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“È accaduto a Twin Peaks”. Occultismo e spiritualità orientale nella serie tv di David Lynch e Mark Frost

Autore


Ciro Incoronato

Università degli Studi di Napoli Federico II

Dottorando di ricerca in Scienze Filosofiche presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II

Indice


  1. Wrapped in plastic
  2. Convenience store
  3. The Black/White Lodge
  4. Invitation to love

 

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S&F_n. 06_2011


Le idee sono simili a pesci. Se vuoi prendere un pesce piccolo,puoi restare nell’acqua bassa. Se vuoi prendere il pesce grosso, devi scendere in acque profonde.

D.Lynch, In acque profonde

 

 

Nell’oscurità di un futuro passato il mago desidera vedere. Un uomo canta una canzone tra questo mondo e l’altro. Fuoco cammina con me.

L’uomo con un braccio solo, Twin Peaks

 

  1. Wrapped in plastic

Un boscaiolo, Pete Martell, esce di casa di buon’ora con un termos di caffè e una canna da pesca. Si dirige lentamente verso il fiume che si trova non lontano dalla sua caratteristica abitazione e, mentre scruta con fare assorto le placide acque fluviali, intravede sulla riva qualcosa di strano. Si avvicina e si rende conto che si tratta di un corpo femminile avvolto nella plastica. Corre a casa e avverte prontamente lo sceriffo Harry Truman, e presto la notizia della morte della bellissima Laura Palmer fa il giro della cittadina di Twin Peaks, per niente avvezza a simili fatti di sangue. Nel frattempo, un’altra ragazza, Ronette Poulaski, viene trovata mentre vaga seminuda in stato di shock nei pressi della ferrovia, ma, visto che al momento del ritrovamento è oltre i confini dello stato, interviene l’FBI e sul posto viene mandato l’agente speciale Dale Cooper. Questi prende in mano le indagini, fa i primi rilievi, sente probabili testimoni, conoscenti della vittima; cerca di studiare il contesto nel quale dovrà agire, gli umori delle persone, le usanze locali, delle quali si mostra rispettoso; ma, specialmente, trova un indizio che collega l’omicidio di Laura a quello di un’altra donna, Teresa Banks.

Questo è l’incipit della serie tv[1] che tra il 1990 e il 1991 attrae e turba milioni di americani, assillandoli con una domanda che da un certo momento in poi diventa una vera e propria ossessione, diffusa ovunque dalla splendida colonna sonora di Angelo Badalamenti: chi ha ucciso Laura Palmer? I due autori, David Lynch e Mark Frost, contaminando registri narrativi appartenenti a generi cinematografici diversi, dalla soap opera al thriller, dal film d’azione all’horror, disseminano sapientemente indizi che disorientano lo spettatore e lo spingono a concentrarsi anche su altre vicende torbide che emergono a mano a mano dal sottosuolo dell’apparentemente immobile e perfetta provincia americana. Delineano la psicologia di personaggi avvincenti – come quello del losco magnate Benjamin Horne, dell’eccentrico dottor Jacoby, del violento Leo Johnson, della signora Ceppo e di tanti altri – ma tra tutti spicca l’eccentrica ed eclettica figura di Dale Cooper, impersonato da un attore, Kyle Maclachlan, che già si era fatto ammirare in Dune e in Blue Velvet. Amante del buon caffè nero, delle ciambelle e delle torte alla frutta, conoscitore del buddismo tibetano e delle tecniche yoga, affascinato dalla mitologia dei nativi americani, si mostra sempre molto equilibrato e razionale, segnalandosi, inoltre, per uno spiccato senso dell’umorismo e per un’abitudine molto strana, consistente nel registrarsi mentre parla, rivolgendosi a una misteriosa donna di nome Diane, alla quale affida le sue osservazioni sul caso che segue, sulle persone che incontra e sui luoghi che visita. L’agente Cooper ha anche un’altra interessante peculiarità: fa dei sogni strani, popolati da creature bizzarre e misteriose, che gli rivelano verità scottanti, gli danno indicazioni in maniera allusiva e terribilmente enigmatica. E proprio l’universo onirico dell’agente speciale Dale Cooper costituisce il punto di partenza imprescindibile per penetrare nel cuore metafisico e paranormale della storia.

 

  1. Convenience store

Il primo evento surreale che compare nella serie è, infatti, il sogno avuto dall’agente Cooper alla fine del secondo episodio. Un Cooper piuttosto invecchiato siede in una stanza rossa e un nano, elegantemente vestito, gli dà le spalle e si sfrega rumorosamente le mani. Una voce gracchiante, simile a quella di un merlo indiano, grida “Laura, Laura”. All’improvviso la scena si sposta nei sotterranei dell’ospedale di Twin Peaks dove un uomo con un braccio solo recita i versi di un poema inquietante:

nell’oscurità di un futuro passato il mago desidera vedere. Un uomo canta una canzone tra questo mondo e l’altro. Fuoco cammina con me. Noi viviamo tra la gente, tu lo chiameresti un negozio conveniente; noi ci vivevamo sopra. Voglio dire, proprio così com’è, così come sembra. Anch’io sono stato toccato dall’essere infernale. Un tatuaggio sulla spalla sinistra. Oh, ma quando vidi il volto di Dio, ne fui cambiato, e mi staccai da solo il braccio intero. Il mio nome è Mike. Il suo nome è Bob.

 

Subito dopo compare Bob, un uomo dai lunghi capelli bianchi, che sembra quasi percepire nell’aria attorno a sé la presenza di Mike:

Mike? Mike puoi sentirmi? Ti catturerò, con il mio sacco mortale. Tu penserai che io sia impazzito. Ma ti faccio una promessa … Tornerò a uccidere ancora!”

 

Dopodiché si ritorna nella misteriosa stanza rossa. Oltre al nano c’è un altro ospite, Laura Palmer, che il nano stesso presenta a Cooper come sua cugina, una cugina piena di segreti che vive in un posto nel quale gli uccelli cantano un radioso motivo e c’è tanta musica nell’aria. Laura Palmer, o la creatura che le assomiglia, si avvicina allora a Cooper, lo bacia e gli dice qualcosa all’orecchio.

Si tratta di un sogno densissimo, sul quale si sono sbizzarriti spettatori e critica e nel quale si palesano gli elementi più importanti della serie. La prima domanda, che sorge quasi spontanea, è questa: chi sono il nano, l’uomo con un braccio solo, Bob, Mike? Di questi quattro solo uno è “reale”, e si tratta di Philippe Gerard, l’uomo con un braccio solo, che, come si evince dallo svolgersi seguente della trama, ospita dentro di sé uno spirito di nome Mike. Quest’ultimo vive – è detto a chiare lettere – insieme ad altri spiriti “sopra un negozio conveniente”, cioè in una realtà superiore, da cui queste entità si allontanano per compiere incursioni nel mondo reale, visto come un convenience store, una sorta di emporio in cui cibarsi di varie leccornie, principalmente della paura umana. E tra queste varie entità sovrannaturali si può trovare il personaggio-chiave dell’intera serie: Bob. Questi viene definito da Philippe Gerard/Mike come uno spirito “simile”. In realtà, il termine inglese è “familiar”, che dovrebbe essere tradotto con “famiglio”, che nella tradizione giudaico-cristiana viene impiegato per indicare un demone di rango inferiore, assoldato da maghi o streghe per svolgere determinati compiti. E, inoltre, non va affatto dimenticato che questo tipo di demone era associato ad alcuni animali: corvi, cornacchie, furetti, e al di fuori dell’Europa, precisamente in Malesia, l’animale che lo rappresentava era il gufo. Questo è un elemento da non sottovalutare, perché il gufo è una presenza costante a Twin Peaks e viene considerato dal regista un animale magico, che preannuncia sventure: tant’è che è solito indicare l’arrivo dello stesso Bob o qualche altro evento misterioso. Tornando alla questione centrale, si può asserire che questi spiriti, Bob e Mike per la precisione, arrivano a possedere alcune persone, servendosi e sfruttando le loro più intime paure e portandole a compiere azioni particolarmente efferate. E in quest’ottica risulta molto significativa l’osservazione di David Foster Wallace, che asserisce:

i personaggi non sono malvagi in sé nei film di Lynch; è il male a indossarli come maschere […]. I cattivi nei film di Lynch sono sempre esuberanti, orgasmici, assolutamente presenti a se stessi all’apice della loro malvagità, e questo a sua volta perché non sono soltanto mossi dal male, ma ne sono letteralmente ispirati: si sono abbandonati a una Forza Oscura molto più grande di qualunque singola persona. E se questi cattivi sono, nei loro momenti peggiori, irresistibilmente affascinanti sia per l’obiettivo del regista che per il pubblico, non è perché Lynch stia appoggiando la causa del male o stia dandone un’immagine romantica ma perché ne sta facendo una diagnosi – e lo sta diagnosticando senza la comoda corazza della disapprovazione, riconoscendo apertamente il fatto che una delle ragioni per cui il male è così potente è che è tremendamente vitale, energico, ed è generalmente impossibile distoglierne lo sguardo[2].

 

A instillare nell’uomo il male sono, dunque, delle entità metafisiche, trascendenti, che si servono di ospiti umani per portare a termine i loro malvagi progetti. Inoltre, se si prendono in mano le carte da gioco della serie prodotte dalla Lynch/Frost Productions e si guarda la carta dedicata a Bob, alla voce “data di nascita” si scopre che il malefico essere è nato agli inizi del tempo, il che gli conferisce una posizione metafisica fondamentale. Bob, insomma, è il Male che accompagna il creato ab ovo e che cerca costantemente di dominare il regno degli uomini. Bob è nato “col mondo” degli uomini, quel mondo che risulta essere un mondo tra altri mondi, popolati da essere soprannaturali. La cosmologia di Twin Peaks prevede, quindi, una serie di livelli o piani di esistenza. Piani di esistenza che si ritrovano nella Weltanschauung delle mitologie tradizionali e dello sciamanismo, che promuovevano una concezione verticale della realtà, caratterizzata da un piano divino situato nel cielo, al di sopra del mondo umano, che a sua volta è situato sopra il mondo degli inferi. Un esempio interessante può essere preso anche dalla mitologia nordica, e cioè dall’Yggdrasil, l’albero cosmico che rappresenta l’ossatura della realtà, e sui cui rami si adagiano i nove reami che compongono l’universo nella sua interezza: il regno degli dei, Asgard, il regno dei loro “cugini” Vanir, Vanaheimr, il mondo degli uomini, Midgard, il mondo dei giganti, o Jötunheimr, il mondo degli elfi, Àlfheimr, il mondo del ghiaccio, Nifheimr, il mondo del fuoco, chiamato Múspellsheimr, il mondo dei nani e degli elfi malvagi, Svartálfaheimr, e il mondo degli inferi, lo Hel. Infine c’è il settore che riguarda le Norne, le Parche germaniche, che si trovano alle radici dell’albero cosmico. Ma altri esempi possono essere rinvenuti anche in dottrine teosofiche e antroposofiche, nonché nella Kabbalah in cui le Sephiroth, manifestazioni o emanazioni della potenza divina disposte in modo gerarchico, vanno a formare l’Albero della Vita.

 

  1. The Black/White Lodge

Per entrare a pieno titolo nel cuore teosofico e filosofico dell’universo costruito da David Lynch, occorre parlare brevemente di un personaggio che occupa la parte finale della serie: Windom Earle. Si tratta di un ex agente dell’FBI, collega di Cooper, molto versato nelle scienze occulte, che è giustamente convinto di trovare a Twin Peaks, come poi in effetti trova, l’accesso a una realtà extradimensionale. Prestando attenzione alle sue parole, si scopre che esisteva in passato

un posto pieno di allegria e felicità. Si chiamava la Loggia Bianca. Teneri cerbiatti saltellavano agili attorno ai sorridenti spiriti del bene. I suoni della gioia e dell’innocenza riempivano l’aria. E quando pioveva, cadeva un dolce nettare che infondeva nei cuori lo struggente desiderio di continuare quella vita di verità e bellezza. In parole povere un postaccio orribile, che emanava il disgustoso fetore della virtù, intasato com’era dalle biascicanti preghiere delle madri inginocchiate e dal frignare dei neonati, per non parlare dei pazzi di tutte le età, costretti a fare il bene senza ragione. Ma sono lieto di sottolineare che la nostra storia non termina con questo nauseante eccesso di saccarina, perché esiste un altro luogo che è l’opposto del primo. Un posto da cui si sprigiona una potenza inimmaginabile, pieno di forze oscure e segreti maligni. Non c’è posto per le preghiere in questo terribile regno. Gli spiriti non ascoltano le invocazioni e tanto meno giocano con i cervi. Preferiscono piuttosto strapparti la carne dalle ossa mentre ti danno il benvenuto. Ma a chi li sa imbrigliare, gli spiriti di questa terra nascosta di urla soffocate e cuori spezzati offrono un potere così vasto che chi lo detiene potrebbe riordinare la Terra a suo piacimento. Il luogo di cui parlo è conosciuto con il nome di Loggia Nera. Ed io intendo trovarlo.

 

Stando alle parole di Windom Earle, pertanto, esistono due “luoghi”, la Loggia Bianca e quella Nera, in cui vivono creature estremamente potenti; ma, visto che della Loggia Bianca si parla al passato, si può avanzare l’ipotesi che su di essa abbia preso il sopravvento la Loggia Nera, che è una sorta di regno del male, da cui provengono gli spiriti come Bob, Mike e tanti altri, che si impossessano dell’uomo e lo conducono progressivamente sulla strada dell’autodistruzione fisica e spirituale.

A questo punto, però, conviene mettere un po’ d’ordine, teoricamente, tra le varie cose cui si è fatto cenno, evidenziando le teorie che agiscono in questa affascinante costruzione metafisica. Anzitutto va sottolineato che le due Logge rimandano a precise tradizioni religiose e teosofiche. Della Loggia Bianca, parla, ad esempio, Helena Petrovna Blavatsky, le cui dottrine costituiscono un mix di approcci esoterici orientali e occidentali, dal buddismo tibetano all’induismo, dalla Kabbalah allo gnosticismo. Una delle sue opere, La Dottrina Segreta, rappresenta un vero e proprio commento a un antichissimo testo tibetano, Le Stanze di Dzyan, che probabilmente non è mai esistito. Ne Le Stanze di Dzyan si narrerebbe di esseri provenienti dallo spazio, i Signori della Fiamma, che secondo la leggenda avrebbero preso dimora nell’Asia centrale, creando un regno segreto, che per la Blavatsky si chiama Loggia Bianca, simile a quello di Agarthi, di cui si parla nella religione popolare tibetana. E, del resto, proprio nella religione popolare tibetana è possibile trovare un altro elemento di grande rilevanza. In essa, come scrive Giuseppe Tucci,

ogni fatto, ogni avvenimento è conseguenza dell’intervento di una volontà o di una forza ben precise che qualche volta assumono forme materialmente visibili, qualche altra rimangono indistinte e inafferrabili. Alcune di queste forze sono sempre ostili, malefiche per natura; ma la maggior parte di esse hanno un comportamento ambiguo[3].

 

Queste forze sovrasensibili sono generalmente suddivise in due gruppi: in bianche (p’yogs dkar) e buone, nere e cattive (p’yogs nag, an); questa classificazione, è basata – secondo la tradiuzione indiana – sulla qualità del karma, come la classificazione in due mondi delle dottrine teologiche di origine iraniana adottate dai Bon po, cioè nella religione popolare tibetana. Insomma nei culti e nelle dottrine tibetane è possibile individuare sia l’idea di un regno sotterraneo sia la presenza di spiriti, di forze sovra-sensibili, buoni e cattivi, bianchi e neri, che esigono sacrifici con cui è possibile ingraziarseli o placarli. Inoltre, non bisogna dimenticare che la Loggia Bianca e la Loggia Nera con tutto il loro apparato di spiriti benigni e forze malefiche sono presenti anche nelle leggende dei nativi americani, cui si fa velatamente riferimento in Twin Peaks, quando uno dei personaggi, l’agente della polizia locale Hawk, un nativo, parla della Loggia Nera come l’io-ombra della Loggia Bianca e afferma che chiunque intenda raggiungere la perfezione deve necessariamente passare per la Loggia Nera e confrontarsi con i suoi temibilissimi abitanti mantenendo ben saldo il proprio animo. L’uomo, pertanto, può, tramite la magia e le discipline esoteriche, entrare in contatto concreto con questi mondi altri, trascendere, in qualche modo, la propria condizione finita e raggiungere uno status superiore. Una teoria, questa, presente parzialmente anche nelle opere del “barone magico” Evola, per il quale tutto ruota intorno all’individuo singolo, che rappresenta la realtà ultima: l’uomo può, difatti, grazie alla magia, congiunta però alla politica, elevarsi a un livello di esistenza superiore, affrancandosi da ogni realtà sopraindividuale. Per perfezionarsi e impossessarsi dell’essenza di tutte le cose, occorre, pertanto, cimentarsi nelle arti magiche, come riteneva, d’altronde, Aleister Crowley, che fornisce importanti informazioni al riguardo nel suo testo intitolato significativamente Magick. «Il microcosmo», scrive, «è un’immagine esatta del Macrocosmo: la Grande Opera consiste nell’innalzare l’uomo, in perfetto equilibrio, alla potenza dell’infinito»[4]. E per giungere alla potenza dell’infinito, l’uomo deve seguire un percorso iniziatico, diviso in vari gradi; il penultimo di essi è quello di Magus, che comprende ogni forma di magia, mentre l’ultimo, l’Ipsissimus, è uno stadio divino, in quanto chi lo raggiunge è privo di ogni limitazione.

Quando, perciò, l’agente Cooper, non molto versato nelle arti magiche, riesce a entrare nella Loggia Nera per stanare gli esseri immondi che la abitano, è costretto a soccombere: il suo animo non risulta all’altezza della situazione, non riesce a leggere gli eventi che quasi in maniera insensata lo vedono come protagonista attivo e passivo; si fa cogliere impreparato dalla diversità “fisica” di quel non-luogo. In quel dedalo fuorviante più volte si smarrisce, perdendo così la possibilità di ritornare integro tra i comuni mortali. Sicché a uscirne in seguito non sarà il Cooper che tutti conoscono, ma un Cooper turbato, sotto l’influenza di Bob, del male assoluto.

 

  1. Invitation to love

Si potrebbe continuare all’infinito nell’analisi dei rimandi metafisici e esoterico-occultistici presenti nella serie di David Lynch e Mark Frost. Entrambi, del resto, hanno alle spalle una certa qual frequentazione di testi sapienziali orientali e teosofici; tant’è che lo stesso Mark Frost risulta essere autore di due romanzi, The List of Seven e The Six Messiahs, in cui si intrecciano storia reale, teoria della cospirazione e teosofia. Ma ciò che preme sottolineare, è la non-casualità delle scelte cinematografiche fatte da entrambi, scelte che molto spesso vengono liquidate come eccentriche e non motivate, per così dire, teoreticamente. Un primo approccio rivela, difatti, un universo metafisico particolareggiato, in cui si mescolano mirabilmente tradizioni popolari tibetane, teorie esoteriche, demonologia. Ne risulta, pertanto, una cosmologia televisiva tradizionale e, al tempo stesso, nuova. Tradizionale poiché prevede una dimensione extraterrena paradisiaca, la Loggia Bianca – che fa rivivere tutta la mitologia classica dell’età dell’oro – cui si contrappone un piano d’esistenza infernale, la Loggia Nera, epicentro assoluto del Male. Nuova perché riesce a far convivere culture e tematiche diverse, senza mai appesantire la narrazione, sempre molto fluida; e specialmente perché coinvolge lo spettatore in modo magico, arrivando a toccare le sue ansie e paure più recondite, le sue inquietudine più sur-reali, trascinandolo, puntata dopo puntata, in un mondo nel quale si riesce comunque a trovare un rifugio. Gli autori, cioè, pur non facendo riferimento alcuno alla realtà effettuale, sia essa politica o sociale, si concentrano su una cittadina americana da loro inventata, attraversata da cima a fondo da un male oscuro che si nasconde anche negli oggetti più quotidiani, nei gesti più usuali, nelle vicende più innocenti. Ma quando lo spettatore vi mette piede, si sente al sicuro, consapevole, forse, che la realtà che ogni giorno vive da uomo occidentale, sebbene non pervasa da intangibili e terrificanti esseri, è di gran lunga più insidiosa. Il messaggio dei registi sembra, dunque, affidato a delle scene che compaiono in alcune puntate: in qualche interno, il commissariato o un’abitazione qualsiasi, mandano alla tv una soap opera dal titolo Invitation to love: suona quasi come un’esortazione rivolta a una società, quale quella occidentale, che agli inizi degli anni novanta era già entrata in una condizione di spaesamento esistenziale, una condizione post-metafisica in cui, venuti meno i grandi racconti, emergeva in un modo sempre più inarrestabile il suo cuore di tenebra, anche nella realtà più solitarie e apparentemente lontane dalle selvagge e accattivanti metropoli.

 


[1] Non è questo il luogo adatto per ricostruire interamente la trama molto intricata di Twin Peaks, anche perché, a voler essere scrupolosi, ogni singolo episodio meriterebbe di essere descritto e analizzato in ogni minimo particolare. Coloro i quali intendano saperne di più, possono, oltre che vedere direttamente la serie, godibilissima anche a distanza di poco più di vent’anni, consultare una serie di testi molto interessanti, tra cui: J. Lynch, Il diario segreto di Laura Palmer, Sperling & Kupfer, Milano 1994; S. Frost, L’autobiografia dell’agente speciale Dale Cooper, Sperling & Kupfer, Milano 1991; R. Manzocco, Twin Peaks, David Lynch e la filosofia: la Loggia nera, la garmonbozia e altri enigmi metafisici, Mimesis, Milano 2010; D. Lavery, Full of secrets: critical approaches to Twin Peaks, Wayne State University Press, Detroit 1995.

[2] D. F. Wallace, David Lynch non perde la testa, in Tennis, tv, trigonometria, tornado e altre cose divertenti che non farò mai più, Minimum Fax, Roma 1999, p. 255.

[3] G. Tucci, Le religioni del Tibet, Edizioni Mediterranee, Roma 1995, p. 215.

[4] A. Crowley, Magick, Astrolabio, Roma 1976, p. 184.

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