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SUL CONCETTO DI NATURA UMANA. CANGUILHEM, UNA TERZA VIA TRA CHOMSKY E FOUCAULT

Autore


Emiliano Sfara

Università di São Paulo (USP/FAPESP), Università del Québec a Montréal (UQÀM), Centre interuniversitaire de recherche sur la science et la technologie (CIRST) di Montréal

ricercatore post-doc all'Università di São Paulo (USP/FAPESP), all’Università del Québec a Montréal (UQÀM) e al Centre interuniversitaire de recherche sur la science et la technologie (CIRST) di Montréal

Indice


  1. Introduzione: il dibattito di Eindhoven
  2. Canguilhem e il concetto di natura umana
  3. Una terza via per una definizione mediana di “natura umana”
  4. Conclusioni

 

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S&F_n. 23_2020

Abstract


On the concept of human nature. Canguilhem, a third route between Chomsky and Foucault

In 1971, Noam Chmosky and Michel Foucault publicly debated the issue of human nature. The latter exists according to Chomsky but does not exist according to Foucault. While the former considers that it coincides with the faculty of language understood as innate and a-historical capacity, the second identifies it with a kind of epistemological indicator whose scientific-philosophical scope varies from age to age. With the help of some 1971 debate comments, this text proposes a third interpretation of the human nature concept with respect to Chomsky's «Unhistoricism» and Foucault's «Scepticism»: from an unpublished text by Canguilhem dating back to 1969 and entitled Science et technique, it turns out that the French philosopher looks at the concept of «technique in the human sense» as a generic, immutable and coextensive component with human history. In our opinion, these characteristics constitute the fundamental principles for an exhaustive definition of «human nature».

 

 

 

  1. Introduzione: il dibattito di Eindhoven

Nel 1971, durante un celebre incontro a Eindhoven, Noam Chomsky e Michel Foucault hanno pubblicamente dibattuto sul tema della natura umana, intesa come quella caratteristica o quell'insieme di caratteristiche salienti che, da sempre, rendono distintivo l'agire dell'animale umano rispetto agli animali non umani. Essa esiste secondo Chomsky, ma non esiste secondo Foucault. Il primo difende una sorta di «naturalismo biologico astorico», in base al quale la natura umana coinciderebbe con la facoltà di linguaggio intesa come apparato di regole definite e innate (la cosiddetta «grammatica universale») di cui sarebbe dotata la mente di ogni singolo individuo[1]. L’ipotesi chomskiana implica che l’essere umano, a prescindere dall’esperienza concreta, sia in grado di parlare:

In primo luogo, se fossimo in grado di specificare in termini di reti neurali, ad esempio, le proprietà della struttura cognitiva umana che mette il bambino nella condizione di acquisire questi complicati sistemi linguistici, allora non avrei alcuna esitazione nel descrivere tali proprietà come un elemento costitutivo della nostra natura. Esiste, cioè, un qualche dato biologico immodificabile che costituisce il fondamento delle nostre capacità mentali[2].

 

Il secondo difende invece una sorta di relativismo storico: per Foucault, il concetto di natura umana viene variegatamente forgiato a seconda dei contesti storici dagli uomini stessi, i quali se lo attribuiscono di volta in volta in modo arbitrario. In base a questa tesi, ad esempio, mentre nel Rinascimento si credeva che l’uomo fosse depositario di un certo tipo di natura umana, il secolo dei lumi poneva a fondamento delle proprie scienze un altro ideale di «natura»:

È vero che diffido un po’ del concetto di natura umana, per la seguente ragione: credo che i concetti o i termini di cui una scienza può servirsi non abbiano tutti lo stesso grado di elaborazione. […] Tra il XVII e il XVIII secolo il concetto di vita è stato scarsamente utilizzato per lo studio della natura: gli esseri naturali viventi o non viventi venivano classificati all’interno di un vasto quadro gerarchico che andava dai minerali all’uomo. […] Alla fine del XVIII secolo, grazie a strumentazioni perfezionate e a nuove tecniche, la descrizione e l’analisi di questi esseri naturali rivelavano un intero campo di oggetti, un ambito di relazioni e processi che ci hanno consentito di definire la specificità della biologia all’interno della conoscenza della natura. […] A mio parere, la nozione di vita non è un concetto scientifico, ma un indicatore epistemologico di classificazione e differenziazione le cui funzioni hanno ripercussioni sulle discussioni scientifiche ma non sul loro oggetto. Mi sembra che il concetto di natura umana sia dello stesso genere[3].

 

Visti da una prospettiva meno ravvicinata e più ampia, questi due punti di vista non sono che l’uno il «rovesciamento dialettico» dell’altro. Due poli diametralmente opposti: l’invariante biologico contro la contingenza storica. L’invariante biologico di Chomsky (agli occhi del quale il linguaggio è una capacità innata presente da sempre nella mente di ciascun individuo) contro la contingenza storica di Foucault (il quale identifica la natura umana con una sorta di indicatore epistemologico la cui portata scientifica varia di epoca in epoca).

 

  1. Canguilhem e il concetto di natura umana

Esiste il concetto di «natura umana» in Georges Canguilhem? La tesi che sosteniamo, alla luce dei nostri studi sugli scritti inediti del filosofo di Castelnaudary[4], è la seguente: il concetto canguilhemiano di natura umana coincide con il concetto di «tecnica»[5], in particolare con il concetto di «tecnica in senso umano», quest’ultima considerata a un tempo come quella capacità generica che non obbedisce coattivamente a delle regole definite (o a delle norme rigide) e come la condizione generale di tutti i tipi di agire umano.

Nei suoi scritti editi, Canguilhem non tematizza mai esplicitamente il problema della natura umana, anche se utilizza qua e là l’espressione «natura umana». Quando la utilizza sembra distanziarsene quasi immediatamente, respingendone l’esistenza. Ciò perché la natura umana viene da lui identificata con una serie di costanti, abitudini o comportamenti specifici che si ripeterebbero tali e quali durante il ciclo vitale di tutti gli uomini. Citiamo alcuni passaggi delle sue opere a titolo d’esempio:

Poiché le norme fisiologiche non definiscono tanto una natura umana, quanto abitudini umane in rapporto con generi di vita, livelli di vita e ritmi di vita, ogni regola dietetica deve tenere conto di queste abitudini[6].

 

Qui di seguito un altro passaggio tratto da Réflexions sur la création artistique selon Alain, in cui il filosofo di Calstelnaudary critica il proprio maestro Alain:

Alain crede alla natura umana, alla Storia Eterna. Per quanto ciò possa sembrare contraddittorio, è un fatto che questa fisiologia delle Belle Arti […] non è una scienza del movimento delle forme o delle forme in movimento (ovvero ciò che dovrebbe essere una fisiologia autenticamente fisiologica); essa [la fisiologia delle Belle Arti di Alain] è ancora una morfologia statica. E perché stupirsene: Alain, infatti, prende in prestito da Descartes l’idea che il corpo vivente è una macchina la cui struttura spiega e comanda il movimento e non il contrario[7].

 

Canguilhem osteggia, soprattutto in quest’ultimo passo[8], l’idea di natura umana intesa come storia eterna, in virtù della quale il corpo è una macchina la cui struttura spiegherebbe e comanderebbe in via preliminare il movimento. Si presti attenzione al fatto che questa è esattamente l’idea di natura umana in Chomsky, secondo il quale il corpo umano non è che una macchina (un hardware), all’interno del quale c’è un software (la grammatica universale) che spiegherebbe la natura umana e comanderebbe il movimento (nella fattispecie l’atto linguistico).

Secondo Canguilhem, al contrario, l’uomo si contraddistingue per un agire che, non essendo vincolato ad alcuna norma rigida, cambia al variare del contesto. Tant’è che egli parla di «normale» quando la norma individuale è in grado di adeguarsi al variare del contesto modificando sé stessa, e di «patologico» quando la norma individuale rimane costantemente identica a sé stessa. A questo proposito si faccia riferimento all’esempio palmare delle persone colpite da lesioni cerebrali[9]. Questi individui manifestano di volta in volta delle manie votate all’ordine eccessivo nella vita quotidiana, che sono a loro volta il sintomo evidente dell’incapacità di adattarsi a situazioni non più familiari ma rinnovate. Pensiamo a quelle persone che cadono in preda al panico quando non riescono a trovare un oggetto che veniva abitualmente lasciato nello stesso posto: Canguilhem definirebbe questo comportamento un comportamento di tipo patologico. Nel gergo canguilhemiano, quel tipo di attività pratica che crea man mano le proprie norme durante il proprio attualizzarsi concreto prende il nome di «tecnica». In Activité technique et création troviamo ad esempio scritto che

la tecnica è l'esperienza non soggetta a riflessione inconsciamente orientata verso la creazione. Trasformando l'esperienza e modellandola secondo gli interessi umani, accordando la natura ai bisogni della coscienza attraverso l’eliminazione degli ostacoli, l’esaudi­mento delle soddisfazioni possibili o la produzione di soddisfazioni nuove, la tecnica mira a delle produzioni qualitative, dunque concrete o sintetiche[10].

 

Si capisce dunque che la tecnica non consiste in un agire specializzato o ristretto a un ambito specifico dell’esperienza umana. Che non abbia ad esempio a che vedere con le tecniche specifiche di assemblaggio di un motore o con le tecniche di combattimento nelle arti marziali. La tecnica, in quanto procedimento creatore, instauratore di norme inedite e di comportamenti nuovi, è una capacità generica che concerne tutti i tipi di agire propriamente umani. In un manoscritto inedito del 1969 intitolato Scienza e Tecnica, leggiamo: «Bisogna intendere per tecnica tutte le attitudini per le quali l’uomo cerca di darsi ciò che non ha, vale a dire ciò che sogna»[11].

Ricapitolando, se Canguilhem utilizza da un lato l’espressione «natura umana» lasciando intendere che questa non esiste (poiché contrariamente a quanto sostiene Chomsky non c’è nessuna norma preliminare che comanda il movimento, ma è il movimento, nel suo concretizzarsi, che crea la norma), potrebbe essere lecito supporre che la sua opinione su questo punto possa essere coincidente con quella di Foucault, nella misura in cui se non esiste una natura umana specializzata e ben definita, il concetto di natura umana non sarebbe che un’invenzione culturale, cioè una mera congettura che cambia pelle e corpo in funzione della variabilità storica.

Tuttavia, nello stesso manoscritto[12], il nostro filosofo annota quanto segue:

Le scienze che noi conosciamo non sono sempre state scienze. Le si vede venire al mondo dalla storia. Le scienze che noi conosciamo non sono sempre state la stessa scienza. Esse si sono costituite lentamente. […] La scienza ha una storia. Vi sono state delle civiltà senza scienza. E vi sono delle civiltà senza scienza[13].

 

Per quanto concerne la tecnica, essa è invece

un’attività ininterrotta. Se le tecniche hanno una storia, la tecnica non ne ha. Essa è coestensiva alla storia, poiché essa è coestensiva all’uomo. Non esistono civiltà senza tecnica. Le tecniche si succedono e si rimpiazzano, ma secondo vettori costanti: esse sono foriere di bisogni. Lotta contro la malattia e il dolore: medicina sempre meno empirica, ma con nessuna differenza d’obiettivo. Vi sono delle condotte di carattere tecnico, e a rigor di logica tutte le condotte vitali lo sono. Comportamento istintivo: [consiste nell’] ottenere un risultato attraverso una serie di condotte stereotipate. Vi è un pattern innato del comportamento, [come nella] costruzione di un nido, [nel] comportamento sessuale dell’uccello del paradiso o dell’antilope Kole dell’Uganda. Fin quando il pattern rimane innato, ovvero non cosciente o sconosciuto, non vi è tecnica in senso umano[14].

 

Georges Canguilhem descrive la tecnica accordandole due caratteristiche principali che, a nostro modo di vedere, sono anche le due caratteristiche salienti generali della natura umana: 1) la tecnica è da sempre «tecnica», cioè «coestensiva alla storia» e non circoscritta a una certa congiuntura storica definita; 2) la tecnica si distingue dall’agire istintivo degli animali non umani, come quello della rondine che costruisce il proprio nido, emancipandosi così dalle condotte stereotipate. L’animale non umano ubbidisce istintivamente a una norma preliminare. La tecnica umana, o tecnica «in senso umano», crea la norma (ciò che distingue l’animale umano dall’animale non umano rappresenta la seconda caratteristica generale della natura umana).

 

  1. Una terza via per una definizione mediana di “natura umana”

Dal momento che Canguilhem sembra smentire anche Foucault oltre che Chomsky (visto che ai suoi occhi la tecnica è un tratto umano coestensivo alla storia), verrebbe di conseguenza da chiedersi se esiste in filosofia una sorta di «terza via» per una definizione mediana del concetto di natura umana. Una “terza via” coincidente con la definizione di tecnica in Canguilhem e che ovvi all’oppositività delle posizioni di Chomsky e di Foucault.

A questo proposito vogliamo far notare che in un testo in cui è riportata la trascrizione in italiano del dibattito tra Chomsky e Foucault, intitolato Della natura umana, vi sono in calce tre recensioni. La prima porta la firma di Diego Marconi[15], il quale non nasconde di sostenere la causa chomskiana; la seconda è di Stefano Catucci[16], il quale sottoscrive il senso generale del discorso di Foucault; la terza è di Paolo Virno[17]. Questi, non schierandosi né da una parte né dall’altra, denuncia un senso di insoddisfazione che sorge dalla lettura integrale del dibattito. In parole povere, per Virno questo senso di disagio nasce dal tentativo (visto all’opera a Eindhoven con Chomsky e Foucault) di mantenere giocoforza separate le categorie di Natura e Cultura: si dovrebbe invece tentare di renderle solidali l’una con l’altra. Sostenere (come fa Foucault) che il concetto di invariante biologico non convince perché collide con la variabilità incessante della storia, non invalida quell’invariante, se questo viene inteso come capacità generica o come facoltà generale (e non in quanto apparato definito e ben congegnato di regole alla stregua di Chomsky). Caratteristica della facoltà è l’indeterminatezza ancora a-storica, che è la condizione di possibilità e di produzione di occorrenze storiche concrete:

La discussione avvenuta a Eindhoven provoca un senso di disagio abbastanza duraturo da risultare istruttivo. È questo, forse, il suo pregio maggiore. […]

Foucault ha ragione da vendere quando segnala la presenza di una ipotetica sociopolitica in ogni discorso sulla natura umana. Ma ha torto a utilizzare questa constatazione come prova dell’insussistenza della natura umana. […] D’accordo, l’invariante biologico non può mai essere separato dal mutevole decorso storico: ma non è questo un argomento sufficiente a negare l’invariante come tale, o a trascurare i modi in cui esso - restando invariante, si badi - erompe sulla superficie dei diversi sistemi sociali e produttivi. […] Se non si vuole indulgere a uno sfrenato idealismo di stampo kantiano, bisognerebbe ammettere che l’esistenza di categorie a priori (o griglie, o indicatori epistemologici) presuppone, essa pure o soprattutto essa, una base biologica. […]

L’insoddisfazione nei confronti del Chomsky di Eindhoven è presto detta: egli riassorbe il variabile nell’invariante, riduce la storia alla metastoria. Ci si potrebbe esprimere in modi più sfumati e guardinghi, ma la sostanza è questa. […] Se si attribuisce alla facoltà di linguaggio una grammatica definita (benché, certo, «universale»), cioè un insieme di regole e schemi, essa somiglierà fin troppo a una lingua storica, o almeno alla media ponderata delle lingue storiche, perdendo così quel che è più suo: lo status di potenzialità ancora indeterminata, di generica disposizione biologica all’indeterminazione verbale. Questo slittamento implica conseguenze fatali. La metastorica facoltà di linguaggio, se ridotta a minimo comun denominatore delle lingue, introietta surrettiziamente in sé un certo numero di caratteri propriamente storici[18].

 

Per Virno questa facoltà, della quale si può dire che lasci intravedere i fondamenti di un’autentica natura umana, corrisponde alla facoltà di linguaggio. Quest’ultima è a sua volta lo sfondo metastorico o la condizione di possibilità delle differenti lingue storiche. Sulla scorta della nostra interpretazione, in Canguilhem questa facoltà generica indeterminata (poiché priva di regole definite) è la tecnica, mentre le occorrenze storiche concrete che essa produce sono le tecniche. Persino il linguaggio è una tecnica che non risponde a norme preliminari ben articolate (come notavamo supra, in effetti, a detta del filosofo di Castelnaudary tutte le condotte vitali sono riconducibili alla tecnica). Ecco cosa si legge a proposito dell’atto linguistico in un manoscritto redatto tra il 1929 e il 1932: «per quanto possa sembrare paradossale, per parlare non è necessario sapere preliminarmente ciò che si sta per dire. È una questione di improvvisazione e di ispirazione[19]».

 

  1. Conclusioni

Quella di Virno è forse, in filosofia, la terza soluzione né chomskiana né foucaultiana che si adatta alla definizione canguilhemiana di tecnica in quanto natura umana.

In ultima battuta, mettiamo rapidamente in chiaro le ragioni che ci hanno spinto a dar risalto alla tecnica in quanto natura umana nella filosofia di Canguilhem. Non crediamo infatti di esagerare nel ritenere che la tecnica, che come osservavamo prima è alla base di qualunque tipo di condotta vitale umana, sia anche l’arrière-plan generico di tutta la produzione filosofica di Canguilhem. Non per nulla egli afferma che «l’uomo è riuscito a vivere in tutti i climi, è l’unico animale – fatta eccezione forse per i ragni – la cui area di espansione coincida con le dimensioni della terra. Ma soprattutto, è quell’animale che, tramite la tecnica, riesce a modificare dall’interno anche l’ambiente della propria azione»[20].

Si presti dunque attenzione anche a quest’ultimo aspetto: Il normale e il patologico (attraverso la categoria di normatività), La Conoscenza della vita[21] (mediante la differenza tra la macchina e l’organismo) e gli scritti successivi di storia delle scienze, sono tutti legati dal leitmotiv tipico della tecnica. Cioè dall’idea di un essere umano che, facendo sempre cadere le vecchie norme, ne crea incessantemente delle nuove.


[1] Sulla differenza tra le abilità linguistiche nell’uomo e negli animali non umani, cfr. N. Chomsky e R. C. Berwick, Perché solo noi. Linguaggio ed evoluzione (2015), tr. it. Bollati Boringhieri, Torino 2016.

[2] N. Chomsky, M. Foucault, Della natura umana. Invariante biologico e potere politico, DeriveApprodi, Roma 2005, p. 13. (Per un’edizione italiana più recente del dibattito di Eindhoven, cfr. N. Chomsky, M. Foucault, La natura umana. Giustizia contro potere, Castelvecchi, Roma 2013).

[3] Ibid., pp. 11-13.

[4] Cfr. ad esempio E. Sfara, Georges Canguilhem inédit. Essai sur une philosophie de l’action, L’Harmattan, Paris 2018.

[5] Sul concetto di tecnica in Canguilhem cfr. ad esempio J. Sebestik, Le rôle de la technique dans l’œuvre de Georges Canguilhem, in Georges Canguilhem, philosophe, historien des sciences, a cura di É. Balibar et. al., Albin Michel, Paris 1993, pp. 243-250.

[6] G. Canguilhem, Il normale e il patologico (1966), tr. it. Einaudi, Torino 1998, p. 135.

[7] Id., Réflexions sur la création artistique selon Alain, in «Cahiers philosophiques», hors série, C.N.D.P. septembre 2008, p. 65. Traduzione nostra.

[8] Alcuni altri passaggi in cui Canguilhem fa riferimento al concetto di natura umana (ringraziamo Camille Limoges per la segnalazione), si trovano in: Auguste Comte, in Enciclopedia Mondadori: Scienziati e tecnologi dalle origini al 1875, 1, 1975, p. 328; Qu'est-ce qu'un philosophe en France aujourd'hui?, in «Commentaire», 53, Printemps 1991, pp. 107-112; L’action, 1966-67, manoscritto consultabile al CAPHÉS: GC. 16.4., pp. 2/48 - 3 retroverso; Physiologie animale: Histoire, in Encyclopaedia Universalis France, 12 - Œil/Physique, 1972, pp. 1075-1077. 

[9] Cfr. G. Canguilhem, Il normale e il patologico, cit., p. 150.

[10] Id., Activité technique et création, in «Communications et discussions», 2° serie, Toulouse, Siège Social à la Faculté des lettres, 1938, pp. 82-83. Traduzione nostra.

[11] Id., Science et technique, I.H.S., 1962-63?, p. 18. Traduzione nostra. Manoscritto conservato al CAPHÉS di Parigi, GC. 16. 1.

[12] Ibid.

[13] Ibid., p. 7. Traduzione nostra. Le parole in corsivo sono sottolineate nel manoscritto.

[14] Ibid.

[15] D. Marconi, Il ritorno della natura umana, in N. Chomsky, M. Foucault, Della natura umana. Invariante biologico e potere politico, cit., pp. 87-100.

[16] S. Catucci, La «natura» della natura umana, ibid., pp. 101-124.

[17] P. Virno, Naturalismo e storia: cronaca di un divorzio, ibid., pp. 125-140.

[18] Ibid., pp. 131-135.

[19] G. Canguilhem, De la signification et du langage, in Philosophie (éléments de doctrine et textes choisis), p. 145/157. Traduzione nostra. Manoscritto conservato al CAPHÉS, G.C. 8.

[20] Id., Il normale e il patologico, cit., pp. 144-145.

[21] Id., La conoscenza della vita (1952), tr. it. Il Mulino, Bologna 1976.

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