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Claudio Bonito, Alberto Carrara (a cura di) – Il transumanesimo. Una sfida antropologica alla scienza e alla fede [Mimesis, Milano-Udine 2024]

Il transumanesimo rappresenta uno dei concetti più complessi e articolati della cultura contemporanea; tale concetto non concerne solamente l’ambito filosofico e quello scientifico ma si espande fino a quello antropologico e teologico. Questa antologia – in cui troviamo scritti di Angela Ales Bello, Roberto Marchesini, Francesco Serra di Cassano, Alberto Carrara ed Enrica Perucchietti – mostra, con sguardo critico, le varie declinazioni e problematiche che il transumanesimo può assumere in questi ambiti.

L’idea – espressa chiaramente da Claudio Bonito nell’Introduzione all’opera – alla base del transumanesimo è che «Nel suo divenire, l’uomo non guarda più indietro, sembra non aver più nostalgia di un passato ingenuo e felice, non ha più nessun legame che lo trattiene in prossimità dei suoi tempi trascorsi. Lo sguardo è proiettato solo verso il progresso inteso come sviluppo illimitato delle competenze tecnoscientifiche e di un sistema economico che muove verso una continua produzione di desideri e di modalità per soddisfarli» (p. 10). Se nell’antichità i limiti intrinseci dell’uomo erano simbolo di un ordine superiore, con il transumanesimo essi diventato degli ostacoli che egli deve superare per raggiungere la massima felicità e benessere.

La volontà di superamento dei propri limiti da parte dell’uomo è ben analizzata da Angela Ales Bello. Nel suo contributo, intitolato Il transumano: desiderio e speranza di immortalità intramondana, la filosofia italiana ricostruisce i tratti fondamentali del pensiero transumanista. Questi si ritrovano nella teoria dei tre ponti esposta nel libro Fantastic Voyage, scritto da Raymond Kurzweil e Terry Groosman: «Il primo ponte consiste nel cercare di rimanere in buona salute più a lungo possibile, perché bisogna aspettare che si delinei chiaramente il secondo ponte, quello della rivoluzione biotecnologica con gli interventi anti-invecchiamento. Il terzo ponte, infine, sarà quello in cui trionferanno le nanotecnologie e l’intelligenza artificiale» (p. 25). La smisurata fiducia che questi autori nutrono nel progresso tecnoscientifico alimenta le aspettative per un nuovo mondo, in cui l’umanità riuscirà a sconfiggere ogni tipo di malattia e raggiungere l’immortalità; una ripresa dell’annuncio nietzschano della morte di dio, in cui l’uomo, grazie alla tecnica, potrà occupare la sfera del divino.

Alberto Carrara si concentra su quest’ultima tematica: il suo saggio, intitolato Il movimento transumanista più rilevante: un’analisi neurobioetica del progetto 2045, descrive un’iniziativa volta a raggiungere l’immortalità cibernetica. Il progetto – il cui maggior promotore è l’imprenditore russo Dmitry Itskov – aspira a rendere l’uomo immortale entro il 2045; questo desiderio affonda le sue radici nel contesto sociale e tecnologico del 1965, in cui l’avanzare della tecnica sembrava poter garantire il raggiungimento dell’mortalità umana nel giro di qualche decennio. Questo processo «prevede una triplice strategia di potenziamento: spirituale, scientifica e tecnica che ha come snodo-limite il corpo letto quale limitato supporto proteico mortale da superare» (p. 89). Il transumanesimo recupera il dualismo platonico – che descrive il corpo come sema della psyche – per evidenziare la limitatezza della nostra parte biologica e mostrare la possibilità di far vivere in eterno la nostra coscienza grazie alle cyber-tecnologie.

Tuttavia, accanto a questo entusiasmo, si sollevano anche delle voci critiche: un esempio è il biologo francese Jacques Testart, la cui posizione viene esposta da Enrica Perucchietti in Il mondo verso una nuova eugenetica: la lezione di Jacques Testart. Se il transumanesimo esprime entusiasmo per le tecniche di selezione e modificazione genetica – come, ad esempio, la fecondazione assistita e la Crispr-Cas9 –, intellettuali come Testart mostrano preoccupazione per le possibili derive a cui queste pratiche possono portare. «Questo nuovo culto tecnologico predica agli uomini una salvezza volta a oltrepassare i limiti naturali della condizione umana: la vecchia[ia], la morte, la malattia, il dimorfismo sessuale sono retaggi del passato e devono essere superati» (pp. 115-116). Questa eccessiva libertà e potenza nei processi biologici – già denunciate da autori come Hans Jonas – potrebbero creare una società piena di disuguaglianze e priva di etica, in cui il fenomeno della vita verrebbe controllato a piacimento in base alle preferenze di ciascun individuo.

Anche Roberto Marchesini si dimostra critico nei confronti delle posizioni transumaniste. Il saggio Tecno-solipsismo: la solitudine del transumano si focalizza su due aspetti: il primo è la valorizzazione dei momenti di crisi e il secondo è la distinzione tra postumanesimo e transumanesimo. Marchesini – riprendendo il significato originale del termine – parla della crisi ecologica e di quella tecnologica come momenti decisivi in cui l’umano (ormai chiuso in un profondo solipsismo) scopre la propria solitudine e insufficienza nei confronti del mondo in cui vive; egli non potrà mai chiamarsi fuori dalla rete di relazioni in cui si trova con gli altri esseri viventi e oggetti. La proposta avanzata da Marchesini è dunque quella di abbandonare le ambiguità del transumanesimo, volte esclusivamente al superamento della propria condizione attuale, e riconsiderare il tratto fondamentale promosso dal postumanesimo, ovvero una prospettiva «che sappia mettere al centro le relazioni e ci aiuti a rinunciare alle tentazioni narcisistiche per ritrovare il senso comunitario dell’esistenza» (p. 59).

Il desiderio di continuo miglioramento della specie è sensato e giustificabile; tuttavia, esso non deve assumere i tratti di quel delirio prometeico che Jonas e Günther Anders avevano descritto decenni fa. Analizzare criticamente il fenomeno culturale del transumanesimo serve a evitare quest’ultima ipotesi. Questo volume si rivela uno strumento prezioso per riflettere sulla condizione presente dell’uomo e costruire un futuro migliore: tutti i contributi offrono – da diverse prospettive – interessanti considerazioni per non formulare giudizi retorici su un fenomeno in continuo divenire. Come scrive Francesco Serra di Cassano nel saggio Utopie, distopie, antropomorfismo nelle tensioni della modernità: «L’obiettivo […] deve essere quello di muoversi per garantire alla nostra epoca la possibilità di non ripiegare su se stessa, di non distruggere il molteplice della vita, ma di promuoverne il dispiegamento più ampio e più profondo» (p. 75).

 

Efrem Trevisan

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