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La dimensione ibrida

Autore


Patrizia Ranzo

Seconda Università degli Studi di Napoli

Docente di Disegno industriale presso il Dipartimento IDEAS - Industrial Design Ambiente e Storia della Seconda Università degli Studi di Napoli

Indice


  1. Natura e progetto
  2. Ingegneria della vita e dell’artificio

 

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S&F_n. 06_2011


  1. Natura e progetto

La biologia ha rappresentato un riferimento fondamentale per il progetto moderno: il razionalismo ricercava in essa quella legittimazione scientifica essenziale per qualunque disciplina del XX secolo che comprendesse degli aspetti tecnici.

Già dalla fine dell’Ottocento le basi teoriche del funzionalismo in architettura e nel design, mettono in diretto collegamento tecnica progettuale e tecnica della natura.

Se in natura le forme sono il prodotto dell’ambiente, l’adattamento della forma alla funzione è per Greenough il principio operante in natura da riproporre nella progettazione. Per Walter Gropius lo sviluppo della forma organica in natura è il modello perpetuo di ogni creazione umana. Aderendo all’ideologia funzionalista possiamo dire che tutta la progettazione moderna si basa, spesso implicitamente, sull’idea che ogni problema progettuale contenga e suggerisca per natura la propria soluzione.

Nella bionica, disciplina nata alla fine degli anni Cinquanta in ambito militare, il riferimento alla natura e ai sistemi biologici è dichiarato e sviluppato con specifiche ricerche. La bionica infatti nasce come strategia di simulazione della natura allo scopo di produrre innovazione tecnologica. Si occupa non tanto della forma delle parti, quanto piuttosto di comprendere l’interrelazione tra i sistemi, scava la superficie degli oggetti naturali per capire la forma attraverso la struttura interna.

L’organismo naturale è assunto come modello tecnico da imitare. La bionica classica imita la natura come modello essenzialmente statico, cosicché i riferimenti progettuali spaziano tra modelli organici e inorganici: dalla struttura dei cristalli alle ali della libellula, dalla geometria delle bolle di sapone agli alveari delle api. Una interpretazione meccanicista di processi biologici è sottesa dunque all’approccio della bionica, rispecchiando d’altronde il fondamentale determinismo della biologia moderna.

 

  1. Ingegneria della vita e dell’artificio

Oggi assistiamo da un lato a un enorme sviluppo delle biotecnologie che stanno spingendo la ricerca verso una “ingegnerizzazione” della vita, dall’altro a un’ingegneria dell’artificiale che progetta sistemi sempre più vicini alle caratteristiche del mondo biologico. Queste direzioni del sapere pongono tra l’altro in maniera sempre più incalzante le problematiche scientifiche e sociali legate alle prospettive della «vita nell’epoca della sua riproducibilità tecnica»[1].

Le biotecnologie, le nanotecnologie, i sistemi di intelligenza artificiale caratterizzeranno sempre di più lo scenario del prossimo futuro. I progressi compiuti in questi campi dalla scienza consentono oggi di conoscere a fondo le strutture, i processi, le logiche e i funzionamenti che sono alla base del mondo naturale.

Nell’ambito del progetto di design il livello di sviluppo raggiunto nei diversi campi della ricerca scientifica consente, grazie anche a processi sempre più veloci di trasferimento tecnologico, di realizzare artefatti talmente complessi da somigliare sempre più ai sistemi biologici. Nuove conoscenze e tecniche permettono già allo stato attuale di realizzare artefatti ibridi, a metà tra natura e artificio. Strutture e oggetti che fanno parte di un universo tecno-biologico dove la materia artificiale “prende vita”, cresce, evolve e si trasforma; dove i sistemi sono in grado di autoripararsi e auto-organizzarsi alla stregua di organismi viventi.

I paradigmi e gli sviluppi sperimentali della biologia contemporanea hanno aperto nuove vie e prospettive inedite per possibili relazioni tra progetto e scienze del vivente, configurando uno scenario aperto e trasversale nel quale si colloca il nuovo approccio progettuale prospettato dall’autrice: l’hybrid design. Nell’hybrid design non è implicito nessun determinismo biologico, ma un’idea dei processi naturali basata su dinamiche plurali di evoluzione; il rapporto tra progettazione e natura, tra design e biologia rappresenta, perciò, dal punto di vista dell’hybrid design, un campo complesso e multiforme di ricerca.

È quindi innanzitutto un ambito altamente interdisciplinare al quale partecipano diverse competenze in diversi settori quali, oltre la biologia, l’ingegneria, la fisica, la chimica, le scienze dell’informazione, il disegno industriale.

L’hybrid design si spinge oltre l’imitazione della natura e delle sue logiche dando luogo a prodotti appunto ibridi, che “reinterpretano” criticamente il mondo naturale, costruendo una nuova dimensione di oggetti, con logiche, comportamenti e strutture nuovi, generati dall’integrazione tra tecnologia e biologia e dalla risposta a esigenze e stili di vita altrettanto ibridi.

L’Hybrid Design Lab è il frutto delle sperimentazioni e delle ricerche teoriche e progettuali orientate alla costruzione di uno scenario di strategie “ibride” che possano essere applicate al settore del design dei prodotti industriali. Per raggiungere questo obiettivo è stato necessario effettuare un’ampia indagine sui metodi di integrazione interdisciplinare e sulle loro opportunità di trasferimento nell’ambito del design. Il risultato è quindi un contributo critico che offre un ventaglio di strumenti metodologici suggerendo un iter progettuale per la concezione e la realizzazione di prodotti “ibridi”.

 


[1] Cfr. M. De Carolis, La vita nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Bollati Boringhieri, Torino 2004.

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