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Forme di vita emergenti tra potenziamento e medicalizzazione

Autore


Lorella Meola

Università degli Studi di Napoli Federico II

Indice


Università degli Studi di Salerno 29 marzo 2017


  1. Forme di vita emergenti: una sfida etico-antropologica
  2. Antropopoiesi tra enhancement, post-umano e deriva di medicalizzazione
  3. Conclusioni

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S&F_n. 18_2017

Abstract


Emergent Life Forms between Enhancement and Medicalization


The connection between biotechnologies and subjectivation processes has become a central topic in biopolitical and bioethical debates. The March 29, 2017, at the University of Salerno, there was a meeting in which this issue was discussed in the perspectives of human enhancement, posthuman and medicalization. It was analysed ethical and political impact of biotechnologies on new forms of life, focusing on the possible risks of human enhancement on morality and the problem of medicalization of life.


  1. Forme di vita emergenti: una sfida etico-antropologica

Il vivace dibattito attuale sulle tecniche di bio-enhancement e sul dischiudersi di promettenti quanto inquietanti orizzonti post-umani pone il bisogno di una riflessione critica sulle possibilità etiche nonché politiche della produzione di forme nuove di soggettività e di processi inediti di soggettivazione.  Gli sviluppi in campo biomedico, biotecnologico, farmacologico riportano in primo piano questioni ancestrali intorno alla natura umana e aprono spiragli di riflessione su forme di vita originali, rendendo pertanto urgente l’indagine sugli effetti che tali evoluzioni tecnico-conoscitive possono avere sulla vita umana.

Il termine enhancement rimanda, di primo acchito, ai significati di potenziamento, miglioramento, incremento delle capacità umane. A una prima lettura, l’enhancement non dice nulla di nuovo rispetto a quanto da sempre appartiene all’uomo: sin dagli albori l’umanità ha messo in campo strategie di miglioramento che hanno tracciato le linee evolutive della specie. Tuttavia, ad un’analisi più accurata, ci si rende conto delle difficoltà semantiche, etiche e applicative legate a tale concetto. Ciò che rende ardua la riflessione riguardo al miglioramento dell’uomo è l’azione invasiva, irreversibile e deformante delle biotecnologie rispetto all’umano: l’organico si apre ai progetti di manipolazione e miglioramento, facendosi tramite di un potere che dà forma e produce soggettività nuove e plurime. Il corpo si pone al centro della questione politica e si lascia attraversare da strategie di governamentalità profonde e incisive   sulla vita umana.

L’enhancement rientra nelle opzioni rese disponibili dalle cosiddette emerging/converging technologies ed è finalizzato a un intervento manipolativo, permanente o temporaneo, della corporeità umana. Una attenzione particolare merita, inoltre, la variopinta prospettiva, teorica quanto ideologica, del postumano, che tende all’oltrepassamento dell’attuale configurazione biologica e inevitabilmente etica della specie umana. Enhancement fisico, cognitivo, morale, emotivo, prolungamento della durata della vita e quindi contrasto delle cause dell’invecchiamento sono alcune delle direzioni verso cui procede la manipolazione, la deformazione o addirittura il rifacimento dell’umano in una prospettiva che non è solo strettamente biologica, ma investe le forme etiche e politiche del vivere. Si tratta di autentiche sfide antropologiche che aprono alla possibilità di ontologie molteplici, organizzate intorno a differenti strutture valoriali di esistenza e coesistenza definite e, a loro volta, definenti l’emergere di inedite forme di vita.

L’espressione forma di vita rimanda all’uso, raro ma fondamentale, che fa di essa Ludwig Wittgenstein in particolare nelle Ricerche filosofiche e nelle Osservazioni sulla filosofia della psicologia, caratterizzandola come sfondo dell’esperienza umana, con la sua natura specifica e provvisoria, che si determina a partire dalle vicende e dalle relazioni umane e, al contempo, costituisce la condizione di possibilità e di senso del pensiero e dell’azione umani. Nella peculiarità dell’analisi delle forme di vita nel contesto degli sviluppi biomedici e biotecnologici, il concetto di forma di vita emergente può essere definito, con Nikolas Rose, sia come stile di vita, determinato sulla base di certi valori e di certi presupposti, sia come l’entità che conduce quello stile di vita[1]. Esso individua il framework che delinea e in cui trovano senso, interagendo tra loro e intervenendo l’una sull’altra, le forme di vita biologica, le forme che le soggettività danno a se stesse attraverso il lavoro condotto su se stesse e le forme di coesistenza sociale.

Forme di vita organizzate nell’intersezione di percorsi plurimi e contingenti che conducono verso la definizione di soggettività e soggettivazioni nuove in cui si determina un paradossale mix tra la libertà del soggetto di agire su di sé e l’azione eteronoma rispetto al soggetto condotta da figure professionali che, ricorrendo ancora a Rose, possiamo definire «esperti del soma»[2], ovvero operatori e supporti dei processi di antropopoiesi. Si tratta di autorità esperte, competenti, autorevoli, che operano presso strutture pubbliche e private, che vanno, per esempio, dai comitati bioetici ai consulenti genetici ecc…, che rappresentano e veicolano verità scientifiche e morali sulla vita e si assumono il compito di orientare le decisioni e le scelte in accordo con le tendenze della politica. Queste expertise organizzano un nuovo potere governamentale, che passa attraverso le soggettivazioni e funziona mediante la produzione del soggetto. Su questo sfondo, si leva la declinazione dell’etica in una prospettiva somatica, definita, cioè, dal riconoscimento della centralità dell’esistenza fisica, corporea, a partire dalla quale individuare valori efficaci per la gestione della vita.

  1. Antropopoiesi tra enhancement, post-umano e deriva di medicalizzazione

La configurazione etica dei temi del potenziamento umano e della prospettiva postumana ha animato la riflessione svoltasi il 29 marzo 2017 presso il Dipartimento di Scienze del patrimonio culturale dell’Università degli Studi di Salerno. La regia organizzativa del prof. re Francesco Paolo Adorno ha dato vita ad una intensa mattinata di studi, articolata nelle tre relazioni che si sono susseguite sui temi in oggetto. L’introduzione ai temi del potenziamento e allo statuto della medicina è stata affidata ad Antonio Da Re, che ha discusso una relazione dal titolo: «Il potenziamento e il paradosso della medicalizzazione». A seguire l’analisi delle possibilità di un’etica del transumano di Jean-Yves Goffi, che ha tenuto un intervento dal titolo «L’Éthique transhumaniste»; in ultimo considerazioni critiche sull’enhancement morale affidate a Massimo Rechlin, che ha presentato una relazione dal titolo «Plasmare la moralità. Riflessioni sul biopotenziamento morale».

L’analisi di Da Re ha contribuito a ricostruire la cornice significativa del potenziamento umano, interrogando il ruolo del sapere medico ed evidenziando come la vaghezza dei concetti impiegati finisca per fare del potenziamento un’espressione della medicalizzazione. Le sfide poste dall’enhancement dilatano il campo di azione della medicina: di qui il bisogno di sondare innanzitutto lo statuto epistemologico della scienza medica.

Seguendo la ricerca condotta da Eric Juengst[3], l’intervento muove dal tentativo di distinguere tra terapia e potenziamento, al fine di derivare da tale distinguo e per contrasto il significato di enhancement. Impresa ostica in quanto non solo si imbatte nell’astrattezza, nell’ampiezza e nella complessità del termine miglioramento, ma considera anche la problematicità della grammatica di cui è intessuto il lessico della medicina: salute, malattia, normalità sono tutt’altro che termini definiti.  Occorre, dunque, riconfigurare i compiti della medicina, tradizionalmente individuati nel perseguimento della salute e nella cura della malattia. Compito enucleabile attraverso la chiarificazione del concetto di salute che Da Re propone attraverso i riferimenti al paradigma oggettivistico, descrittivo e avalutativo di salute avanzato da Christopher Boorse; al concetto sociale e applicato di medicina, con la sua dicotomia normativa di normale-patologico, di Georges Canguillhem; al richiamo della celebre definizione olistica di salute della OMS. In ultimo, il riferimento alla medicina estensiva di Lennart Nordenfelt.  Attraverso questo excursus teorico, Da Re evidenzia, con Peter Conrad[4], l’ampliamento progressivo del campo di azione della medicina, fino al tradursi di quest’ultima in medicalizzazione, ovvero in un potere che ha investito, nel tempo, prima il patologico, poi il normale, fino a giungere alla medicalizzazione del potenziabile.  La medicina da curativa si è trasformata in potenziativa. Riprendendo Daniel Callahan[5], Da Re evidenzia una medicina che pretende troppo da sé, in quanto basata su un’accezione molto ampia e dunque vaga. È una medicina impossibile, il cui status epistemologico incerto alimenta i dubbi e le ambiguità connesse all’enhancement: la mancanza di una definizione oggettiva di salute, compito universalmente riconosciuto alla medicina, evidenzia come tutto possa essere potenziato e parallelamente medicalizzato.

Nella cornice ampia del bioenhancement, la riflessione di Massimo Reichlin si è soffermata sull’analisi e sui limiti dell’enhancement morale. Rechlin sottopone al vaglio critico del principio di parità morale le tesi di chi, come Julian Savulescu, Ingmar Persson e Thomas Douglas, sostiene la liceità di tali pratiche anche in ambito morale. Partendo dall’analisi critica della tesi di Savulescu e Persson[6], secondo i quali la capacità morale attuale degli uomini non è in grado di gestire i dilemmi morali che i nuovi poteri tecnologici determinano e solo con un potenziamento morale adeguato l'uomo potrà sopravvivere a catastrofi come quella ambientale o nucleare, Reichlin evidenzia i rischi di tale prospettiva.

La manipolazione diretta delle emozioni morali interferisce con la moral agency e con la libertà umana. Se gli uomini fossero biologicamente determinati a fare il bene, non avrebbe ragion d’essere la libertà di scegliere e di agire altrimenti, che è presupposto della moralità. La morale esiste solo e in quanto vi è possibilità di scelta e dunque anche possibilità di compiere il male: è l’opzione del peccato che fa la grandezza dell’umano.  Determinare dei patterns morali, che articolano la morale in un algoritmo rigido e oggettivo, fa degli uomini soggetti obbligati a essere morali e a non poter mai compiere la scelta sbagliata o una scelta diversa, contemplata, per esempio, dal pluralismo morale. Ma la morale è ben più complessa di un meccanismo secondo il quale all’input farmacologico corrisponde l’output comportamentale e morale adeguato: per esempio, se gli esseri umani venissero privati della loro aggressività, allora, laddove fosse necessario, non sarebbero più in grado di difendere se stessi o gli altri. Il paradosso del potenziamento morale è dunque la realizzazione di una conformità a principi e regole che rendono l’uomo meno morale.

Sullo sfondo della ricca speculazione sull’impatto delle tecniche di enhancement sulla vita umana, dal canto suo, Goffi delinea la specificità di orizzonti transumani, considerando la possibilità di un’etica transumanista. Richiamando le ricerche di Robert Ranisch[7], Goffi propone la definizione di un’etica transumana come etica consequenzialista, che persegue azioni volte ad accelerare il processo di superamento dei limiti biologici dell’umano, inteso come stato desiderabile o obiettivamente buono. Disegnata tra gli orientamenti generali del perfezionismo, che mira alla realizzazione dell’eccellenza umana, e del progressismo, per cui il futuro è la prospettiva da cui valutare il presente, l’etica transumana fa sue la libertà di modificazione del corpo proprio e quella del miglioramento della progenie attraverso la tecnica. Tali libertà, che incontrano il loro vincolo nel principio del danno, ovvero nella limitazione dell’intervento del potere pubblico rispetto all’azione dell’individuo, purché quest’ultima non sia lesiva dell’altrui libertà, si affiancano agli obblighi di sostenere la scienza, praticare l’enhancement e promuovere il benessere innanzitutto, ma non solo, degli umani, senza con ciò sostenere una prospettiva antropocentrica.

Si tratta di un consequenzialismo massimizzante, che trova nella promozione dell’eccellenza umana il minimo comun denominatore tra le posizioni diverse se non contrastanti che caratterizzano tutto il movimento transumano. Un’etica eclettica, che riflette le ambizioni dei suoi stessi autori, i quali, più che rivolgersi agli specialisti dell’etica, si interfacciano con il pubblico, al fine di persuaderlo delle loro idee, rispondenti non già al binomio di giusto o sbagliato, bene o male, ma ai criteri di semplicità pragmatica e fattibilità.

 

  1. Conclusioni

L’interrogativo sulla costituzione dell’umano, non certo nuovo nelle sue ambizioni, ma inconsueto nelle sue forme, non può oggi prescindere dai dati conoscitivi e dalle opzioni applicative delle scienze empiriche e si colloca al crocevia tra scienze della vita, sempre più tecno-scienze, e scienze dell’uomo. Lo sguardo riflessivo si volge a indagare il soggetto stesso: i requisiti etico-antropologici che egli ha e deve avere; il rapporto che intrattiene con se stesso; il suo appartenere a una certa forma di vita. La cornice speculativa disegnata dal convegno invita dunque a riflettere sulla ridefinizione dei meccanismi antropopoietici, in considerazione del rapporto, che diviene sempre più stretto, tra i processi di soggettivazione e il ruolo performativo delle scienze della vita e dell’uomo nella prospettiva inedita del potenziamento. I meccanismi di soggettivazione che le scienze della vita e dell’uomo mettono in campo o lasciano quantomeno immaginare aprono scenari ambigui nelle configurazioni molteplici, attuali e future, delle strutture esistenziali. La vita umana è attraversata e scolpita nelle sue componenti più profonde da un diffuso orientamento scientifico, etico e politico, che guarda alla gestione dell’organico, del fisico, del corporeo come strumento efficace di gestione massimizzante della vita. Orientamento che pervade il corpo animato e che, al fine di essere politicamente efficace, si appropria della normatività interna del corpo stesso e ne aumenta le potenzialità.

 


[1] N. Rose, La politica della vita (2007), tr. it. Einaudi, Torino 2008, p. 130.

[2] Ibid., p. 10.

[3] E. T. Juengst, What Deoes Enhancement Mean?, in E. Parens, Enhancing Human Traits: Ethical and Social Implications, Georgetown University, Washington D. C. 2000, pp. 1-28.

[4] P. Conrad, The Medicalization of Society: On the Transformation of Human Conditions into Treatable Disorders, John Hopkins University Press, Baltimore 2007.

[5] D. Callahan, La medicina impossibile. Le utopie e gli errori della medicina moderna (1999), tr. it. Baldini & Castoldi, Milano 2000.

[6] I. Persson, J. Savulescu, The perils of Cognitive Enhancement and the Urgent imperative to enhance the moral character of humanity, in «Journal of Applied Philosophy», 25, 3, 2008.

[7] R. Ranisch, S.L. Sorgner, Post- and Transhumanism: an Introduction, Peter Lang, Francoforte sul Meno 2014.

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