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Le quattro stagioni del misticismo quantistico

Autore


Roberto Paura

Università degli Studi Perugia

giornalista scientifico, è attualmente dottorando di ricerca in Fisica all’Università di Perugia

Indice


  1. Intro
  2. La prima stagione: il problema della misura
  3. La seconda stagione: l’universo partecipativo
  4. La terza stagione: verso l’anima quantica
  5. La quarta stagione: i poteri della mente quantica

6. Conclusioni

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S&F_n.  20_2018

Abstract


THE FOUR SEASONS OF QUANTUM MYSTICISM


The article offers a historical genealogy of the so-called “quantum mysticism” argument, i.e. the tendency to consider quantum mechanics in accordance with issues coming from Eastern mysticism or New Age spirituality. Specifically, the article retraces the four historical phases of the debate on quantum consciousness, namely, the idea that consciousness (the human mind) plays a determining role in the process of quantum reduction, showing how the debates within the scientific community and the pseudoscientific drifts in mass culture are closely intertwined.

  1. Intro

Nell’ambito della cosiddetta “popular science”, la meccanica quantistica rappresenta di gran lunga il tema più attraente per il vasto pubblico. L’interesse nei confronti dei paradossi del mondo quantistico e dei problemi aperti riguardo l’interpretazione filosofica dei suoi risultati ha favorito la pubblicazione di numerosi best-seller di divulgazione della fisica, oltre a occupare con inusitata frequenza le copertine di riviste come Scientific American o New Scientist. Tuttavia, questo interesse da parte del grande pubblico, in assenza di una solida preparazione scientifica sui temi trattati, data la complessità della fisica teorica contemporanea e del suo impianto matematico, ha favorito anche l’emergere di numerose concezioni al limite della pseudoscienza, che ne alimentano, se possibile, ulteriormente l’appeal per i profani. Queste concezioni rientrano nell’ampia categoria del cosiddetto “misticismo quantistico”.

Il misticismo quantistico ha una storia lunga quanto la storia della fisica quantistica, perché di fatto nasce con i primi dibattiti tra i padri fondatori della disciplina, nei primi anni del Novecento. In questo articolo, la mia analisi si concentra su uno dei temi cardini del misticismo quantistico, la “coscienza quantica”, vale a dire la credenza che la meccanica quantistica presenti una visione non-dualistica della realtà e suggerisca un ruolo determinante della coscienza umana nel forgiare la realtà esteriore. Possiamo ricostruire la genealogia e la storia di queste concezioni dividendole in quattro fasi o “stagioni”, evidenziando per ciascuna di essa lo stretto legame tra le idee emerse nell’ambito della comunità scientifica e i relativi riflessi nell’ambito della pseudoscienza. L’analisi esposta in quest’articolo permette dunque di approfondire lo stretto, indissolubile legame tra formazione della conoscenza scientifica e diffusione di concezioni pseudoscientifiche.

 

  1. La prima stagione: il problema della misura

L’origine del dibattito risale al problema della misura, il principale problema aperto nell’ambito della filosofia della fisica riguardo l’interpretazione della meccanica quantistica. La questione è legata alla natura del collasso della funzione d’onda, ossia la soluzione dell’equazione di Schrödinger che descrive l’evoluzione nel tempo di uno stato quantistico (per esempio, una particella subatomica). L’equazione di Schrödinger descrive in modo deterministico la dinamica di un sistema quantistico finché esso non viene misurato da un apparato sperimentale; l’atto della misura produce un collasso o “riduzione” dei diversi possibili valori del sistema, originariamente in uno stato di sovrapposizione quantistica, a un singolo parametro (“osservabile”), in modo probabilistico. Nell’interpretazione tradizionale detta di Copenaghen, perché sostenuta in particolare dal danese Niels Bohr, l’atto della misura gioca un ruolo determinante nella transizione dal reame quantistico – dove la sovrapposizione quantistica tra i diversi stati di un sistema è la norma – a quello macroscopico, dove esiste solo uno dei possibili stati. In quest’ottica, la funzione d’onda è un concetto astratto che rappresenta la densità di probabilità della misurazione. Ciò che cambia, con la misura, è la conoscenza del sistema dal punto di vista dell’osservatore (sperimentatore). Nell’interpretazione di Copenaghen, in assenza di una misurazione non è possibile affermare nulla riguardo il sistema quantistico in esame.

Con la formulazione matematica della meccanica quantistica operata nel 1932 da John von Neumann, il problema fu rivisto in un’altra ottica. Rigettando l’ipotesi, allora in voga, della possibile esistenza di “variabili nascoste” in grado di spiegare il collasso della funzione d’onda senza attribuire un ruolo determinante all’osservatore, von Neumann di fatto assiomatizzava l’inscindibilità tra riduzione quantistica e ruolo dell’osservatore. Successivamente, Eugene Wigner mise in discussione l’interpretazione di Copenaghen proponendo un esperimento mentale noto come il paradosso dell’amico di Wigner, che mostrava come il famoso paradosso del gatto di Schrödinger (anch’esso introdotto per enfatizzare le contraddizioni dell’interpretazione classica) giungesse alla reductio ad absurdum di avere un osservatore (nel caso di Wigner, un essere umano) in uno stato di sovrapposizione quantistica che naturalmente non si sperimenta nella realtà. Mentre Schrödinger risolveva in parte il suo paradosso ipotizzando che un qualsiasi dispositivo di misura (nel suo caso, un contatore Geiger) fosse sufficiente a provocare il collasso, per Wigner il paradosso dimostrava che solo un osservatore dotato di coscienza è in grado di produrre il passaggio dalla sovrapposizione quantistica alla realtà deterministica che osserviamo. Ciò lo spinse a sostenere che

the very study of the external world led to the scientific conclusion that the content of the consciousness is an ultimate reality[1].

 

Oggi si parla di “interpretazione di von Neumann-Wigner” per riferirsi all’interpretazione della meccanica quantistica che assegna un ruolo determinante alla coscienza (vale a dire alla mente) dell’osservatore. Ma, sebbene tale interpretazione sia emersa solo verso la metà del secolo scorso, quest’idea era già presente nei dibattiti dei pionieri della fisica quantistica all’inizio del Novecento. Tra i motivi che spinsero i fisici a rigettare suggestioni riguardo un’interpretazione che attribuisse troppo valore alla coscienza c’era il timore di una deriva “spiritualista”, che Albert Einstein liquidò con queste parole:

The mystical trend of our time, which shows itself particularly in the rampant growth of the so-called Theosophy and Spiritualism, is for me no more than a symptom of weakness and confusion[2].

 

Negli anni Venti e Trenta del secolo scorso, il pensiero europeo stava riscoprendo il misticismo orientale, in particolare attraverso le opere di Arthur Schopenhauer. Sia Bohr che Wolfgang Pauli furono influenzati dal pensiero buddista e taoista; Pauli, soprattutto, si persuase che il ruolo peculiare dell’osservatore suggerito dalla fisica quantistica «was presented philosophically by mystics and studied scientifically by psychologists. With the advent of quantum mechanics, physicists would then be able to unify both approaches»[3]. Nel suo libro Space, Time and Gravitation (1920), Sir Arthur Eddington scrisse che

all through the physical world runs [an] unknown content, which must surely be the stuff of our consciousness[4].

 

Alcuni anni dopo, in The Nature of the Physical World (1929), affermò ancora più esplicitamente che

the stuff of the world is mind-stuff. Matter and fields of force of former physical theory are altogether irrelevant—except in so far as the mind-stuff has itself spun these imaginings[5].

 

  1. La seconda stagione: l’universo partecipativo

Il secondo revival dell’argomento della coscienza quantica avviene negli anni Settanta. Lo spirito del tempo era nel frattempo cambiato: la Teosofia che tanto preoccupava Einstein aveva ceduto il passo alla New Age e al misticismo dell’Età dell’Acquario[6]. Il denominatore comune restava comunque il misticismo orientale. George Weismann, uno studente di fisica all’Università della California a Berkeley, dichiarò di aver avuto un’esperienza mistica nel 1974 in seguito alla morte del padre, che lo convinse ad abbandonare la sua precedente visione materialista per studiare il buddismo e leggere testi come «Tempo, spazio e conoscenza: una nuova visione della realtà, uno studio del pensiero tibetano dell’accademico americano Tarthang Tulku»[7]. Queste letture e i riferimenti culturali all’Oriente influenzarono profondamente i membri del Fundamental Fysks Group, un gruppo di studenti (tra i quali Weismann) e docenti di fisica californiani che nel ‘74 si formò a Berkeley con lo scopo di investigare il modo in cui i paradossi della meccanica quantistica potessero spiegare fenomeni paranormali come telepatia, telecinesi e chiaroveggenza. I membri del gruppo facevano sul serio: uno di loro, Fred Alan Wolf, docente al San Diego State College, incontrò durante un anno sabbatico nel 1971 il fisico teorico David Bohm a Londra, dov’egli allora insegnava, dopo essere stato prima in India e in Nepal a sperimentare presunte esperienze extracorporee in un tempio buddista. Wolf, attratto da alcune idee eterodosse di Bohm, uno dei pionieri della seconda generazione della meccanica quantistica, lo convinse a condurre esperimenti sul celebre medium Uri Geller per testare le sue presunte abilità di telecinesi[8].

Successivamente, alcuni membri del Fundamental Fysks Group decisero di istituire un secondo centro di ricerca indipendente a San Francisco, il Physics/Consciousness Research Group (PCRG), focalizzato sul ruolo della coscienza nella meccanica quantistica. Nella sintesi di uno dei suoi animatori, Jack Sarfatti, l’obiettivo del PCRG era di «stimolare la ricerca filosofica nella fisica quantistica allo scopo di incrementare il benessere dei popoli della civiltà moderna, degli animali e delle piante»[9]. Successivamente noto per il suo libro di divulgazione Space-Time and Beyond pubblicato nel 1975 con Bob Toben e Fred Alan Wolf, Sarfatti pubblicò quello stesso anno un articolo dal titolo The Physical Roots of Consciousness in un volume curato da Jeffrey Mishlove, The Roots of Consciousness: Phsychic Liberation Through History, Science and Experience, destinato a un certo successo (l’ultima edizione aggiornata è del 1997). In quell’articolo, in cui si focalizzava in particolare sul cosiddetto paradosso EPR dell’entanglement quantistico, che mette in discussione il principio di località su cui si basa la fisica deterministica, e su cui si concentravano tanto le ricerche di David Bohm quanto quelle, più eterodosse, del PRCG, Sarfatti proclamava trionfante:

We actually have the power to create the physical world. The quantum theory is the child of classical “objective” science. Quantum theory forces a new kind of logic in science that is still mathematical and disciplined. Quantum reality is not an excuse for nihilism but demands even greater levels of personal responsibility. You do count in the universe! You are not simply a mite on a speck of dust in an alienated cosmos. That is bad physics[10]!

 

Sarfatti si riferiva in particolare a un nuovo tipo di interpretazione tanto della meccanica quantistica quanto del cosiddetto “principio antropico”, il problema cioè del perché l’universo sembra possedere valori nei suoi parametri fondamentali “fatti apposta” per ospitare la vita complessa[11]. Nel 1974 il fisico teorico John Archibald Wheeler, influenzato dalle idee del suo collega Eugene Wigner a Princenton, presentò in un simposio a Oxford la sua proposta di “universo partecipativo”:

Abbiamo imparato che anche per osservare un oggetto minuscolo come un elettrone (…)dobbiamo installare un dispositivo impostato per misurare la posizione o inserire un altro dispositivo impostato per misurare la quantità di moto. Ma l’installazione del primo impedisce l’inserimento dell’altro. Noi stessi dobbiamo decidere cosa fare. E qualunque sia la nostra decisione, essa ha un effetto imprevedibile sul futuro di quell’elettrone. A questi livelli, il futuro dell’universo non resta immutato. Siamo noi a cambiarlo. Siamo quindi costretti a depennare il vecchio termine «osservatore» e sostituirlo con una nuova parola, «partecipatore». In qualche strana maniera il principio quantistico ci dice che noi abbiamo a che fare con un universo partecipativo[12].

 

Quella di Wheeler era una proposta radicale per risolvere il problema dal principio antropico. Benché per nulla interessato al misticismo orientale, alla New Age e ai fenomeni paranormali, Wheeler fu trasformato suo malgrado nell’eroe dei sostenitori della coscienza quantica. Un altro dei membri del Fundamental Fysiks Group, Fritjof Capra, autore del best-seller mondiale Il Tao della fisica (1975), vide nella proposta di Wheeler l’auspicato abbattimento del muro che tradizionalmente separa, nella cultura occidentale, res cogitans e res extensa, a favore di una visione non-dualistica della realtà in linea con la mistica induista e buddista che propone l’unità di tutte le cose:

La fisica moderna, naturalmente, opera in un contesto molto diverso e non può andare così lontano nell’esperienza dell’unità di tutte le cose. Tuttavia essa ha compiuto, con la teoria atomica, un grande passo avanti verso la concezione del mondo dei mistici orientali. La meccanica quantistica ha abolito la nozione di oggetti fondamentalmente separati, ha introdotto il concetto di partecipatore in sostituzione di quello di osservatore e può darsi persino che ritenga necessario includere la coscienza umana nella descrizione del mondo[13].

 

 

 

  1. La terza stagione: verso l’anima quantica

La terza stagione dell’argomento della coscienza quantica ha luogo negli anni Novanta. Il nuovo revival è reso possibile dalla proposta del fisico e matematico Sir Roger Penrose e del neurofisiologo Stuart Hameroff nota come “modello Orch OR”. Nel 1989 Penrose pubblicava La mente nuova dell’imperatore, la cui tesi di fondo è l’impossibilità di realizzare il sogno di un’intelligenza artificiale “forte” o “generale”, dotata cioè di autoconsapevolezza e in grado di eguagliare i processi mentali umani, a causa del fatto che il cervello umano è irriducibile alla logica su cui si fondano i computer. Laddove infatti la mente umana è capace di risolvere problemi cosiddetti indecidibili, vale a dire problemi che non possono essere risolti attraverso procedimenti algoritmici, i computer sono in grado di risolvere solo problemi decidibili o computabili, per i quali cioè esiste un algoritmo di soluzione. Nel tentativo di comprendere cosa rende il cervello umano così diverso da un elaboratore elettronico, Penrose suggeriva che il segreto si cela nella meccanica quantistica, e in particolare nel problema irrisolto della misura.

L’interpretazione di Penrose del problema della misura non ha però nulla a che vedere con quella di von Neumann-Wigner. Egli è infatti convinto assertore dell’esistenza di un meccanismo di riduzione oggettiva dello stato quantistico in natura, che non richiede alcun ruolo determinante dell’osservatore. Proposte del genere sono state avanzate più volte in passato; quella di Penrose implica che la forza gravitazionale, generalmente ignorata in meccanica quantistica per via della sua debolissima interazione con sistemi microscopici, abbia invece un ruolo decisivo nel produrre il collasso della funzione d’onda. Tale collasso non avrebbe nulla di astratto: un sistema quantistico in sovrapposizione, infatti, genererebbe una diversa distribuzione di massa in grado di influire sullo spazio-tempo che, per quanto minima, non può esistere in un tempo infinito. A un certo punto, l’autoenergia gravitazionale data dalla differenza tra le distribuzioni delle masse degli stati in sovrapposizione provoca il collasso, o “riduzione oggettiva” (OR, objective reduction)[14]. Per stati quantistici con masse minime, come gli atomi o le particelle subatomiche, il collasso si verifica spontaneamente dopo molti milioni di anni, ma per oggetti molto massici il collasso avviene nella scala del tempo di Planck; ciò spiega perché il mondo macroscopico appare privo di correlazione quantistiche.

Ciò che lega questa proposta al problema della coscienza quantica è il fatto che l’indeterminazione caratteristica del mondo quantistico, che rende indecidibile lo stato di un sistema quantistico finché non si verifica la sua riduzione, spiegherebbe la peculiarità della coscienza umana.

Consciousness results from discrete physical events; such events have always existed in the universe as non-cognitive, proto-conscious events, these acting as part of precise physical laws not yet fully understood. Biology evolved a mechanism to orchestrate such events and to couple them to neuronal activity, resulting in meaningful, cognitive, conscious moments and thence also to causal control of behavior. These events are proposed specifically to be moments of quantum state reduction (intrinsic quantum “self-measurement”). Such events need not necessarily be taken as part of current theories of the laws of the universe, but should ultimately be scientifically describable.[15]

 

Quest’ipotesi, così riassunta nel brano sopra citato, non appare nell’originale proposta di Penrose; è infatti il frutto della collaborazione che nasce con il neurofisiologo americano Stuart Hameroff negli anni Novanta, allorquando Hameroff, dopo aver letto il testo di Penrose, suggerisce che il meccanismo di riduzione che secondo Penrose avviene nel cervello umano si verifichi nei microtubuli, strutture polimeriche a forma cilindrica dal diametro di pochi nanometri che si auto-assemblano a formare il citoscheletro delle cellule. Nei neuroni, i microtubuli sono particolarmente diffusi e stabili, dal momento che i neuroni, rispetto alle altre cellule, non sono soggetti a mitosi, il che spingerebbe i microtubuli a disassemblarsi e riassemblarsi continuamente[16]. Hameroff citava esperimenti di anestesiologia che spiegano la perdita di conoscenza dei pazienti come l’effetto dell’interferenza dell’anestetico con i processi che avvengono nei microtubuli. Secondo la sua teoria, dunque, i dipoli elettrici delle tubuline consentirebbero una sorta di computazione binaria on/off (bit), con una capacità di processamento dell’informazione pari a 1016 operazioni per secondo per neurone[17]. La sovrapposizione quantistica nei dipoli – in particolari degli spin atomici – permetterebbe di ottenere una computazione di tipo quantistico (qubit). La riduzione quantistica all’interno dei microtubuli seguirebbe, secondo Hameroff, la OR di Penrose: la selezione naturale avrebbe favorito l’emergere, nel cervello umano e probabilmente in quello di altri animali, di un processo controllato (“orchestrato”) di riduzione, grazie al quale il cervello è in grado di produrre informazione cognitiva dal collasso dello stato quantistico rispetto a quanto avviene in modo naturale nel resto dell’universo. Ciò dipenderebbe dal fatto che il cervello assicura un adeguato isolamento dei microtubuli neuronali dall’ambiente esterno, riducendo il problema della decoerenza che affligge i tentativi di mantenere in stato di entanglement stati quantistici per un tempo adeguato. Questo processo quantistico, che si verificherebbe nel cervello e da cui emergerebbe la coscienza, è stato battezzato da Hameroff e Penrose con il termine riduzione oggettiva orchestrata (Orch OR, orchestrated objective reduction).

Tale modello ha goduto di ampia popolarità al di fuori della comunità scientifica sia grazie al successo dei libri di Penrose (dopo La mente nuova dell’imperatore, nel 1994 fu pubblicato Ombra della mente che esponeva in dettaglio la nuova teoria), che attraverso i seminari Toward a Science of Conscioussness organizzati annualmente da Hameroff all’Università di Arizona, dove dal 1994 dirige il Center for Consciousness Studies. La proposta ha raccolto anche molte critiche, sia da fisici che da neuroscienziati. Tra le obiezioni principali, quella avanzata dal fisico e matematico Max Tegmark è nota come l’argomento warm, wet and noisy, perché fa riferimento al fatto che in un cervello animale non è possibile ottenere nessun tipo di isolamento dall’ambiente esterno per impedire la decoerenza, essendo troppo caldo (warm), umido (wet) e rumoroso (noisy)[18]. Tra i più celebri sostenitori del modello Orch OR c’è invece Deepak Chopra, fisico americano di origine indiane tra i principali esponenti contemporanei della New Age. Chopra sostiene che la proposta di Hameroff e Penrose abbia molti tratti in comune con il concetto di Vedanta presente nell’Upanisad, che prevede una sorta di universo auto-cosciente in cui non c’è distinzione tra materia e spirito, tra mondo esterno e coscienza[19]. Oltre a essere un ospite fisso dei seminari di Hameroff, Chopra ha collaborato con lui nel 2012 firmando un articolo dal titolo The “Quantum Soul”: A Scientific Hypothesis, incluso nel volume Exploring Frontiers of the Mind-Brain Relationship edito da Springer. Nell’articolo, Chopra e Hameroff analizzano fenomeni come le esperienze pre-morte e le esperienze extracorporee, generalmente considerate pseudoscienza, sostenendo che, dal momento che il modello Orch OR implica che la coscienza sia una proprietà fondamentale dell’universo, generata da fenomeni che avvengono su scala quantistica in ogni punto dello spazio-tempo; ne deriva che la coscienza può sopravvivere all’esperienza mortale degli esseri umani[20]. Ciò li spinge a proporre il concetto di “anima quantistica”:

We conclude the concept of a “quantum soul” is scientifically plausible. The “quantum soul” implies consciousness in the brain as described by Orch OR, as well as nonlocal features including: 1. Interconnectedness via entanglement among living beings and the universe 2. Contact with cosmic wisdom/Platonic values embedded as quantum information in fundamental space-time geometry 3. Consciousness as patterns in nonlocal fractal/holographic-like space-time geometry, able to exist at deeper planes and scales independent of biology[21].

 

  1. La quarta stagione: i poteri della mente quantica

Si può far risalire l’inizio della quarta e più recente stagione dell’argomento della coscienza quantica al successo del film-documentario americano del 2004 What the Bleep Do We Know?! prodotto dalla Ramtha’s School of Enlightenment, una setta New Age fondata nel 1994 dalla sedicente contattista J.Z. Knight (pseudonimo di Judith Darlene Hampton) per diffondere le conoscenze acquisite attraverso il suo contatto telepatico con Ramtha, un antico guerriero di Lemuria. Il messaggio del film si riferisce sostanzialmente all’ipotesi che la mente umana possieda poteri nascosti in grado di creare e modificare la realtà. Vincitore di diversi premi a festival cinematografici indipendenti, a dispetto del suo basso budget il documentario ha guadagnato oltre 10 milioni di dollari nei cinema americani ed è uscito in seguito in DVD in tutto il mondo. What the Bleep Do We Know?! presenta una serie di interviste a scienziati ed esponenti della New Age a sostegno dell’idea che la meccanica quantistica consenta alla coscienza umana di influenzare il tessuto stesso della realtà. Nel documentario appaiono sia Hameroff che Chopra, insieme all’ex esponente del Fundamental Fysiks Group Fred Alan Wolf, a membri della Ramtha’s School of Enlightenment, a scienziati e accademici, alcuni dei quali hanno successivamente preso le distanze, sostenendo che le loro interviste siano state tagliate in fase di montaggio per adattarsi al messaggio del film (è il caso del noto filosofo della fisica David Albert)[22].

Nel film compare anche John Hagelin, presidente della Maharishi International University, fondata nel 1973 dal guru di origini indiane ed ex professore di fisica Maharishi Mahesh Yogi per diffondere a livello internazionale il movimento della meditazione trascendentale (TM, Trascendental Meditation). Ex fisico coinvolto in ricerche sulla teoria delle stringhe e sulla supersimmetria, Johh Hagelin rappresenta il volto più celebre della TM a livello mondiale dopo la morte di Maharishi Mahesh Yogi. In seguito al dottorato conseguito a Harvard, Hagelin iniziò a lavorare prima al CERN e poi allo Stanford Linear Accelerator fino al 1983, quando assunse la direzione del dipartimento di fisica della Maharishi University (sebbene fosse già dal 1975 un insegnante certificato di TM). Anche in seguito Hagelin ha continuato a lavorare ai suoi temi di ricerca insieme a fisici teorici rinominati come John Ellis (con il quale ha firmato nel 1984 un articolo che ha ottenuto fino a oggi migliaia di citazioni). In una serie di articoli pubblicati sul Journal of Modern Science and Vedic Science – la rivista “scientifica” della Maharishi University – Hegelin presentò negli anni Ottanta la sua ipotesi secondo cui la teoria di campo unificata della supersimmetria coinciderebbe con la proposta di Maharishi Mahesh Yogi dell’esistenza di un Campo Unificato della Coscienza, nel quale la coscienza appare come proprietà fondamentale dell’universo[23]. Hagelin è anche sostenitore dell’ipotesi secondo la quale attraverso la meditazione trascendentale sia possibile entrare in contatto con tale campo, e che pertanto la pratica della TM permetterebbe di produrre effetti evidenti su scala macroscopica come guarigioni e miglioramenti del benessere psicologico collettivo (il cosiddetto “effetto Maharishi”, che tuttavia non è mai stato dimostrato sperimentalmente, a dispetto di quanto affermino gli esponenti della TM)[24].

What the Bleep Do We Know?! ha successivamente ispirato un altro film-documentario, Il Segreto (2006), e il relativo libro best-seller, entrambi prodotti dalla produttrice australiana Rhonda Byrne. Solo negli Stati Uniti, il DVD del documentario ha venduto oltre 4 milioni di copie e il libro 7 milioni, ricevendo anche un entusiastico endorsement dalla conduttrice televisiva Oprah Winfrey. Anche qui vengono presentati temi riguardo il campo di coscienza quantistica e compaiono personaggi come John Hagelin e Fred Alan Wolf. Ma il documentario va oltre: laddove What the Bleep Do We Know?! aveva come obiettivo quello di imitare il fortunato filone della divulgazione scientifica, pur attraverso l’uso di un’esplicita narrazione pseudoscientifica, Il Segreto trae la sua ispirazione dall’ampia pletora di tecniche di self-help e dalla filosofia del New Thought, che promuove un concetto noto come “legge di attrazione”, spacciato per legge scientifica, basato sull’idea che attraverso i pensieri positivi sia possibile ottenere risultati positivi nella vita[25].

L’attuale stagione della coscienza quantica è caratterizzata da una pletora di pubblicazioni pseudoscientifiche che tentano di replicare il successo dei libri di Deepak Chopra (in particolare riguardo la “guarigione quantica”, un concetto coniato da Chopra) e di fenomeni mediatici come What the Bleep Do We Know?! e Il Segreto. Siti web, libri, riviste tematiche e seminari come Science and Nonduality – organizzato in diverse parti del mondo, con la partecipazione di speaker che spaziano dai fisici ai filosofi, dai maestri Yoga ai guru New Age – godono di crescente popolarità. La comunità di riferimento è composta principalmente da sedicenti “ricercatori indipendenti” nel campo della coscienza quantica, che lavorano generalmente nel loro tempo libero: spesso sono professionisti in pensione, ingegneri o informatici, che hanno fatto del tema della coscienza quantica una sorta di hobby[26]. In Italia ha raccolto qualche successo il libro di Fabrizio Coppola Il segreto dell’universo, edito per la prima volta nel 2002 e successivamente ripubblicato dall’editore L’Età dell’Acquario in diverse edizioni e ristampe. Ex ricercatore all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, nel suo libro Coppola riassume fondamentalmente le tesi di Hagelin. La rivista italiana Scienza e conoscenza, fondata nel 2002 come edizione italiana dell’americana The Golden Thread pubblicata dalla Ramtha’s School of Enlightenment, e dal 2004 rivista indipendente edita dal gruppo editoriale Macro specializzato in scienza e medicina alternativa, misticismo e filosofia New Age, ha una tiratura di 10.000-15.000 copie per numero (trimestrale) e pubblica anche numeri monografici con titoli quali Coscienza quantica o La mente e la medicina quantistica. La città di Bologna ospita la sede dello European Quantum Activism, un’organizzazione no-profit legata al Center for Quantum Activism fondato negli Stati Uniti dal fisico teorico Amit Goswami, che compare anche in What the Bleep Do We Know?! ed è autore di titoli come Guida quantica all’illuminazione o The Quantum Doctor: A Quantum Physicist Explains the Healing Power of Integral Medicine (2004, con una prefazione di Deepak Chopra).

Come si è visto in precedenza, tutte le stagioni del dibattito sulla coscienza quantica hanno coinvolto non solo esponenti della pseudoscienza o del misticismo, ma anche membri della comunità scientifica. Anche in questo caso non mancano fisici teorici di punta impegnati nel dibattito. È il caso di Henry Stapp, oggi in pensione, in precedenza dirigente di ricerca al Lawrence Berkeley National Laboratory. Stapp prese parte negli anni Sessanta ai lavori del Fundamental Fysiks Group e collaborò con John Wheeler, studiando l’interpretazione di von Neumann-Wigner, tanto che oggi in alcuni testi di divulgazione si usa a volte parlare di “interpretazione di Stapp” della meccanica quantistica per riferirsi al ruolo della coscienza nel processo di riduzione. Tra gli altri nomi che affrontano la questione figurano Bruce Rosenblum e Fred Kuttner, fisici all’Università della California a Santa Cruz e autori del libro The Quantum Enigma: Physics Encounters Consciousness (2006). Con il titolo “Quantum Enigma”, i due fisici hanno tenuto dal 1988 un corso preparatorio per matricole alla UCSC, parte dei corsi obbligatori introduttivi al metodo scientifico proposti dalla Committee on Educational Policy dell’università. Il corso ha goduto di grande popolarità finché nel 2006 l’uscita del libro attirò l’attenzione di un docente della facoltà di fisica della UCSC che ne criticò l’approccio, considerando “fuorviante” il loro insegnamento dei fondamentali della meccanica quantistica. Nel 2008 si insediò una sottocommissione di quattro membri della facoltà per indagare sul corso di Rosenblum e Kuttner, che chiese ai due docenti di rivederne modalità e contenuti. I due decisero di appellarsi alla commissione per la libertà accademica della UCSC, che diede loro ragione consentendogli di continuare il corso nei semestri successivi, mentre il dipartimento decise di mettere in programma un corso integrativo, tenuto da un altro professore, sulle interpretazioni della fisica quantistica. L’ultima edizione del corso di Rosenblum e Kuttner si è tenuta nel 2011.

 

  1. Conclusioni

A difesa del loro approccio eterodosso, Rosenblum e Kuttner sostengono che l’approccio pragmatico e l’attitudine antifilosofica nei confronti delle interpretazioni della meccanica quantistica da parte di molti fisici non sia sufficiente a contrastare la pseudoscienza. Il pubblico si interessa alla scienza perché ritiene che la scienza abbia qualcosa da dire sulla realtà e percepisce la meccanica quantistica come qualcosa di enigmatico, pur non riuscendo a comprenderla in pieno. Se dunque i fisici insistono nel sostenere che la meccanica quantistica sia solo calcolo e non contenga nessun significato riguardo la realtà, il pubblico cercherà altrove le sue spiegazioni, cadendo nella trappola della pseudoscienza. Rosenblum e Kuttner difendono pertanto un approccio divulgativo che parta dai temi che attraggono il pubblico, inclusi gli studenti del primo anno di università, per fornire loro gli strumenti metodologici in grado di distinguere la filosofia della fisica dal misticismo quantistico[27].

La loro argomentazione è piuttosto persuasiva. L’interesse sempre crescente nei confronti della fisica contemporanea da parte dei non addetti ai lavori si spiega con il desiderio di trovare risposte alle grandi domande; il pubblico oggi è consapevole che queste risposte provengono dalla scienza, anziché dalla religione o da altre credenze del passato. La pseudoscienza, dunque, come ha fatto notare lo storico della scienza Michael Gordin, non è un sintomo preoccupante, ma un segno dell’ottimo stato di salute del pensiero scientifico, perché il pubblico ormai quasi unanimemente riconosce che solo la scienza può fornire quelle risposte[28]. Un approccio divulgativo più orientato ad andare incontro alle aspettative del pubblico da parte degli scienziati, che non escluda ma anzi accolga positivamente l’apporto della filosofia e della storia della scienza, può senza dubbio arginare la diffusione della pseudoscienza. Peraltro, come abbiamo visto, le quattro stagioni dell’argomento sulla coscienza quantica vedono uno stretto rapporto tra dibattito interno alla comunità scientifica e l’emergere di concezioni pseudoscientifiche nella fase di ricezione da parte della cultura di massa. Questo stretto legame tra scienza e “popular science” implica un’assunzione di responsabilità da parte degli stessi scienziati per una migliore divulgazione che tenga conto, grazie all’apporto di storici, filosofi, sociologi, delle categorie concettuali e delle mentalità collettive del pubblico, affinché la deriva pseudoscientifica non diventi una giustificazione per respingere ogni ulteriore riflessione sulle profonde implicazioni filosofiche della scienza moderna.


[1] E. P. Wigner, Remarks on the mind-body question, in J.E. Good (a cura di), The Scientist Speculates, Heinemann, London 1961.

[2] A. Einstein, Albert Einstein, The Human Side, Princeton University Press, Princeton 1981, p. 40.

[3] J.M. Marin, ‘Mysticism’ in quantum mechanics: the forgotten controversy, in «European Journal of Physics», 30, 2009, p. 810.

[4] A.S. Eddington, Space, Time and Gravitation, Cambridge University Press, Cambridge 1920, p. 200.

[5] A.S. Eddington, The Nature of the Physical World, Macmillian, New York 1929, p. 276.

[6] M. Marin, op. cit., p. 807; cfr. anche, sullo slittamento del rapporto tra meccanica quantistica e misticismo orientale: J. Bricmont, Quantum Sense and Nonsense, Springer, Cham (Svizzera) 2017, pp. 214-217.

[7] D. Kaiser, Come gli hippie hanno salvato la fisica (2011), tr. it. Castelvecchi, Roma 2012, p. 104.

[8] D. Kaiser, op. cit., pp. 88-90.

[9] Ibid., p. 111.

[10] J. Sarfatti, The Physical Roots of Consciousness, in J. Mishlove (a cura di), The Roots of Consciousness, Random House, New York 1975.

[11] Cfr. J.D. Barrow, F.J. Tipler, Il principio antropico (1986), tr. it. Adelphi, Milano 2002.

[12] La citazione è in D. Kaiser, op. cit., p. 92; e in F. Capra, Il Tao della fisica (1975), tr. it. Adelphi, Milano 200616, p. 161.

[13] F. Capra, op. cit., p. 162.

[14] R. Penrose, La mente nuova dell’imperatore (1989), tr. it. BUR, Milano 20043, pp. 467-473.

[15] S. Hameroff, R. Penrose, Orchestrated reduction of quantum coherence in brain microtubules: A model for consciousness, in «Mathematics and computers in simulation», 40, 1996, pp. 453-480.

[16] R. Penrose, Shadows of the Mind: A Search for the Missing Science of Consciousness, Oxford University Press, Oxford 1994, pp. 357-367.

[17] S. Hameroff, R. Penrose, Consciousness in the universe: A review of the ‘Orch OR’ theory, in «Physics of Life Reviews», 11, 2014, pp. 39-78.

[18] M. Tegmark, Importance of quantum decoherence in brain processes, in «Physical Review E», 61, 2000, pp. 4194-4206.

[19] D. Chopra, Reality and consciousness: A view from the East. Comment on “Consciousness in the universe: A review of the ‘Orch OR’ theory” by Stuart Hameroff and Roger Penrose, in «Physics of Life Reviews», 11, 2014, pp. 81-82.

[20] Queste tesi vengono riproposte da Robert Lanza con la sua teoria del Biocentrismo. Cfr. R. Lanza, B. Berman, Biocentrismo (2009), tr. it. Il Saggiatore, Milano 2015.

[21] S. Hameroff, D. Chopra, The “Quantum Soul”: A Scientific Hypothesis, in A. Moreira-Almeida, F. Santana Santos (a cura di), Exploring Frontiers of the Mind-Brain Relationship, Springer-Verlag, New York 2012, pp. 79-93.

[22] E. Gazzola, Il mondo quantistico. Errate interpretazioni, teorie improbabili e bufale quantiche, C1V Edizioni, Roma 2017, p. 170.

[23] J. Hagelin, Is Consciousness the Unified Field? A Field Theorist’s Perspective, in «Modern Science and Vedic Science», 1, 1987, pp. 29-87.

[24] E. Gazzola, op. cit., p. 187.

[25] C.L. Cochran, Quantum Consciousness and the Search for a New Paradigm: How Science Can Be Spiritual, tesi di dottorato inedita, Università della California a Santa Cruz 2017, p. 58.

[26] Ibid., p. 28.

[27] C.L. Cochran, op. cit., p. 78.

[28] M.D. Gordin, The Pseudo-Science Wars: Immanuel Velikovsky and the Birth of the Modern Fringe, The University of Chicago Press, Chicago-Londra 2012, p. 209.

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