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Iain McGilchrist – Il padrone e il suo emissario: I due emisferi del cervello e la costruzione dell’Occidente [UTET, Torino 2022]

Il primo libro pubblicato dallo psichiatra Iain McGilchrist, nel 1982, si intitolava Against Criticism. Com’è facile intuire, non si trattava di un volume di scienza “dura” e nemmeno aveva a che fare con la neuropsicologia o la struttura biologica del cervello umano. In quel testo (oggi difficile da reperire) il giovane McGilchrist, allora laureatosi in letteratura e in seguito docente di Inglese al New College di Oxford, si scagliava contro un certo modo di fare critica letteraria, spogliando l’opera dal suo contesto, dissezionandola in singole parti da cui ricavare un senso esplicito, chiaro, di illuminante e immediata comprensione. Il libro ricevette tanti favori quante critiche, specialmente dal mondo accademico più ortodosso: McGilchrist si presentava già come personaggio divisivo. Questa divisione, che sarà al cuore del Padrone e il suo emissario, sembra un elemento ricorrente tanto nella filosofia di McGilchrist quanto nella storia delle idee: mythos e logos, Eraclito e Parmenide, Platone e Aristotele, empirismo e idealismo, Illuminismo e Romanticismo, fenomeno e noumeno, dato e astrazione, servo e signore, volontà e rappresentazione, apollineo e dionisiaco, razionale e irrazionale, conscio e inconscio, mente e corpo… Naturalmente queste dicotomie sono puramente indicative e non raggruppabili in blocco in schieramenti contrapposti, eppure per iniziare a capire la portata del Padrone e il suo emissario (titolo che McGilchrist avrebbe ricavato da un racconto di Nietzsche) è bene tenerle in considerazione, e soprattutto è bene tenere presente il modo in cui siamo abituati a considerarle inconciliabili. Ed è altrettanto necessario soffermarsi sulla formazione culturale di McGilchrist, che, dopo la pubblicazione di Against Criticism, decide di lasciare lo scranno di lettore a Oxford per studiare medicina (sia il nonno che il padre erano medici) e in seguito dedicarsi alla psichiatria presso il Maudsley Hospital di Londra, il quale vanta, tra l’altro, una lunga tradizione nella ricerca neurochirurgica e neurologica. Un giorno assiste alla lezione di un collega, John Cutting, sul ruolo dell’emisfero cerebrale destro nello studio della schizofrenia. Cutting presenta una nuova visione dell’emisfero destro il quale, fino a quel momento, era stato considerato poco più di un accessorio del sinistro, ove risiedevano le funzioni fondamentali come il centro del linguaggio. L’emisfero destro, nella versione di Cutting, avrebbe giocato invece un ruolo centrale nel percepire le cose all’interno di un contesto, concepire i significati impliciti invece delle categorizzazioni astratte, in altre parole delineare un orizzonte del mondo incarnato nella “cosalità” delle cose (nella carne e sangue, per parafrasare il Wordsworth delle Lyrical Ballads). La descrizione di Cutting riproponeva sul piano biologico l’approccio alla poesia che McGilchrist aveva cercato di recuperare e vivificare nel precedente lavoro contro la critica letteraria. La coincidenza di queste idee, in apparenza così aliene, portarono McGilchrist a incentrare la sua ricerca sul cervello e il ruolo degli emisferi nell’interpretazione del mondo.
Quest’introduzione potrebbe sembrare pedante o superflua, ma credo rispecchi lo spirito del lavoro di McGilchrist, culminato nel 2009 con la pubblicazione del Padrone e il suo emissario, edito in Italia solo nel 2022. Guardare la parte invece del tutto, l’idea astratta al posto della concretezza e complessità della vita da cui un’idea emerge, equivarrebbe a ragionare secondo gli schemi rigidi dell’emisfero sinistro del cervello piuttosto che con la densità olistica del destro. McGilchrist indica infatti una profonda differenza tra gli emisferi, ben più sottile e radicale rispetto a quella diffusa dalla psicologia pop. Per il senso comune, infatti, l’emisfero sinistro è genericamente “razionale”, mentre il destro “artistico”. Questa credenza ha origini lontane e si è sedimentata nella coscienza collettiva forse a partire dall’ormai classico del ’76 Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza, di Julian Jaynes. Il libro di Jaynes si è guadagnato la fama di testo controverso e in parte ha screditato gran parte del potenziale interesse sul funzionamento degli emisferi cerebrali. La teoria di Jaynes, ancora oggi suggestiva, coinvolgeva non solo il cervello ma anche l’emergere della coscienza. Jaynes non considerava la coscienza un elemento fondamentale nell’economia del cervello: la mente può funzionare altrettanto bene (e forse meglio) in assenza di coscienza. L’esempio più banale, per rendere l’idea, è il sedersi alla guida: se tutti fossimo coscienti e consapevoli del minimo movimento da fare per aggiustare il volante, scalare le marche, premere i pedali e il resto, il bollettino degli incidenti stradali sarebbe ancora più drammatico di quanto non sia. Quest’aspetto “invasivo” della coscienza come analogo del mondo materiale, inoltre, per Jaynes non è dato da sempre: sarebbe esistito un tempo (durato fino all’epoca dei racconti omerici e oltre) in cui gli esseri umani non avevano coscienza. Nell’Iliade, per esempio, gli eroi non hanno introspezione, non riflettono nel modo comune di intendere e agiscono sulla scorta dell’intervento divino che guida le loro azioni. Secondo Jaynes, queste “voci degli dèi” venivano direttamente dall’emisfero destro il quale in origine era separato dal sinistro in un sistema bicamerale: al sinistro non restava altra soluzione che interpretare e verbalizzare i messaggi del destro come se questi provenissero da un’entità altra, separata dall’individuo.
La posizione di McGilchrist è più articolata e sebbene riconosca a Jaynes di aver intuitivamente individuato non solo il problema ma anche la possibile soluzione, questi avrebbe travisato ciò che biologicamente e storicamente sarebbe accaduto nella formazione dell’Occidente.
Il Padrone e il suo emissario è diviso in due anche nella sua forma-libro. La prima parte illustra con un denso apparato di note, prove e esempi scientifici la natura e la funzione dei due emisferi; la seconda, invece, procede sulla linea della storia delle idee, cercando di mettere a frutto le conclusioni tratte nella prima parte per fornire un’interpretazione contestuale dell’evoluzione umana in Occidente. Com’è intuibile, è proprio la seconda parte a aver destato maggiori critiche, soprattutto da parte di filosofi come Raymond Tallis. L’idea di poter sintetizzare la storia Occidentale in un’unica dialettica tra emisferi sembrerebbe a tutta prima un’impresa improbabile, data la complessità degli avvicendamenti storici e culturali, e certamente non basterebbero nemmeno le 941 pagine del Padrone e il suo emissario per esaurirli tutti, ma, di nuovo, l’intento di McGilchrist è quello contestualizzare e “incarnare” idee e astrazioni in un flusso vitale che ha come sua radice la biologia cerebrale. Quest’approccio in apparenza potrebbe suonare riduzionista – Tallis stesso ha parlato di “neuromania”, la tendenza a ridurre la complessità umana al cervello, vedi Aping Mankind: Neuromania, Darwinitis and the Misinterpretation of Humanity –, ma gli obiettivi critici di McGilchrist sono proprio il riduzionismo, il materialismo e lo scientismo. Come conciliare una posizione tanto radicale con una scienza dura come la neurobiologia?
Gli emisferi cerebrali, oltre a avere differenze materiali, come la densità neuronale (maggiore nel destro rispetto al sinistro) o l’asimmetria strutturale (il destro più espanso nel lobo frontale mentre il sinistro in quello posteriore) non differiscono in base a ciò che fanno, come sostiene la psicologia popolare, bensì in come lo fanno.
Il sinistro, per esempio, è strutturato in modo da focalizzare l’attenzione su piccoli dettagli, come i semi da becchettare per gli uccelli, mentre il destro funziona in modo che lo stesso volatile abbia contezza di ciò che gli accade attorno, in modo da non finire mangiato dal gatto nascosto dietro l’angolo. Poiché gli emisferi controllano le parti opposte del corpo, un uccellino utilizzerà l’occhio destro (collegato all’emisfero sinistro) per cercare il cibo e l’occhio sinistro (collegato all’emisfero destro) per pasteggiare senza rischiare di diventare lui stesso il piatto principale del predatore. Lo stesso dicasi per le zampe dei predatori in questione, che in genere utilizzano la destra per afferrare la preda.
Il vantaggio della separazione degli emisferi attraverso il corpo calloso è evolutivo: la lateralizzazione consente di dividere l’attenzione in favore della sopravvivenza. Il sinistro adotta un’attenzione focalizzata, astraendo le cose dal contesto per dividerle in parti da afferrare, manipolare e utilizzare; il destro ha un’attenzione globale e flessibile, contestualizza le cose, le vede nel loro insieme, e le stesse capacità che ci permettono di tessere legami, come empatia o comprensione emotiva, sono associate all’emisfero destro. McGilchrist fa dell’attenzione un punto nodale poiché proprio come nel caso dell’uccellino, il modo di direzionare l’attenzione cambia ciò che vediamo del mondo, o meglio, cambia il mondo stesso in cui ci muoviamo in esso. Ciò è particolarmente evidente nei pazienti con danni cerebrali, o i cui emisferi sono stati soppressi temporaneamente per osservare le reazioni dell’uno in assenza dell’altro.
Nei pazienti con emisezione cerebrale, l’emisfero destro si occupa dell’intero campo visivo mentre il sinistro solo della parte destra. Dovendo disegnare un orologio, per esempio, l’interesse dell’emisfero sinistro (la sua attenzione) si focalizza solo e soltanto sulla parte destra dell’orologio: il paziente con eminegligenza destra disegnerà cioè un cerchio al cui interno i numeri invece di andare dall’uno al dodici, si fermeranno al sei, lasciando il resto del quadrante in bianco. Dovendo fare lo stesso col disegno di un gatto, mentre il paziente con eminegligenza sinistra scarabocchierà l’intera figura, quello con eminegligenza destra raffigurerà solo la metà destra del gatto.
Un paziente con un danno all’emisfero destro, e di conseguenza con il lato sinistro del corpo paralizzato, rifiuterà di ammettere di non riuscire a muovere il braccio sinistro. Se messo davanti all’evidenza, arriverà addirittura a sostenere che quel braccio inerte non gli appartiene. In casi meno gravi, dovendosi infilare un cappotto, il paziente infilerà solo la manica destra, dimenticandosi della sinistra. Questo curioso fenomeno avviene perché è l’emisfero destro a avere una elaborazione integrativa; il sinistro si concentra sulle parti escludendo il tutto.
Riassumendo, il tipo di attenzione che si rivolge a qualcosa altera ciò che si trova in quel qualcosa. L’atteggiamento riduzionista, in questo senso, è tipico dell’emisfero sinistro; McGilchrist, al contrario, tenta un’operazione più complessa, tracciare un orizzonte interpretativo a ampio raggio integrando il metodo e la procedura dell’emisfero sinistro per rendere evidente il funzionamento del cervello nel suo complesso, senza spogliarlo delle sue caratteristiche creative, immaginative e intuitive.
Partendo da queste evidenze, discendono due considerazioni: la prima è che il modo di essere dell’emisfero sinistro, preso singolarmente, è, per ricordare John Cutting, assimilabile alla schizofrenia. La seconda, che occupa la metà restante del libro, è che questi due modi di esercitare l’attenzione sono tendenze che vanno oltre il caso individuale e orientano l’intera società.
Sulla schizofrenia la messe di dati è soverchiante (la sola bibliografia del libro conta centotrenta pagine). Prendiamo due gruppi, uno di pazienti con danno all’emisfero destro e uno di schizofrenici. Entrambi presentano nell’ordine: difficoltà a capire il contesto e gli elementi discorsivi della comunicazione; problemi a capire tono e emozioni facciali, esprimere e comprendere emozioni; problemi a afferrare l’insieme, la Gestalt; problemi nell’elaborazione intuitiva e nella comprensione delle metafore; difficoltà a comprendere narrazioni; perdita del senso del tempo come flusso, spezzettato in momenti statici; deficit del senso di realtà e dell’unicità di un evento o della singolarità di una persona; perdita del “buonsenso”; aumento dell’attenzione focalizzata e intellettualizzante; analisi decontestualizzata e frammentata di un evento; eccessiva schematizzazione e strumentalizzazione delle cose. Gli studi di neuroimaging, inoltre, rilevano come i pazienti schizofrenici abbiano pattern di attivazione cerebrali anomali, sbilanciati sull’emisfero sinistro in situazioni in cui ci si aspetterebbe un’attività del destro.
Questo tipo di modalità di comprensione schematico-analitica è utile sotto la direzione dell’emisfero destro, il Padrone, il quale comprende la potenzialità e la necessità del sinistro, l’Emissario, per la sopravvivenza dell’individuo nel suo complesso. L’Emissario, al contrario, manca della saggezza del Padrone, e se lasciato solo sembra convincersi che le sue capacità siano più che sufficienti. Per sua costituzione, l’emisfero sinistro tende a oscurare il destro in modo da poter svolgere il proprio lavoro; è autoreferenziale e concepisce solo ciò che è possibile riorganizzare meccanicamente in sequenza; non può conoscere qualcosa di “nuovo” perché conosce solo le proprie rappresentazioni astratte e se la cosa in questione è conosciuta dal destro, nel sinistro essa diventa l’idea della cosa. Al contempo, però, McGilchrist descrive l’emisfero sinistro come «il Berlusconi del cervello, un pezzo grosso della politica che ha il controllo dei media»: l’elaborazione analitica rende il sinistro il deputato per eccellenza al discorso sequenziale, e poiché esso ha anche dimestichezza col linguaggio e il lessico, ciò lo rende abile nella costruzione di un’argomentazione, a differenza del destro al quale non solo manca la parola, ma anche la valvola riduttiva della sua controparte. In sostanza, il Padrone è muto laddove l’Emissario è un gran chiacchierone.
Ma è possibile, si chiede McGilchrist in chiusura della prima parte, che questo tipo di attenzione focalizzata possa riverberare su un’intera cultura? Come accennato all’inizio, la storia delle idee è piena di dicotomie. La dicotomia di fondo (una “ur-dicotomia”, potremmo chiamarla) è per McGilchrist la divisione emisferica. L’Occidente avrebbe vissuto una oscillazione tra i due modi di attenzione descritti in precedenza: certi periodi sarebbero stati più influenzati dall’emisfero destro, per esempio Rinascimento e Romanticismo, altri dal sinistro, come la Controriforma o l’Illuminismo. Il salto dall’evidenza biologica alla cultura poggia su due argomenti meno che banali: la mimesi e l’epigenetica.
L’attitudine mimetica dell’essere umano è osservabile fin dalla tenera età. I bambini imitano naturalmente il comportamento degli altri. Di riflesso, l’imitazione di un modello serve per sviluppare la propria individualità.
Le ricerche più recenti in ambito epigenetico, invece, hanno mostrato come le influenze esterne o le abitudini del comportamento non modifichino tanto i geni, quanto i messaggi che questi trasmettono; ancor più sorprendente è il fatto che le modificazioni siano trasmissibili alla prole. Poiché si tratta di messaggi e non di mutamenti strutturali, in assenza dello stimolo che ha innescato il cambio del messaggio la modificazione è reversibile.
Questi due aspetti, rozzamente sintetizzati, se uniti alla tendenza dell’essere umano a dirigere l’attenzione secondo gli schemi fissi dell’emisfero sinistro o quelli sintetici del destro, può fornire una nuova chiave interpretativa dell’evoluzione socio-culturale dell’Occidente.
Detto altrimenti: durante il Rinascimento, per esempio, si è assistito a un rinnovato interesse per l’essere umano in quanto individuo (si veda la poetica di François Villon); per la contestualizzazione della propria epoca nel flusso della storia culturale; per la memoria emotiva, la molteplicità e la ricchezza della varietà umana (i personaggi di Shakespeare sono “loro stessi” e non funzioni narrative della trama); per la caricatura, nata proprio in Italia dall’artista Annibale Carracci; e ancora nell’arte si nota il trionfo del profilo sinistro (collegato all’emisfero destro) considerato il più bello; nella poesia e nella musica emerge un senso di malinconia non-causata, la malinconia spontanea per qualcosa di più grande e irraggiungibile, un Altro indefinito di cui si avverte intuitivamente la presenza e al contempo si sente la mancanza (William James farà notare che «la malinconia costituisce un momento essenziale in ogni sviluppo religioso completo»); idee contraddittorie coesistono in favore dell’ambiguità e della molteplicità di significati, si veda l’unione di piacere e dolore, dolcezza e tristezza nelle poesie di Michelangelo; ancora il sentimento di struggimento per l’ideale irraggiungibile di femminilità dell’amor cortese; la “sprezzatura” dell’artista che riduce se stesso in favore della propria opera, nascondendo al pubblico la fatica dell’esecuzione; l’arte si fa più originale; si diffonde un generale rispetto per l’ispirazione e gli artisti diventano, anche per nobili e cortigiani, eroi culturali; la creazione artistica, più che invenzione d’ingegno, è “scoperta”; la bellezza si fa corporea, non astratta e indefinita, ma incarnata nelle cose; infine il senso dominante è quello della profondità che deriva dalla penetrazione intuitiva del contesto, di interconnessione della conoscenza, quella che diverrà propria del cosiddetto “uomo rinascimentale”.
Questo elenco può sembrare una semplificazione eccessiva (lo vedremo a breve), eppure è utile per inquadrare una serie di tendenze nel rapporto col mondo che in un certo periodo storico appaiono più allineate alle modalità di funzionamento dell’emisfero destro piuttosto che a quelle analitiche del sinistro. Se un crescente numero di individui “vira” verso un modo di stare al mondo tipico dell’emisfero destro, per mimesi e epigenetica è possibile che il tessuto stesso della società muti: in altre parole, non è il solo cervello a determinare i modi in cui l’essere umano sta al mondo, ma c’è un interscambio continuo tra mente e mondo, un’influenza reciproca che modifica tanto il mondo quanto la mente che lo abita.
L’oscillazione destro-sinistro non è da intendersi a compartimenti stagni, per cui prima c’è il Rinascimento poi, d’un colpo, la Riforma Protestante, con le sue reficazioni, semplificazioni, astrazioni, letteralità di sensi e interpretazioni, cancellazione di immagini sacre, rifiuto del corpo, eccetera (si ricorda che Weber vide i germi del capitalismo burocratizzato proprio nello schema cognitivo del protestantesimo). Se tutte queste caratteristiche sono associabili all’emisfero sinistro, l’originale intento di Lutero scaturiva dal desiderio di recuperare l’autenticità della fede, una visione olistica e sintetica dell’emisfero destro. Lo stesso si può dire del passaggio da Medioevo a Rinascimento o da Illuminismo a Romanticismo: la predominanza di un emisfero non elimina quella dell’altro (anche se il sinistro, va ricordato, pecca di arroganza nel credere di poter funzionare meglio e più agilmente senza la zavorra meditabonda del destro). In ogni epoca c’è stata una compresenza del ruolo degli emisferi, ma in ciascuna la tendenza ha virato più in una direzione rispetto all’altra, pur non cancellando i germi di quello che sarebbe stato il mutamento successivo.
McGilchrist procede con questa ermeneutica fino alla contemporaneità dove, è facile immaginarlo, legge un trionfo dell’emisfero sinistro sul destro, con un impianto burocratizzante che astrae i significati dal contesto, nevrotizza l’individuo, eppure al contempo procede a spron battuto con un irrefrenabile ottimismo, anch’esso tipico dell’emisfero sinistro.
L’originalità dell’opera di McGilchrist apre un’infinità di domande che è impossibile riassumere qui (rimandiamo a un articolo in cui lo stesso McGilchist le prende in esame https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/2153599X.2019.1604418?src=recsys). Una su tutte: interpretare il mondo unicamente alla luce della dicotomia emisferica, professando la superiorità della visione olistica del destro rispetto alla semplificazione astratta del sinistro, non è essa stessa una semplificazione? Quest’obiezione è coerente, ma manca un punto su cui McGilchrist è chiaro: la successione di dicotomie elencate all’inizio esiste solo dalla prospettiva dell’emisfero sinistro che ragiona per coppie di opposti, vero, falso, bianco, nero, e così via. Il destro è consapevole di quella che Eraclito definiva enantiodromia, la coesistenza simultanea degli opposti, quella che William Blake chiamava poeticamente Beulah (a place where contraries are equally true).
McGilchrist quindi non interpreta il mondo “dalla prospettiva di un terzo emisfero” sovraordinato, come critica Raymond Tallis. Rispetta invece in pieno il titolo del libro, il Padrone e il suo Emissario. L’emisfero sinistro, infatti, è un ottimo emissario, adatto a ricostruire logicamente, passo per passo, i salti intuitivi del destro, ma non può sostituirsi a esso. Per questo motivo quella di McGilchrist nella seconda parte del testo non è una semplificazione storica, né un tentativo di ridurre la complessità della vita a un’alternanza di coppie oppositive, quanto piuttosto una nuova chiave interpretativa del comportamento umano fondata su una solida base scientifica che, invece di castrare la creatività e zittire l’intuizione, si mette al suo servizio, dando forse il suo piccolo o grande contributo nel vedere di nuovo un mondo incarnato e pieno di vita, come l’emisfero destro vorrebbe.

Adil Bellafqih

S&F_n. 30_2023

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