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Jean-Baptiste Lamarck – Filosofia zoologica e altri naturalia [a cura di Giulio Barsanti Milano-Udine, Mimesis 2020]

Nelle prime pagine della sua Filosofia zoologica del 1809, Lamarck sottolinea come il potere di credibilità delle teorie tradizionali e generalmente accettate costituisca un ostacolo spesso insormontabile per le nuove teorie che, al contrario, si mostrano per la prima volta. Tale rigidità, continua il naturalista francese, rappresenta nella maggior parte dei casi un vantaggio per le conoscenze generali, preservandole al riparo da singolari idee senza solide fondamenta. Tuttavia si danno a volte altri casi, chiosa Lamarck al termine della sua Esposizione, in cui «per le stesse ragioni vengono respinti o ignorati opinioni valide e pensieri fondati. Ma è preferibile che una verità, una volta scoperta, lotti a lungo prima di ottenere l’attenzione che merita, piuttosto che venga accettato con leggerezza ogni prodotto dell’ardente immaginazione dell’uomo» (p. 96).

È risaputo, oggi, che le teorie e le idee di Jean-Baptiste Lamarck hanno lottato a lungo. In certa misura si può anzi dire che continuano a lottare ancora, a seconda dei nuovi percorsi intrapresi dalle recenti teorie scientifiche, non sempre attente però a inquadrare correttamente il pensiero del grande naturalista, il primo a introdurre il termine “biologia” e a elaborare una teoria evoluzionista degli organismi viventi. Ciò avviene principalmente a causa della mancanza di un’adeguata e profonda conoscenza delle teorie da lui proposte, che spesso risentono di due secoli di interpretazioni tra le più varie, ora in chiave panpsichista, ora in chiave psicologico-volontaristica.

In effetti, uno dei principali motivi per rileggere oggi Lamarck risiede proprio nel mondare il suo originale pensiero dalle innumerevoli interpretazioni, spesso superficiali o parziali, che vi si sono sovrapposte nel corso dei decenni, generando equivoci e fraintendimenti. Proprio in un’ottica tesa invece a recuperare il senso autentico dell’opera di Lamarck, il volume Filosofia zoologica e altri naturalia curato da Giulio Barsanti per la collana Filosofia/Scienza di Mimesis riveste una notevole importanza.

I testi di Lamarck qui raccolti – che, oltre alla già citata Filosofia zoologica, comprendono la Prolusione del 1800 e tre studi di naturalia, Sui fossili (1801), Sull’uomo (1802) e Sulla specie (1803) – vengono calati entro una cornice attenta a rappresentare il complicato contesto storico-scientifico del tempo. Si tratta di un’operazione, quella condotta da Barsanti, di non poco conto, che restituisce agli scritti del pensatore francese la libertà di comunicare con le proprie parole, slegati dagli stantii luoghi comuni storiografici e dalle approssimazioni caricaturali che tutt’oggi vincolano, semplicisticamente e senza possibilità d’appello, l’aggettivo “lamarckiano” al collo delle giraffe. La riproposizione del capolavoro di Lamarck viene quindi arricchita da una traduzione interamente rivista e dalle Additions relatives aux Chapitres VII et VIII de la Première partie, mentre i testi sono corredati da un solido apparato di note e da una sostanziosa introduzione che, forte di un’esposizione che unisce chiarezza e completezza, tratteggia accuratamente il percorso dell’evoluzionismo lamarckiano, dalla sua genesi ai fraintendimenti più comuni e grossolani.

Il complesso e originale pensiero di Lamarck segna una vera e propria transizione dal Settecento all’Ottocento, proponendo di fatto la prima ipotesi rivoluzionaria dell’evoluzione biologica, una ipotesi che rompe con la tradizione tracciando tuttavia una linea di continuità col passato grazie all’articolazione di una serie di dati già acquisiti: a questo proposito Barsanti parla infatti di una grande «rivoluzione di sintesi» (p. 31). La portata innovativa della rivoluzione lamarckiana non è per questo meno rilevante; al contrario, essa risulta capace di ribaltare l’argomentazione teoretica di matrice teologico-naturalistica, benché non senza una punta di “tristezza”. Ciò è testimoniato dal significativo uso di un’aggettivazione – potremmo dire – “privativa” da parte di Sainte-Beuve, appassionato uditore alle lezioni di Lamarck, con la quale sottolinea il tono quasi dolente che fa da sfondo al trasformismo dello scienziato: il «sordo bisogno» alla base della teoria lamarckiana propone infatti una solitaria «lunga pazienza cieca» (p. 16).

Nelle pagine della Filosofia zoologica si delinea lo sviluppo dell’elaborazione della teoria, dall’importanza attribuita alle circostanze in cui vivono gli esseri viventi alle modificazioni che si originano in conseguenza all’uso o al disuso degli organi, fino alla formalizzazione delle due «leggi di natura, che l’osservazione ha sempre constatato» (p. 214) poste da Lamarck alla base del trasformismo. Nel settimo capitolo, si trova, l’esempio del bradipo, che esemplifica al meglio il concetto principe secondo cui non è la conformazione fisica degli animali a dar luogo alle abitudini e alle forme di vita ma, al contrario, sono proprio le abitudini, le forme di vita e le circostanze a determinare la forma del corpo e delle parti degli animali. È ancora Barsanti a rilevare l’importanza che, al fine di comprendere nella sua articolazione la teoria lamarckiana, ricoprono piuttosto il caso della talpa e quello del bradipo, evidenziando come l’eccessiva considerazione attribuita all’azzardato esempio della giraffa espose l’intero impianto teoretico di Lamarck a una lunga serie di banalizzazioni e di ridimensionamenti. Per il resto, oltre alla Prolusione dove viene esposta per la prima volta la sua teoria evoluzionistica, sono di particolare interesse lo scritto Sui fossili, in cui Lamarck bolla come “fin troppo comoda” la soluzione degli sconvolgimenti universali offerta dalla teoria catastrofista di Cuvier, e le considerazioni sull’organo del pensiero dell’essere umano contenute nel breve scritto Sull’uomo, dove peraltro Lamarck azzarda una prima ipotesi evoluzionistica sull’origine dell’uomo (p. 81), prefigurando una profonda rivoluzione antropologica. Allievo di Buffon, egli introduce un concetto di “ambiente” con significato biologico, intenso quindi non più come relativo ai soli fattori fisici ma anche alle varie tipologie delle interazioni vitali. D’altronde, come puntualizza Barsanti, nell’opera di Lamarck si possano trovare molteplici elementi vicini al sentire contemporaneo, come la denuncia dello sfruttamento incondizionato delle risorse naturali da parte dell’uomo, la critica al suo atteggiamento prevaricante, la condanna dei modelli culturali all’epoca dominanti, la denuncia dell’egoismo e della miopia di un essere poco avveduto. Tutto ciò prefigura l’immagine di un Lamarck lungimirante e tristemente profetico, un intellettuale lucidamente conscio del fatto che l’uomo – inteso qui come il vero «agente perturbatore della natura» (p. 38) – pare destinato a intraprendere il cammino dell’autodistruzione.

Evidenziando quindi anche aspetti meno noti del pensiero di Lamarck e operando una serie di chiarificazioni delle numerose storture interpretative, questo volume compone un quadro da cui emerge un pensiero sorprendentemente fecondo e stimolante, cosicché il «positivista galileiano», come lo definisce Barsanti, possa tornare a occupare il posto che gli spetta, in qualità di fondatore del trasformismo, nella storia dell’evoluzionismo.

 

Alessandro Mecarocci

S&F_n. 29_2023

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