonda preparazione filosofica e teologica propria dei centri di studio gesuitici una padronanza altrettanto puntuale di molte discipline scientifiche, avendo lavorato a lungo, in diverse parti del mondo (basti ricordare la sua presenza in Cina negli anni Venti e la scoperta del sinantropo o Uomo di Pechino) e con numerosi riconoscimenti come geologo, paleontologo e paleoantropologo.L’importanza dell’ascendente scientifico si evidenzia, nel testo pubblicato da Jaca Book, sin dalle prime pagine, quando l’autore chiarisce in una nota: «è ormai da molto tempo che l’“Evoluzione” ha cessato di essere una “ipotesi” per diventare una condizione generale della conoscenza» (p. 9); e subito dopo, a sottolineare la critica verso chi ancora si ostinava a mettere in discussione una verità tanto evidente: «Non perdo tempo qui a ridiscutere questa affermazione ammessa oggi ormai da tutti coloro che fanno scienza» (ibid.). Ecco, da un gesuita, da un sacerdote, da un uomo di chiesa, una parola chiara a favore dell’evoluzionismo. E, a ben guardare, non si tratta certo di un caso isolato: qualche secolo prima, nel Seicento, un altro gesuita, Kircher, proponeva l’ipotesi che la variabilità fosse parte del disegno intelligente di Dio a partire dalla semplice constatazione che le dimensioni dell’Arca non sarebbero state sufficienti a contenere una coppia di tutti gli animali conosciuti, che sarebbero quindi il risultato di trasformazioni dovute a svariate cause (L. Millones Figueroa, La intelligentsia jesuita y la naturaleza del Nuevo Mundo en el siglo XVII, in D. Ledezma e L. Millones Figueroa (a cura di), El saber de los Jesuitas, Historias Naturales y el Nuevo Mundo, Iberoamericana/Vervuert, Madrid/Frankfurt 2005, pp. 39-40).Di contro fa rabbrividire, a terzo millennio inoltrato, il fiorire, anche in Italia, di associazioni di anti-evoluzionisti…L’evoluzione per Teilhard de Chardin non solo rappresenta una realtà certa, ma costituisce la struttura più intima dell’universo, tanto che il confronto sostenuto negli ultimi anni della sua vita con le correnti filosofiche più apprezzate in quel periodo (fenomenologia ed esistenzialismo) si incentra sulla critica all’inosservanza da parte delle nuove filosofie di una dimensione essenziale del fenomeno vita, ossia il carattere evolutivo universale.La pregnanza della struttura evolutiva è tale che Teilhard preferisce parlare di cosmogenesi e non di cosmo, a sottolineare l’essenza dinamica e a prefigurare un ordine a venire, che va producendosi costantemente all’interno della storia universale. L’indubitabile processo evolutivo, poi, è caratterizzato, come sottolinea Galleni, da un generale muovere verso che porta dall’inorganico all’organico e, da qui, all’apparizione dell’uomo e della sua coscienza riflessa. Tale movimento va però interpretato, scientificamente, come una tendenza a una sempre maggiore organizzazione della materia: non siamo di fronte a una proposta di tipo vitalistico, quanto a uno studio della «capacità di auto-organizzazione che caratterizza alcune molecole rispetto ad altre» (p. 95).In questo quadro si inserisce Le singolarità della specie umana: l’universo evolve secondo una legge di complessità-coscienza (che segue la direttrice della cerebralizzazione) che si realizza con maggiore efficacia in un particolare ramo evolutivo, quello dei Primati. Con la specie Homo sapiens siamo di fronte a un salto qualitativo simile a quello che ha portato dalla non-vita alla vita: con l’uomo compare la coscienza riflessa, la prima singolarità della specie umana. L’uomo, quindi, non come epifenomeno del mondo, ma come zona di emersione della coscienza consapevole di sé e culmine del movimento evolutivo auto-organizzato della materia.Dalla riflessione, prima singolarità della specie umana, alla co-riflessione o riflessione globale, seguita all’espansione degli uomini attraverso i continenti, seconda singolarità della specie umana e momento in cui «è la Noosfera che comincia a tessersi: una Noosfera ancora non coesa, certamente, ma in cui già si riconosce il robusto rivestimento pensante entro il quale oggi ci troviamo inseriti: quello di una Umanità finalmente collegata in se stessa entro tutti i suoi margini – e percorsa per tutta la sua estensione da una rete di legami, che, facendosi da ultimo aerei ed “eterei”, evocano sempre di più, alla lettera, per questo immenso organismo, l’immagine di una sistema nervoso» (p. 33).Parole che sono state interpretate come una visione profetica dell’era di internet (J. Cobb Kreisberg, A Globe, Clothing Itself with a Brain, «Wired», 6, 1995).La riflessione e la co-riflessione, però, implicano la previsione, terza singolarità (o singolarità terminale) della specie umana, e quindi l’interrogazione sul futuro con cui già si sono confrontati «uomini eminenti e prudenti» (tra cui Chardin cita il nipote di Darwin, Charles Galton), chiarendo in nota di riferirsi solo a «previsioni di ordine scientifico, lasciando accuratamente da parte gli illuminati e i romanzieri» (p. 47). Al contrario, è «grazie al logico prolungamento di una sicura legge di ricorrenza riconosciuta una buona volta di valore universale» che Teilhard può non tanto «rappresentare in maniera immaginaria ciò che avverrà all’Umanità, ma (…) riconoscere l’esistenza di certe condizioni, di certi contorni, all’interno dei quali il nostro Mondo di domani sarebbe inconcepibile: perché in contraddizione con certe caratteristiche positive e definitive del nostro Mondo di oggi» (p. 48). Così l’autore si confronta con la brutalità della res extensa, chiedendosi se l’uomo avrà il tempo e le risorse materiali necessarie per raggiungere quel «vertice di Ominizzazione» (p. 49) o Punto Omega che «esiste necessariamente» (p. 49) in quanto «la legge cosmica di “convergenza nella Riflessione” è là per segnalarci, con la sicurezza di un radar, la presenza in avanti di una vetta – vetta che rappresenta per il nostro ramo filetico un esito naturale del percorso di speciazione» (p. 49).Analizzata la disponibilità di tempo e di risorse materiali per accedere al Punto Omega, Teilhard si interroga sulle forze interiori dell’umanità, necessarie affinché gli uomini del futuro si trovino, «in rapporto a noi, singolarmente “ultra-umanizzati”» (p. 55).E forse qui emerge, anche in un testo laico come Le singolarità della specie umana, la necessità che questo passaggio al Punto Omega venga alimentato dalla fede: esso, infatti, rappresenta un grado tale di spiritualizzazione che obbliga l’umanità a lasciare da parte il supporto spazio temporale per installarsi in un livello superiore di interconnessioni dal quale non esiste ritorno, perché è il livello della sopravvivenza eterna. È, in termini teologici, la Parusia, ossia l’atteso ritorno del Cristo sulla terra per unirsi ai suoi fedeli alla fine della storia, momento che per Teilhard corrisponde anche, tuttavia, al risultato finale dello sforzo evolutivo e alla piena realizzazione da parte dell’uomo di tutte le sue possibilità naturali, così lungamente studiate dal gesuita francese e ricercate nelle pieghe della storia dell’uomo sulla terra.Oggi, alla luce delle crisi planetarie di diversa origine che affliggono l’uomo e che lo inducono a una riflessione sul proprio futuro dai toni esclusivamente tragici, può senz’altro essere utile riascoltare la voce di un pensatore che ha saputo darci una visione del cammino dell’uomo e del mondo che, seppur irto di difficoltà, va affrontato con la consapevolezza dell’importanza che l’uomo vi riveste.

Alessio Cazzaniga

06_2013

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