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Sandra e la comunicazione

Autore


Claudia Boschetti

Centro Cinofilo La Voce del Cane di Napoli

educatrice cinofila e fondatrice del Centro Cinofilo La Voce del Cane di Napoli

Indice


  1. Sandra “la preside”
  2. La voce del cane
  3. Interspecificamente detto

 

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S&F_n. 07_2012


  1. Sandra “la preside”

Sandra “la preside” entra in campo dal cancello dell’area dove si trova il cane che dobbiamo osservare. Il cane si muove agitato misurando il perimetro del campo. I proprietari l’hanno sottoposto al giudizio degli educatori del centro cinofilo perché non è socievole con gli altri cani e in qualche caso ha morso le persone e loro stessi. Si avvicina al “cane maestro” con atteggiamento di carica, spostando il peso sulle zampe anteriori e abbaiando eccitato. Sandra si è trovata molte volte in situazioni simili e sa già che dovrà mostrare i denti a questo nuovo “allievo” recalcitrante. La comunicazione è immediata e senza equivoci. Ringhio e abbaio deciso, ma in molti casi non ce n’è neppure bisogno: a Sandra basta uno sguardo ben assestato, un’occhiata sufficiente a dire le cose giuste al momento opportuno e l’approccio scorretto e sconnesso del maleducato interlocutore rientra. Ci facciamo aiutare da questo incrocio di maremmano bianco a macchie marroni, con aspetto lupoide e carattere bonario che all’occorrenza però sa riportare l’ordine nel caos se nel suo raggio d’azione dovesse entrare chi non rispetta le regole. L’osservazione del “cane maestro” insieme con i suoi “assistiti” che non sanno di essere tali, ma che avranno un sicuro beneficio da questo e da altri se necessari, rendez-vous, suggerisce una deduzione: la comunicazione tra cani equilibrati, quindi in situazione ottimale, ha una modalità che non prevede la violenza. Il morso e la lacerazione, che peraltro comportano sempre uno sforzo non voluto per il cane, costituiscono sempre una scelta estrema, l’ultima spiaggia, alla quale non bisognerebbe mai portarli.

 

  1. La voce del cane

I cani comunicano tra loro. I cani comunicano con noi. In entrambi i casi noi e loro utilizziamo una comunicazione gestuale e verbale. I cani “parlano” tra loro con la voce e con la gestualità corporea. Noi con loro usiamo anche delle parole, che sono in grado di imparare e capire, quindi la nostra è anche una comunicazione verbale, ma istintivamente la lettura che dà il cane quando le emittenti siamo noi, è soprattutto relativa al linguaggio del corpo. La prima condizione perché si instauri una comunicazione tra noi e il cane, è la conoscenza del vocabolario, della grammatica e della sintassi che il cane esprime quando si relaziona agli altri cani e a noi.

Il cane che avanza veloce verso Sandra con il peso del corpo spostato in avanti, la testa e la coda alta e il pelo ritto sulla schiena, e che quando è vicino a lei compie una serie di gesti, va interpretato con una complessità di significati che fino a qualche decennio fa venivano liquidati con una serie di luoghi comuni più o meno consolidati. Il cane che agita la coda, scodinzola. Il cane che salta addosso ripetutamente, è felice e saluta il proprietario che non vede da tempo. Quello che rompe, strappa e fa pipì sul pavimento sta facendo un dispetto, magari perché siamo usciti e l’abbiamo lasciato solo. Il cane che lecca il viso, sta “baciando” il padrone in segno di fedele e imperituro affetto. Allo stesso modo, quello che ringhia probabilmente ha un momento negativo, e va redarguito, perché “così non si fa a chi ti vuole bene”. Sulla base di una sorta di “tradizione orale” si sono creati continui misunderstanding nella comunicazione, andando avanti con un copione che si è ripetuto finché la situazione non è cambiata. Che la creduta felicità fosse piuttosto manifestazione di ansia e stress è una conquista recente. Lo è altrettanto capire che il cane distruttore vuole dirci che si annoia e che nessuno l’ha abituato a starsene a riposo con un nervetto di bue o un osso di riso da rosicchiare. I cani hanno parlato per tanto tempo, ma non è un caso che si capissero con l’uomo solo quando andavano a caccia insieme, a partire da 15 mila anni fa, battendo le stesse piste e conquistando la stessa preda, che poi dovevano spartire, uno collaborando con l’altro, mossi dal medesimo scopo. Ma è bastato che questo cambiasse, per non comprendersi più. Tanto per cominciare, dobbiamo sapere che il risultato della nostra comunicazione è dato dal significato che il cane gli attribuisce, per cui se non risponde come dovrebbe, sarebbe corretto cambiare il modo di porsi, perché sicuramente è stato commesso qualche errore. Per comunicare è necessario partecipare. Il cane è perfettamente in grado di percepire se siamo attraversati da un pensiero diverso da quello di una relazione con lui, e si allontana come noi allontaniamo la mente in quel momento. Al contrario, la comunicazione con il cane richiede l’essere capaci di “mantenere” accesa il più possibile una relazione mentale con lui.

 

  1. Interspecificamente detto

Per instaurare questa relazione è necessario cancellare gli stereotipi e tradurre il linguaggio del cane sulla base degli studi più recenti e dell’osservazione. L’iniziatore della scienza della comunicazione intraspecifica e interspecifica è considerato Konrad Lorenz, fondatore della moderna etologia. Teoria della comunicazione che si è arricchita e ampliata grazie alle ricerche di studiosi del linguaggio quali Thomas Albert Sebeok, che ha lavorato sulla comunicazione non verbale, i cui concetti fondamentali sono stati ripresi in Italia da Felice Cimatti, oppure da studiosi quali Roger Abrantes, che si è occupato del linguaggio dei segni nei canidi.

Il ruolo dell’educatore cinofilo, sia esso uomo oppure cane, come nel caso di Sandra, è quello di riuscire a far emergere una serie di comportamenti e conoscenze che aiutino a capire se stessi e forniscano lo strumento per riuscire a comunicarlo agli altri nella maniera più chiara e consapevole possibile. Il nostro obiettivo è quello di aiutare cani che hanno una scarsa capacità di adattamento all’ambiente circostante, per cause diverse, che vanno dai traumi infantili (come possono esserlo le scelte sbagliate degli allevatori: separazione precoce dalla madre e privazione degli stimoli sensoriali nel periodo sensibile) a una gestione errata da parte del proprietario che ignora la chiave per la comunicazione, alla mancanza spesso di spazi adeguati alla socializzazione intraspecifica. Tutto questo li rende emittenti di una comunicazione errata ed equivoca che l’educatore deve saper riportare nei giusti binari. Il risultato sarà l’equilibrio necessario per una perfetta convivenza tra proprietario e cane.

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