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Gaston Bachelard – La formazione dello spirito scientifico – tr. it. a cura di E. Castelli Gattinara [Raffaello Cortina Editore, Milano 1995, pp. 330, € 22]


Nel 1938, a conclusione di un percorso iniziato con la tesi dottorale Essai sur la connaissance approchée del 1927, Bachelard pubblica La formation de l’esprit scientifique, con il quale giunge a compimento l’esigenza di fondare un’epistemologia che tenesse conto delle trasformazioni intervenute all’interno di quello che Bachelard, utilizzando un termine polivalente, chiama “spirito scientifico”. In questo decennio sono andati maturando elementi fondamentali che sono poi confluiti all’interno dell’opera del 1938, che segna il punto d’arrivo del suo percorso. Volendo mostrare immediatamente quelli che possono essere definiti i concetti-chiave della sua riflessione, concetti che, per certi versi, hanno rappresentato gli elementi di originalità del suo pensiero,  possiamo affermare che: a) la conoscenza scientifica non è immediata (e in questo senso, si potrebbe dire, Bachelard si oppone a Bergson come a Husserl) ma procede attraverso approssimazioni (idea questa che lo avvicina all’epistemologia francese di tradizione comtiana); b) base necessaria per ogni conoscenza che pretenda di essere scientifica è l’eliminazione del dualismo soggetto-oggetto caratteristico di un certo modo di pensare l’attività scientifica in quanto l’oggetto non esiste al di fuori della struttura teorica che lo costituisce; c) risulta fondamentale all’interno del percorso bachelardiano l’idea che il pluralismo logico-scientifico che si riscontra nelle metodologie e nelle scoperte del nuovo spirito scientifico rappresenti un sintomo fondamentale della frantumazione della ragione non solo in senso diacronico ma anche sincronico e che compito di una riflessione epistemologica debba essere quello di indagare questo fenomeno e trarne le conseguenze.

Questi lineamenti fondamentali, che denotano un’unità sistematica di ragionamento, confluiscono e si articolano, una volta giunte a maturità teorica, all’interno del testo La formation de l’esprit scientifique, definendo una modalità originale di approccio al lavoro scientifico.

Il percorso di Bachelard è volto da un lato alla comprensione di quello che egli stesso chiama nuovo spirito scientifico e dall’altro alla definizione dei compiti della filosofia nei riguardi di esso. Ma l’originalità del suo pensiero non è da ritrovarsi solamente nell’intersezione tra epistemologia e storia, lavoro questo che aveva caratterizzato l’epistemologia francese sin dalla riflessione di Comte, ma consiste nell’intersecare le scoperte della psicoanalisi agli altri due vettori per complicare la ricostruzione storica delle scienze e per rendere conto delle difficoltà che incontra il nuovo spirito scientifico nell’affermarsi a livello della percezione individuale. Come nota Enrico Castelli Gattinara nella sua Postfazione, se da un lato questa riflessione avvicina Bachelard a Popper nella distinzione tra “psicologia della scoperta” e “logica della giustificazione”, dall’altro ne segna la differenza sostanziale: se per Popper i due ambiti devono rimanere distaccati in quanto assolutamente irriducibili l’uno all’altro, per Bachelard risulta fondamentale, invece, farli interagire a tal punto che si può affermare che il filosofo francese applichi all’epistemologia una metodologia presa in prestito dalla psicoanalisi. Questo il tema e il tentativo del testo di Bachelard La formazione dello spirito scientifico che ha come sottotitolo: “contributo a una psicoanalisi della conoscenza oggettiva”.

Nel Discorso preliminare, che apre il testo e che ha la funzione di porre le premesse dell’esposizione, Bachelard definisce l’intersezione tra epistemologia e psicoanalisi. Seguendo uno schema ancora (nell’impostazione) comtiano egli distingue tre grandi periodi del pensiero scientifico: lo stato prescientifico che comprende la storia umana dall’antichità fino al XVIII secolo; lo stato scientifico caratteristico della fine del XVIII secolo e di tutto il XIX secolo; infine il nuovo spirito scientifico di cui può essere ritrovato l’anno di inizio, il 1905, anno in cui Einstein rende pubblici i suoi studi sulla relatività deformando «alcuni concetti primordiali che si credevano ormai fissati per sempre» (p. 3). A questa periodizzazione storica Bachelard affianca una «legge dei tre stati» attraverso i quali «nella sua formazione individuale uno spirito scientifico passerebbe necessariamente» (p. 5): lo stato concreto, proprio di quello spirito che fonde insieme unità e diversità della natura attraverso un’immagine di esaltazione del reale naturale; lo stato concreto-astratto,proprio dello spirito geometrizzante ma caratterizzato da un’ambiguità di fondo: quanto maggiore è l’astrazione tanto tale spirito la vorrà rappresentata da un’intuizione sensibile; lo stato astratto,proprio di quello spirito che volontariamente mette in secondo piano il concreto dello spazio reale e dell’esperienza primitiva e che comprende che «tutto è costruito» (p. 12). Ed è su questa base che Bachelard innerva il problema della “base affettiva” su cui si fonda lo spirito scientifico e affianca a questi tre stati «una specie di legge dei tre stati d’animo» (p. 6): l’anima puerile o mondana che si sviluppa nella curiosità da collezionista per la diversità della realtà naturale; l’anima professorale che è propria di quello spirito dogmatico fondato su un sapere sempre uguale e che sempre si ripete e che appartiene all’Accademia (critica ai sistemi educativi, questa, che sottolinea l’interesse pedagogico di Bachelard e che percorre come altro filo rosso l’intera sua opera); l’anima nello sforzo di astrarre e di quintessenziare propria di quella coscienza scientifica che sa che il pensiero non ha un appoggio stabile e un possesso sicuro del mondo, essendo disturbata da una ragione che moltiplica (moltiplicandosi) i riferimenti e i dubbi.

Se tale impostazione bachelardiana denota un impegno nell’integrare le nuove scoperte scientifiche all’interno di una periodizzazione che renda conto di un certo processo, e mostra la sua originalità e la sua innovazione a partire da un aspetto che mai era entrato a far parte di una riflessione sull’epistemologia e sulla storia delle scienze, cioè l’aspetto “affettivo” nella relazione individuale con l’oggetto scientifico, non si può non notare che lo sviluppo delle scienze, che l’epistemologo francese ricostruisce, si articola a partire da una impostazione fisico-matematica e, in un certo senso, sembra che la sua operazione sia quella di modellare la storia delle scienze tout court su di esse: è chiaro che, all’interno di questa ricostruzione, ambiti come la biologia hanno un posto assolutamente marginale e che l’impianto concettuale bachelardiano risente di un certo riduzionismo geometrico-matematico, che gli potrebbe costare (quasi) una critica di cartesianesimo.  

Un’altra importante innovazione della riflessione bachelardiana, quella, forse, decisiva per la relativa “fortuna” del suo pensiero, si ritrova all’interno di quei passaggi epocali che segnano lo sviluppo progressivo delle scienze e dello spirito scientifico. A partire da questo schema originale e complesso, dunque, Bachelard pone la nozione di ostacolo epistemologico che può essere colto da uno spirito che sa che «la conoscenza è una luce che proietta sempre anche delle ombre» (p. 11). L’ostacolo epistemologico, allora, rappresenta una struttura particolare della conoscenza (e per gli apporti “psicanalitici” della sua riflessione si potrebbe dire della coscienza) che può condurre all’errore; è necessario sottolineare che la possibilità dell’errore non deriva dalla complessità propria del reale o dall’indeterminatezza dei sensi umani, piuttosto è conseguenza di un limite intrinseco, proprio della psiche umana, che, anche nello studio scientifico, è mossa da pulsioni inconsce che limitano la libertà della ricerca e l’esposizione dello spirito scientifico. Il lavoro dello scienziato, allora, deve porsi necessariamente in discontinuità con il senso comunemente accettato in un’epoca e lo spirito scientifico deve procedere per vere e proprie rotture epistemologiche capaci di fondare nuovi paradigmi conoscitivi e di superare quegli ostacoli che si presentano comunemente nel rapporto ordinario con il reale naturale. Lo sviluppo dello spirito scientifico attraverso rotture mostra che le nuove scoperte non soltanto permettono di ripensare il reale diversamente ma fanno sì che si producano all’interno del processo conoscitivo nuovi strumenti e metodologie che impostano in maniera assolutamente nuova lo stesso campo delle scienze e del reale: lo spirito scientifico si evolve negando risolutamente non solo le conoscenze dell’epoca precedente ma anche il campo d’esistenza delle oggettività che si presentano all’osservatore.

L’epistemologia bachelardiana, dunque, a partire da questa psicoanalisi della conoscenza oggettiva, è storica ma in un senso assolutamente radicale in quanto non tende a ricostruire (semplicemente) un percorso storico-scientifico ma assume su di sé il compito di storicizzare la ragione (o le varie “ragioni”, verrebbe da dire) destabilizzandone la presunta unità formale autodispiegantesi nella storia umana. Ed è appunto in questa nozione complessa di ostacolo che si articola la complessità e l’originalità della riflessione di Bachelard che, pur incrociando temperie culturali come lo strutturalismo incipiente, è riuscita a svilupparsi indipendentemente dall’epistemologia anglosassone e a porsi come momento epocale per lo sviluppo della riflessione francese del secondo dopoguerra.

Per concludere, Bachelard è indubbiamente una figura sui generis nel panorama filosofico e accademico della Francia dei primi decenni del XX secolo; e se il suo pensiero non è riuscito a imporsi in Europa divenendo scuola, proprio perché l’epistemologia cominciava in quegli anni a parlare esclusivamente la lingua inglese e approdava nel mondo anglosassone prendendovi radici, la sua eredità filosofica è stata, comunque, raccolta da personalità non immediatamente segnate da interessi epistemologici quali Althusser (nel marxismo), Foucault (nella “storia della cultura”) e altri, che hanno subito l’influsso di un pensiero per certi versi radicale e spregiudicato, al di fuori di ogni inquadramento accademico.

 

Delio Salottolo

07_2009

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