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Patrick Wotling – Il pensiero del sottosuolo. Statuto e struttura della psicologia nel pensiero di Nietzsche – tr. it. Chiara Piazzesi [Edizioni ETS, Pisa 2006, pp. 74, € 10]


La ricerca internazionale ha dimostrato la presenza di contenuti scientifici nella produzione nietzscheana. Wotling riprende questa corrente di studi approfondendo il tema della psicologia. Lo studioso francese evidenzia la reticenza degli interpreti a sottolineare l’importanza capitale della psicologia nella riflessione di Nietzsche. Heidegger lascia cadere il tema sotto silenzio mentre Fink, meno laconico, legge la psicologia «come ciò che di sofistico si trova nell’opera di Nietzsche, ciò che in fondo non ha niente a che fare con la sua filosofia» (p. 8). Wotling si lega invece a una corrente interpretativa che scova tracce della preoccupazione psicologica già nel testo giovanile intitolato Ueber Stimmungen. Questo interesse cresce con la maturazione dell’opera nietzscheana. In Ecce Homo il filosofo parla di sé come di uno «psicologo senza pari» (p. 7). Nella stessa opera è scritto: «Chi, prima di me, tra i filosofi, è stato psicologo e non invece il suo opposto, sublime imbroglione, idealista? La psicologia prima di me non esisteva» (p. 6). Nietzsche ha ben chiaro un quadro nel quale la metafisica dell’anima aveva privato la psicologia empirica della sua capacità di indagine. Kant ne fa una disciplina subalterna che, più della chimica, «deve rimanere sempre lontana dal grado di una scienza della natura» (p. 13). Questo disprezzo per la psicologia tramonta quando Nietzsche offre la definizione di «signora delle scienze» (p. 6). Con Wotling dovremmo chiederci cosa significa pensare la psicologia come asse fondante per quei saperi che abbracciano la corporeità. In Al di là del bene e del male troviamo un punto dal quale partire. Qui la psicologia diventa «signora delle scienze in quanto si costituisce come fisio-psicologia in grado di definire una morfologia della volontà di potenza» (p. 40). Secondo Wotling quella di Nietzsche è una psicologia senza soggetto che definisce il campo dell’infracosciente in maniera diversa rispetto a quanto elaborato da Freud. La fisio-psicologia come forma della volontà di potenza, ovvero un flusso di forze in divenire, richiama attenzione sul fatto che in Nietzsche manchi «un’istanza globale paragonabile all’inconscio». «Se così fosse – prosegue Wotling – sarebbe come lasciare ancora una volta campo libero a un bisogno idealistico di unità» (p. 28). La psicologia quale signora delle scienze assume una funzione interpretativa in riferimento alle rete pulsionale distesa nell’infracosciente. Essa dirige i tentativi compiuti da altre discipline, su tutte la fisiologia, consistenti nello scomporre l’identità del soggetto in una dimensione istintuale. La ricerca definisce come un’evidenza storica il fatto che a partire dagli anni ’80 Nietzsche diventi assimilabile alla schiera dei pensatori biologici (Moore). Ciò rende esplicita un’attenzione per la fisiologia che, sebbene sia presente fin dagli esordi, soltanto nel corso di questa decade si traduce in una compiuta Weltanschaunung filosofico-scientifica. Termini quali pulsione [Trieb], istinto [Instikt], affetto [Affekt], parole chiave nel vocabolario psicologico di Nietzsche, rimandano a significati spesso poco distinguibili e intrecciati con la descrizione di processi biologici. Wotling ammette «un sentimento di imprecisione e di vago di fronte alla nebulosa semantica formata dal lessico psicologico nietzscheano» (p. 5). Tuttavia è questa una impressione iniziale che svanisce quando viene compresa la ragione polemica del metodo di Nietzsche. Se l’intento del filosofo è quello di utilizzare la psicologia in direzione anti-metafisica, allora soltanto «il linguaggio della fisiologia permetterà di prendere posizione contro le prospettive di stampo idealistico e spiritualista che hanno dominato la tradizione filosofica occidentale a partire da Platone» (p. 35). La biologia apporta un nuovo contenuto linguistico-concettuale al progetto della psicologia. Questa impostazione rende facilmente comprensibile la critica che Nietzsche rivolge alla psicologia idealistica. Meno chiaro appare a Wotling il sospetto nei confronti della psicologia darwinista. In questa corrente di studi, la biologia svolge per la psicologia una funzione anti-metafisica che tuttavia Nietzsche deve aver letto come un movimento superficiale incapace di rigettare l’idealismo. La differenza della psico-biologia nietzscheana risiede nell’oggetto che questa relazione fra scienze cerca di definire. Non esiste in Nietzsche un concetto unilaterale di corpo. Nel testo nietzscheano le singole scienze sono linguaggi simbolici «la cui funzione è rimandare in modo non univoco a una nuova concezione della corporeità rispetto alla quale esse svolgono il ruolo di descrizioni figurate» (p. 34). L’intero impianto della filosofia di Nietzsche suggerisce che le scienze siano contenute in una forma complementare e relativa. Questa rete di sovrapposizioni non mortifica la concretezza scientifica dei riferimenti in questione. Essa li espone invece a un grado di evidenza e oggettività che non sarebbe possibile attraverso la denotazione di riferimenti assoluti, per loro natura avulsi da qualsiasi relazione conoscitiva. Ciò che ne deriva è una nuova immagine del corpo fondata su un paradigma dinamico e prospettico della verità. Wotling ricorda inoltre la giusta maniera di leggere in Nietzsche il termine fisiologia. Questo concetto copre una varietà di significati che «si estende a tutto il campo della natura ignorata o calunniata dall’idealismo» (p. 40). L’autore riprende gli studi di Blondel allontanando la parola fisiologia da un significato esclusivamente medico, quindi connotato da materialismo e ancora una volta metafisico. Siamo in presenza di una complessità semantica che richiede per il corpo lo strumento della filologia. L’organismo è l’incarnazione di un testo, qualcosa da decifrare e soprattutto smascherare in relazione alle falsità scritte dall’idealismo. Ciò spinge Wotling a comprendere la filologia, per eccellenza scienza del sospetto, all’interno della nuova visione interpretativa della corporeità. «La complessità della psicologia nietzscheana è tale che ci sarebbe bisogno, per essere precisi, di designarla con il termine suggerito da Éric Blondel di psico-fisio-filologia» (p. 58). I primi quattro capitoli del testo sono dedicati alla definizione di statuto e struttura della psicologia di Nietzsche così come qui sintetizzato.Con l’ultimo capitolo, Wotling si richiama a una tradizione di studi aperta da Kaufmann e che sembrerebbe offrire ancora ampi spunti alla ricerca. La dimensione pulsionale diventa strumento di decostruzione per quel pregiudizio dualistico, di natura morale, che ingabbia la civiltà.

Unico fra i lettori di Nietzsche, Kaufmann appare perplesso di fronte al silenzio degli esegeti tradizionali. Il credito attribuito al Nietzsche psicologo arriva a scovare nella sua produzione una forma embrionale di psico-storia. Wotling riprende il tema affrontandolo nei termini di problema della civilizzazione. Ciò avviene attraverso il concetto di spiritualizzazione. La spiritualizzazione degli istinti, o come altrove Nietzsche si esprime il loro raffinamento, la divinizzazione oppure sublimazione delle passioni, è la struttura antropologica che rivela un terzo modo di esistenza diverso tanto dall’ipotesi morale quanto dallo scatenarsi delle passioni. Wotling sottolinea un passaggio fondamentale contenuto nel Crepuscolo degli idoli: «Vi è per tutte le passioni un tempo in cui esse […] deprimono le loro vittime con il peso della stupidità, e un tempo, più tardo, in cui si sposano con lo spirito, si spiritualizzano» (p. 61). Esempio di questo potrebbe essere il passaggio dalla pulsione sessuale a forme di sensibilità filantropica. Wotling cita Nietzsche: «Quando una pulsione diventa più intellettuale riceve un nuovo nome, un nuovo stimolo, una nuova valutazione. Spesso viene contrapposta alla pulsione che si trova a un gradino più antico, come sua contraddizione» (p. 65). Accanto alle passioni divinizzate persistono i loro vecchi effetti diretti. In un altro passaggio Nietzsche è più esplicito: «Nella benevolenza risiede un raffinato piacere del possesso […] non appena vi è il raffinamento, il gradino anteriore non è sentito più come gradino, bensì come opposto. È più facile pensare per opposti che per gradi» (p. 65). La morale è proprio quella lettura superficiale che confonde differenze di grado, in altri termini gradi di coappartenenza, con antitesi. La spiritualizzazione scende invece in profondità e offre una teoria della civiltà ostile alle morali del progresso. Wotling considera con molta attenzione le argomentazioni di Nietzsche sulla crudeltà: «Quasi tutto ciò che noi chiamiamo civiltà superiore trova nell’intellettualizzazione e approfondimento della crudeltà le sue basi» (p. 68). La constatazione che una cosa possa nascere dal suo contrario è la radice dell’immoralismo di Nietzsche. Wotling dimostra come questo svelamento della morale dipenda strettamente dall’utilizzo della psicologia.

 

Fabiano Agliarulo

S&F_n. 15_2016

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