S&F_scienzaefilosofia.it

M. Tamborini – Entgrenzung. Die Biologisierung der Technik und die Technisierung der Biologie [Felix Meiner Verlag, Amburgo 2022]

Il testo di Marco Tamborini è uscito nel 2022 in Germania per i tipi di Felix Meiner, e ha anzitutto il pregio di essere una lettura agile, nonostante la complessità delle questioni trattate, la diversità delle discipline considerate, nonché il numero delle prospettive, degli autori e degli esempli inclusi.
Infatti, Tamborini attraversa la biologia, le biotecnologie, l’ingegneria, la robotica, la paleontologia, il design e l’architettura, ne ripercorre la storia più recente e ne segue gli sviluppi più avanzati, avendo particolarmente cura per lo sviluppo – sia in sede di considerazione teorica che pratica – delle tecnologie impiegate da ognuna. È d’altronde la questione della tecnologia, o più precisamente della tecnica, la leva con cui il testo solleva le questioni decisive per l’intero percorso. Attenzione però: lo scopo non è quello di una rassegna delle possibilità tecniche, strumentali e pratiche che le scienze hanno oggi. Piuttosto, l’utilizzo di queste, e le relative riflessioni, sono il banco di prova per affrontare per l’appunto delle domande di importanza fondamentale: che rapporto vige tra tecnica e natura? In quale relazione sono la pratica e la teoria? Come si comportano le varie discipline tra loro? Che cosa significa – e come è stata storicamente intesa – la nozione di forma? Lo scopo di Tamborini è quindi proprio quello di fare ordine entro queste questioni, e il metodo è quello di considerarle all’interno dello sviluppo delle discipline citate, nel gioco reciproco tra prassi e riflessione teorica.
Inoltre, la domanda sulla nozione di forma è l’altro polo che traccia idealmente il percorso del lavoro di Tamborini, e che definisce la risposta alle domande precedenti. La maniera di intendere questa ha infatti declinato il modo di comprende sia la relazione tra la tecnica e la natura, sia quella tra la pratica e la teoria. Ma ha anche deciso dell’atteggiamento delle varie discipline tanto nel confronto con l’utilizzo della tecnologia, quanto in relazione alle altre discipline più o meno prossime: è la nozione di forma che avvicina prospettive a prima vista così lontane come quella della biologia e dell’architettura. E con ciò, l’ordine e la dimensione delle questioni, le quali appartengono non soltanto alla storia delle scienze, ma anzitutto anche alla filosofia, si determinano più nello specifico entro l’ambito della morfologia. È soprattutto all’interno di questa che si delineano il merito e i risultati del testo dell’autore.
La formulazione della morfologia risale ai lavori scientifici di Johann Wolfgang von Goethe, la cui fortuna è stata quanto meno alterna. Ciò anche e soprattutto per gli sviluppi nella biologia della prospettiva dell’evoluzionismo, fino alla più moderna sintesi dell’Evo-Devo, che ha poi oscurato il contributo di Goethe per via della considerazione di lui come mero anticipatore – e pertanto poi inevitabilmente superato – di ciò che più tardi sarebbe stato meglio elaborato appunto con l’evoluzionismo. All’orizzonte della morfologia sono da inscrivere però, cosa che Tamborini non manca di fare, così come non manca di riferirsi alle radici goethiane della morfologia, anche i contributi di autori fondamentali come quelli, tra gli altri, di D’Arcy Thompson e Stephan J. Gould. Per comprendere il merito specifico di Tamborini, interessa soprattutto ricordare come negli ultimi anni, soprattutto in Germania, ma anche in Italia (si pensi per esempio ai lavori di Francesco Moiso per la storia della filosofia, e di Federico Vercellone per l’estetica), sia stato riscoperto il valore originale e autonomo dell’impostazione di Goethe, e in questa direzione, come questa riscoperta abbia corrisposto all’esigenza di elaborare, sulla scorta della morfologia, un nuovo paradigma di ricerca per le più differenti discipline. Con ciò, per citare autori e discipline che Tamborini non tratta tematicamente nel suo libro, ma per proseguire e chiarire così il suo stesso lavoro, si è sottolineata l’influenza della morfologia su autori fondamentali, e insieme ribadito il valore di questi, come Aby Warburg ed Ernst Gombrich per la storia dell’arte, Ernst Cassirer e Wilhelm Dilthey per la filosofia, André Leroi-Gourhan per l’antropologia, e Franco Moretti per la storia della letteratura. Si può affermare che il lavoro di Tamborini dia un seguito proprio a queste esigenze, declinandole per un verso nella ricostruzione delle pratiche, dei rapporti reciproci, nonché delle teorie della biologia, delle biotecnologie, dell’ingegneria, della robotica, della paleontologia, del design e dell’architettura, e per un altro per approcciare quelle domande generali che sono già state esplicitate.
Pertanto, per tornare proprio alle domande precedenti, i risultati cui Tamborini conduce sono così a loro volta da intendere generalmente entro la più generale prospettiva della morfologia come studio e descrizione della forma quale dinamica continua e complessa che costituisce il vivente, dove vige il continuo gioco di implicazioni tra l’oggetto di studio, il soggetto che osserva, la storia della disciplina in cui ci si muove, il contesto della ricerca. E, in ordine, si possono così schematicamente riassumere: natura e tecnica rimandano costitutivamente e con continuità l’una all’altro, definendo ognuna la sua immagine in un gioco di specchi; allo stesso modo, teoria e pratica non si possono separare, perché il loro rapporto è quello della generazione reciproca, così che, in concreto e per proseguire la questione precedente, l’utilizzo di una tecnologia – della tecnica – offre nuove possibilità di comprendere la natura, modellare teorie e manipolare problemi; le varie discipline si comportano l’una rispetto all’altra con la circolazione inevitabile, costante e aperta di saperi e tecniche; e la forma, la cui concezione deve giustificare tutto ciò, deve essere concepita come il compito aperto del processo di costruzione dinamica di idee, di teorie, di modelli, di strutture, di oggetti, di materiali, che include più livelli e più elementi da coordinare e configurare.
Il testo di Tamborini raggiunge tutto ciò in uno spazio abbastanza breve, articolandosi in una struttura di otto capitoli: nel primo, viene affrontata la morfologia biologica del XX seco-lo, e le diverse definizioni del concetto di forma che hanno determinato quello e il seguente secolo; nel secondo, sono affrontati i fondamentali filosofici – come vengono elaborati dal botanico Raoul Heinrich Francé e dal filosofo Ernst Kapp – della bionica, vedendo come questo sapere è circolato significativamente nelle discipline architettoniche della prima metà del XX secolo; nel terzo, viene offerta l’analisi del concetto di forma di D’Arcy Thompson, e come questa abbia influenzato, di nuovo, l’architettura e le biotecnologie, e i lavori di Alan Turing; nel quarto, viene delineato il rapporto tra la tecnica e la biologia negli anni ’60 del ‘900, attraverso la biomimetica negli USA e la bionica nella Germania dopo la Seconda Guerra Mondiale; nel quinto, si concentra soprattutto sul morphospace, ossia la tecnica e prassi di visualizzazione al Computer di tutte le possibili forme di costruzione, valutando anche l’influenza di questa nella biologia e nell’architettura del tardo XX e del XXI secolo; nel sesto, in continuità con il precedente, sono trattate le conseguenze per la paleontologia e per la ricostruzione delle forme viventi a partire dai fossili, della visualizzazione informatica, e degli sviluppi tecnologici della stampante 3D, della realtà virtuale e aumentata; nel settimo, viene studiato il ruolo e il valore della tecnologia nella ricerca morfologica e biologica del XXI secolo, soprattutto per l’utilizzo della robotica, che ha consentito la formulazione non solo di nuovi metodi, ma anche e soprattutto di nuove questioni; nell’ottavo e ultimo, si considerano infine le questioni di ordine politico, economico e valoriale insite alla circolazione del sapere nel XX e XXI secolo. Infine, come conclusione di tutto questo percorso, Tamborini propone una riflessione storica e attuale, che è tanto premessa quanto insegnamento generale del suo lavoro: il sapere non può che avanzare con la sua libera circolazione e con l’apertura dei vari confini disciplinari.

Ivan Quartesan

S&F_n. 29_2023

Print Friendly, PDF & Email