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Ilya Prigogine – Le leggi del caos – tr. it. a cura di C. Brega e A. De Lachenal [Laterza, Roma-Bari 2008, pp. 117, € 8]


Questo volume nasce da un ciclo di lezioni tenute da Ilya Prigogine all’Università Statale di Milano presso la cattedra di Filosofia della Scienza del prof. Giulio Giorello e la sua forza consiste nel tentativo di avvicinare il lettore a tematiche di alta complessità che riguardano il caos e le sue leggi. Il libro non è di lettura semplicissima pur essendo pensato per un pubblico di non addetti ai lavori; la ricchezza di contenuti di fisica teorica e di matematica applicata alla fisica (con in più un’Appendice all’interno della quale vengono mostrate e discusse tutte le dimostrazioni delle varie equazioni presentate) risulta essere sì complessa ma comunque necessaria e in un certo senso veramente efficace in quanto l’autore (e lo dice chiaramente) sente l’esigenza di mostrare come le sue speculazioni abbiano un fondamento matematico riscontrabile e dimostrabile.

Sicuramente si tratta di una tematica molto forte dal punto di vista dell’immaginario, forse ancora di più che dal punto di vista fisico-teorico o matematico. È indubbio che da Esiodo in poi (il quale legge la realtà come sgorgante dal caos primordiale), passando per tutti i sistemi filosofici e metafisici che l’Occidente ci ha regalato, inserendovi al loro interno anche il Cristianesimo e in generale la dimensione religiosa, l’idea guida è stata quella di fondare una stabilità, anzi forse la necessità della fondazione di una stabilità, come bisogno profondamente umano di pensare il mondo come un tutto ben organizzato e regolato. Il caos rappresenterebbe così sempre un orizzonte traumatico dal quale risollevarsi con la forza stabilizzante di una ragione ordinatrice.

In questo testo dalle forti implicazioni filosofiche Prigogine cerca di costruire una parentela tra alcuni elementi, la quale permetterebbe di costruire una nuova immagine del mondo e una rinnovata forma di rispecchiamento tra l’uomo e la natura. Questi elementi sono vari ed eterogenei, si va dal caos ovviamente (il quale è da intendersi in una forma “allargata” includente le nozioni di probabilità e irreversibilità), si passa per il tempo (da intendersi come freccia che procede da un passato e si incammina verso un futuro), fino a giungere alla creatività (capacità immanente alla natura di creare sistemi differenti).

Punto di partenza e vero e proprio nucleo concettuale della ricerca decennale del Premio Nobel per la Chimica Ilya Prigogine è proprio l’analisi del ruolo e della funzione della freccia del tempo all’interno della visione del mondo propria della fisica teorica: «la fisica, da Galileo a Feynman e Hawking, ha ripetuto la più paradossale delle negazioni, quella della freccia del tempo che pure traduce la solidarietà della nostra esperienza interiore con il mondo in cui viviamo» (p. IX).

In realtà, ciò che viene messo in discussione attraverso l’utilizzazione della freccia del tempo all’interno della “dinamica classica” così come all’interno della stessa “dinamica quantistica”, è proprio l’idea di “legge di natura” la quale «era associata a una descrizione deterministica e reversibile del tempo, in cui futuro e passato avevano lo stesso ruolo» (p. 3). Per formulare una “legge di natura” in senso classico era necessario che un determinato procedimento fosse reversibile e sempre si ripetesse alla stessa maniera, in poche parole era necessaria l’eliminazione di quella che Prigogine chiama freccia del tempo. Eliminare la dimensione temporale dall’analisi fisica del mondo denota un’impostazione in un certo senso “ideologica” o comunque metafisica: «io ho sempre pensato che in tutto ciò l’elemento teologico abbia giocato un ruolo importante», «per Dio tutto è dato; novità, scelta o azione spontanea dipendono dal nostro punto di vista umano, mentre agli occhi di Dio il presente contiene il futuro come il passato», «in quest’ottica lo studioso grazie alla conoscenza delle leggi della natura si avvicina progressivamente alla conoscenza divina» (p. 7). Sono state due, secondo Prigogine, le scoperte fondamentali che hanno cominciato a incrinare la fede in una razionalizzazione assoluta della natura attraverso il dominio delle leggi immutabili e irreversibili, da un lato la termodinamica, segnatamente il secondo principio che tiene conto dell’irreversibilità di tutta una serie di eventi termodinamici e che introduce la questione dell’entropia, dall’altro e in maniera ancora più decisiva l’evoluzionismo darwiniano che, differentemente dalla termodinamica che muove dall’ordine verso il disordine e dirige il tempo verso una morte termica, parla un vocabolario fatto di novità e creazione di nuove forme, di modi di adattamento e di nicchie ecologiche.

Il disordine e il caos non portano, secondo Prigogine, alla morte termica, alla “fine del mondo”, ma sono elementi di novità dall’alto potenziale creativo. Ecco la prima connessione fondamentale: il caos non come forza che porta alla fine, ma come forza che riproduce continuamente il miracolo creativo del nuovo.

Ma la riflessione – e il lettore più attento se ne accorgerà subito – ha una certa tonalità bergsoniana (pur non essendo mai citato, all’interno di questo libro, il filosofo francese). La connessione fondamentale tra la dimensione temporale e la dimensione della creatività (sullo sfondo di un’idea “positiva” di caos) viene esposta in questi termini: «la riconsiderazione del “caos” porta anche a una nuova coerenza, a una scienza che non parla solamente di leggi, ma anche di eventi, la quale non è condannata a negare l’emergere del nuovo, che comporterebbe un rifiuto della propria attività creatrice» (p. X).

Gli elementi fondamentali di questa creatività del caos sono dunque due: in primo luogo «la freccia del tempo ha il ruolo di creare strutture» (p. 23), a questo Prigogine giunge attraverso l’analisi delle cosiddette strutture dissipative (quelle, in poche parole, che esistono soltanto fino al momento in cui l’energia viene dissipata e contemporaneamente viene mantenuto il livello di interazione con il mondo esterno); in secondo luogo ammettendo che «i fenomeni irreversibili non si riducono a un aumento di “disordine”, come si pensava un tempo, ma al contrario hanno un ruolo costruttivo importantissimo» (p. 23).

Tutta la parte centrale del volume è dedicata al tentativo di riformulare daccapo e in maniera conseguente le leggi fondamentali della dinamica classica, quantistica e relativistica, in vista dell’inserimento all’interno di esse della freccia del tempo con la sua creatività essenziale. La priorità di Prigogine è mostrare che parlare di tempo irreversibile non significa abbandonarsi al determinismo del caso o dell’evento, significa invece percorrere nuove strade all’interno delle quali attraverso probabilismo e irreversibilità sia possibile mostrare come “funziona” il caos e come da esso si possano originare sia ordine sia disordine, sia la creatività della “vita” sia la possibilità di una “morte”.

Infine – e su questo punto l’autore insiste sia nelle premesse sia nelle conclusioni – bisogna lasciar perdere e mettere definitivamente in soffitta il “dualismo cartesiano” che a detta dell’autore domina ancor’oggi la stessa percezione delle scienze (anche di quelle umane); il dualismo cartesiano ha portato a un dualismo di culture che fa sentire il suo peso ancora nella nostra contemporaneità. Ancora una volta è la determinazione fondamentale del tempo ad avere la centralità: nella dimensione interiore e più in generale in tutte le attività umane si immagina il tempo come irreversibile e creativo e si parla spesso di “sistemi complessi”, nel mondo esteriore e più in generale all’interno del mondo microfisico e macrofisico si immagina il tempo come reversibile e si parla dunque di “sistemi semplici”. Ciò che Prigogine vuole affermare è che mondo umano e mondo fisico rispondono alle stesse leggi di complessità, che la creatività non risiede soltanto in quell’eccezione rappresentata dalla biologia e ancor di più dal fenomeno umano, ma che è la stessa struttura della realtà a determinarsi attraverso la freccia del tempo, è il cosmo stesso a essere creativo.

Nella conclusione del libro Prigogine lo afferma chiaramente: «il messaggio di questo mio volume vuole essere ottimistico», «la scienza inizia a essere in grado di descrivere la creatività della natura, e il tempo, oggi, è anche il tempo che non parla più di solitudine, ma dell’alleanza dell’uomo con la natura che egli descrive» (p. 85). Questa professione di ottimismo accompagnata al sentimento della nascita di una nuova epoca per la scienza e più in generale per la cultura umana è il filo conduttore fondamentale di questo piccolo e prezioso libro.

 

Delio Salottolo

S&F_n. 8_2012

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