S&F_scienzaefilosofia.it

Dalla pizza alla cura dell’uomo, le abilità di RoDyMan

Autore


Nunzia Bonifati - Bruno Siciliano

Università di Roma Tor Vergata - Università degli Studi di Napoli Federico II

Nunzia Bonifati è giornalista scientifica, ricercatrice indipendente, docente a contratto di Filosofia morale presso l’Università di Roma Tor Vergata / Bruno Siciliano è docente di Automatica all’Università degli Studi di Napoli Federico II, già Presidente della IEEE Robotics and Automation Society. Gli è stato conferito il prestigioso premio IEEE RAS George Saridis Leadership Award in Robotics and Automation per il 2015

Indice


  1. Intro
  2. Le mani sapienti di un robot
  3. Una danza tra naturale e artificiale  
  4. Armonia estetica: simmetria, bellezza, convivialità
  5. L’orientamento e la mappa, limiti nel robot e nell’uomo
  6. Competere con l’essere umano
  7. Semplicemente robot
  8. Senz’anima, ma è un buon amico

↓ download pdf

S&F_n. 12_2014

Abstract



RoDyMan, acronym for Robotic Dynamic Manipulation, is a research project funded by the European Research Council to the CREATE Consortium and carried out at PRISMA Lab in the Department of Electrical Engineering and Information Technology of the University of Naples Federico II. The goal is the development of a service robot able to manipulate elastic and soft objects, which change continuously density and shape. These robots will be used not only in manufacturing but also as an aid to elderly or disabled people, for medical and surgical use, and in other manual activities. Preparing a pizza involves an extraordinary level of manual dexterity: for this reason a pizzaiolo robot has been conceived. It is also a tribute to Naples, at the forefront of technology, robotics and automation, but especially of culture and gastronomy, of which pizza is a symbol and tradition. Creating a robot able to manipulate objects like humans is one of the most sought and difficult challenges of robotics. It means to replicate skills that are the result of human biological and cultural evolution. This goal is arduous, mainly for two issues. First, we do not have a total knowledge of human nature, but this is the condition to be able to replicate the human functions in a machine. Second, there are many technical limits to implement a bio-inspired robot, not the least those making it user-friendly and aesthetically appreciated.


  1. Intro

Benoît Mandelbrot diceva che con i computer si possono ottenere disegni più complessi di quelli che si fanno a mano. In effetti, a partire dall’osservazione della natura e con l’ausilio dei computer il grande matematico era riuscito a generare frattali altrimenti impossibili da realizzare, come il celebre insieme che prende il suo nome[1]. Ora, il fatto che una macchina artificiale, frutto cioè del genio umano, renda più visibile la geometria frattale della natura dovrebbe ricordarci che la nostra capacità d’osservazione è limitata tanto quanto la capacità d’elaborazione dei dati. Non per nulla si delegano comunemente ai computer le operazioni di calcolo e ci si serve delle macchine per osservare i fenomeni in natura. Lo stesso Mandelbrot si rammaricava del fatto che molti suoi colleghi matematici fossero tanto distanti dalla realtà da ritenere che dall’osservazione della natura non si potesse ottenere più nulla.

Ebbene, la robotica ci riporta alla centralità dell’osservazione della natura, avendo questa scienza l’ambizioso obiettivo di ricrearla artificialmente. Per carpirne i segreti deve perciò cercare di comprenderla nei minimi particolari, soprattutto per quanto riguarda i viventi: nell’anatomia, nella morfologia, nella fisiologia, finanche nella genetica. La realizzazione di un robot bio-ispirato, che svolga al posto nostro una serie di attività più o meno complesse o difficili da realizzare, seguirà sempre dall’osservazione attenta e minuziosa della natura fisica, chimica e biologica, fisiologica e sociale dell’essere vivente cui ci si ispira. E quando l’ispirazione viene dall’essere umano – nel qual caso si tratterà di realizzare robot antropomorfi con determinate funzioni umane – si renderà necessario osservare la natura biologica, fisiologica e comportamentale umana. Cosa non facile, principalmente per due ordini di problemi che svilupperemo nel corso di questa trattazione. Primo: non conosciamo del tutto la natura umana così come quella di altri viventi e non viventi. Secondo: ci molti sono limiti tecnici alla realizzazione di un robot bio-ispirato.

 

2. Le mani sapienti di un robot

Di sicuro, la manipolazione di oggetti che cambiano di continuo densità e forma è tra le sfide più attese, ambiziose e difficili della robotica. A coglierla sarà il robot RoDyMan, acronimo di Robotic Dynamic Manipulation. Si tratta di un progetto di ricerca finanziato dall’European Research Council al Consorzio CREATE e condotto dal team di Bruno Siciliano presso il PRISMA Lab del Dipartimento di Ingegneria Elettrica e Tecnologie dell’Informazione dell’Università di Napoli Federico II. L’obiettivo è lo sviluppo, per l’appunto, di un robot di servizio che sia in grado di replicare attività umane con un livello di destrezza e mobilità mai visto prima d’ora, e che si renda utile non solo in campo manifatturiero ma anche in campo medico, chirurgico, di assistenza alla persona, e in generale ovunque sia richiesta la manipolazione di materiali morbidi e elastici. Si è pensato per questo di realizzare un robot pizzaiolo. È un tributo a Napoli, città all’avanguardia nella tecnologia robotica, nell’automazione, nella gastronomia, nell’arte e nella cultura in genere. E portare nei nostri laboratori di ricerca la pizza, simbolo e rituale di un’antica tradizione, ci è sembrato un connubio originale tra umorismo, inventiva, genialità e umanità. Dunque il nostro robot pizzaiolo si presta bene a cogliere la sfida, considerando le difficoltà che ogni persona inesperta incontra nel preparare una buona pizza dovendo manipolare un impasto di acqua e farina, di densità forma e consistenza sempre molto variabili.

Per comprendere l’elevata sfida di RoDyMan dal punto di vista scientifico dobbiamo partire dal presupposto che a oggi per un robot è ancora difficile poter replicare la destrezza delle capacità umane. Tanto più quando si tratta di manipolare oggetti proteiformi. A livello di specie questa destrezza è frutto dell’evoluzione biologica, cominciata per quanto ne sappiamo con Homo sapiens, circa 200mila anni fa, e ferma da circa 40mila anni a Homo sapiens. A livello di singolo individuo la destrezza manipolatoria di piccoli oggetti – tanto più se mutanti per forma consistenza e densità – è il risultato del lungo e complesso sviluppo neuromotorio[2]. Basti pensare che solo dopo 3 anni il bambino riesce ad afferrare un oggetto con il pollice, l’indice e il medio. Andando avanti con lo sviluppo le abilità manipolatorie del bambino migliorano, soprattutto grazie all’auto-addestramento, che avviene spontaneamente con il gioco, e con i ripetuti stimoli a manipolare oggetti di varia natura, consistenza e forma da parte degli educatori. Ma sappiamo bene che lo sviluppo neuromotorio da solo non è sufficiente e che senza addestramento un individuo non potrà manifestare al meglio quelle abilità manuali che appartengono al suo corredo naturale. L’addestramento è fondamentale dunque per l’evoluzione culturale della manipolazione di oggetti e che si esprime con il “saper fare”. Del resto, l’aveva detto Anassagora: l’uomo è intelligente perché ha le mani. Intendendo che è stata la sua capacità manipolatoria, e dunque trasformativa di se stesso e dell’ambiente, a renderlo quello che è.

 

3. Una danza tra naturale e artificiale

Nel progetto RoDyMan si pone dunque il problema di replicare in una macchina una funzione motoria molto complessa, frutto al contempo dell’evoluzione biologica e culturale. Si dovrà peraltro riprodurre anche la simmetria e l’armonia che scaturiscono dai movimenti del pizzaiolo, che, nel preparare il suo impasto sembra danzare a ritmo di una musica. Il nostro robot riuscirà a fare la pizza, infornarla, seguirne la cottura e infine sfornarla, con la medesima destrezza e l’abilità di un maestro pizzaiolo? I problemi tecnici sono talmente numerosi che per parlarne servirebbe un trattato.

Semplificando il più possibile possiamo dire che solo sfruttando e combinando la dinamica dell'oggetto con quella del robot, il sistema robotico potrà raggiungere lo scopo di manipolare l'oggetto nella maniera desiderata. Nella manipolazione dinamica le forze e le accelerazioni giocano un ruolo rilevante; queste, insieme alla cinematica e alle forze statiche e quasi-statiche, consentono di ottenere una completa descrizione del compito di manipolazione. Inoltre, la manipolazione non prensile di un oggetto estende i movimenti comuni al rotolamento, al lancio, alla spinta, al volteggio, etc. La complessità è ulteriormente accresciuta nel momento in cui si considerano oggetti malleabili e robot su piattaforme mobili.

Con due braccia agili e due mani antropomorfe, RoDyMan sarà in grado di manipolare oggetti flessibili e deformabili, come il cibo che mangiamo, i vestiti che indossiamo e potrà avere applicazioni in ambito chirurgico operando su tessuti molli, come muscoli e pelle. Il dimostratore finale sarà un robot umanoide con due braccia e due mani a cinque dita, un torso e una testa.

Privo di gambe, sarà invece montato su una piattaforma omnidirezionale su ruote. La sua testa avrà una videocamera stereoscopica e un sistema strutturato di luci.

Il sistema sarà dotato inoltre di sensori di prossimità e di campo e di sensori tattili.

Il robot umanoide eseguirà tutte le fasi di preparazione di una pizza, in quella che si preannuncia come una vera e propria “coreografia gastronomica”: un robot in grado di stendere l'impasto, di condirlo e di cuocerlo facendolo ruotare, come raffigurato in figura:

 

Rendering del robot RoDyMan intento a stendere l'impasto di una pizza, condirlo e cuocerlo www.rodyman.eu

La sfida è creare un robot di grande capacità manipolatoria, al punto di riuscire a eseguire la preparazione di una pizza, dall'impasto alla cottura. Si tratta di un compito difficilissimo, tenendo conto che l’impasto di una pizza è elastico, mobile, si modifica e varia con il tasso di umidità nell’aria, la cottura uniforme nel forno al legna è molto impegnativa. D’altro canto, fare la pizza è un’arte, un’abilità che appartiene alle mani dell’uomo. L'obiettivo non è quello di sostituirsi a ciò che è insostituibile come un bravo chef pizzaiolo napoletano, bensì quello di dimostrare come un robot possa arrivare a dei livelli di destrezza comparabili con quelli umani.

 

4. Armonia estetica: simmetria, bellezza, convivialità

La capacità di RoDyMan di entrare in relazione con gli esseri umani rappresenta il cuore del progetto. Il tema della sicurezza è dunque una delle caratteristiche fondamentali di questo nuovo sistema robotico: durante l’esecuzione di una missione, RoDyMan avrà capacità di reazione e apprendimento rispetto agli stimoli provenienti dall’ambiente con cui interagisce. Per questa ragione il progetto prevede l’impiego di competenze relative non solo al campo dell’Ingegneria ma anche delle Scienze Cognitive e dell’Intelligenza Artificiale. E poiché RoDyMan è destinato a condividere con noi l’ambiente, saranno di fondamentale importanza il suo aspetto e il suo modo di agire. Questa considerazione vale per ogni robot che interagisca con gli esseri umani. Fino a qualche anno fa si notava una netta asimmetria tra le prestazioni spesso eccellenti dei robot (basti pensare a quelli industriali) e il loro corpo brutto e disarmonico, dai modi rozzi e i movimenti potenzialmente molto pericolosi per l’ambiente umano. Ora che i robot cominciano a far parte della nostra vita si faranno sempre più sicuri, efficienti e apprezzabili esteticamente. Un robot progettato in collaborazione con artisti, designer e architetti potrà essere armonioso e bello come una macchina biologica complessa (al microscopio elettronico anche un moscerino presenta una straordinaria simmetria e bellezza), e potrà essere armonioso e bello come un’opera d’arte plastica, la quale a sua volta può essere armoniosa e bella come la natura che l’ha ispirata, se non di più. A ogni modo, trattandosi di una macchina molto complessa, le sue qualità estetiche dipenderanno dall’intero team di progettisti, non dalla bravura di un singolo designer. Anche questa è una sfida importante, poiché è evidente che un robot che sia destinato a condividere l’ambiente con gli esseri umani debba essere esteticamente apprezzabile, oltre che efficiente e sicuro. Ciò significa che le sue forme dovranno seguire i criteri estetici di base che sottendono alla convivenza civile e alla stessa esistenza umana: simmetria, armonia, bellezza.

Oltre ai criteri estetici il robot deve rispettate anche quelli della convivialità, che, come sosteneva il filosofo radicale Ivan Illich[3], è lo strumento più autentico ed efficace nelle relazioni umane. Appunto per questo il nostro RoDyMan dovrà essere bello, funzionale, ergonomico e al contempo armonioso nei movimenti e negli equilibri spaziali. Dovrà dunque sapersi muovere nell’ambiente senza recare danno alle persone e alle cose, rispettando le regole della buona educazione, quelle, per esempio, che suggeriscono di non violare le distanze prossemiche di un nostro simile. In estrema sintesi nella sua forma dinamica questo robot dovrà richiamare quegli insiemi ordinati e semplici della natura (che poi sono quelli che da sempre hanno ispirato gli artisti), che permetteranno agli esseri umani di considerarlo amichevole. La percezione di familiarità che ne scaturisce è la base di una buona interazione tra uomo e robot.

 

5. L’orientamento e la mappa, limiti nel robot e nell’uomo

Ed ecco che ritornano all’attenzione i problemi tecnici, più volte intrecciati con quelli estetici: le buone maniere del nostro robot autonomo dipenderanno soprattutto dalla sua capacità di controllare il flusso degli eventi in una data attività e di reagire e imparare dall'ambiente circostante. Ma anche dalla capacità di affrontare sollecitamente situazioni inaspettate, come la presenza di esseri umani o di ostacoli.

Tornando al problema dell’apprendimento occorre che RoDyMan impari l’arte del pizzaiolo come farebbe un qualsiasi allievo, ovverosia osservando più volte i movimenti sicuri e densi di esperienza del suo maestro. Ma rispetto al migliore degli allievi umani questo robot avrà un vantaggio non trascurabile. Quello di poter memorizzare nel suo computer la grande mole di dati appresi nel corso dell’addestramento, senza correre il rischio di dimenticarli, e di elaborare in maniera intelligente le diverse sequenze apprese, arricchendo la conoscenza e arrivando ad assumere un comportamento (semi-)autonomo. Per la dimostrazione della manipolazione dinamica di una pizza, verrà coinvolto uno dei migliori pizzaioli napoletani e il robot imparerà dunque direttamente da lui l'arte di questi abilissimi movimenti. Per apprendere avrà però bisogno di costruirsi una mappa dei movimenti del pizzaiolo, prendendo a riferimento alcuni punti precisi sul suo corpo. Per questa ragione si farà indossare al maestro una tuta biocinetica dotata di sensori e di un sistema di cattura del movimento 3D. Il robot avrà così i suoi punti di riferimento nello spazio e potrà costruire la mappa dei movimenti. Inoltre per riprodurre uno scenario realistico di un ambiente scarsamente strutturato, quale può essere un locale pubblico, l’addestramento si svolgerà direttamente nella pizzeria del maestro.

Replicare in un robot un’abilità tipicamente umana come la manipolazione è estremamente difficile anche per un’altra ragione: la natura non è facilmente replicabile perché non è ordinata e simmetrica come sembrerebbe. Fu Platone tra i primi a suggerire l’idea dell’ordine, simmetria e unità della natura. Nel suo Timeo il demiurgo buono organizza il caos creando le strutture ordinate nell’universo con gli strumenti della matematica e della geometria. Convinto che il libro della natura fosse scritto in caratteri matematici e geometrici, Galileo proseguì la tradizione platonico-pitagorica, facendo prevalere nel metodo scientifico gli aspetti quantitativi (misurabili) della natura e non quelli qualitativi. Fu la biologia a scombinare le carte, mettendo in rilievo il carattere dinamico della natura (finanche un diamante subisce profonde trasformazioni nel tempo) e sfumando il confine tra organico e inorganico. Quanto agli esseri viventi fu il biologo Ernst Mayr nel corso dei suoi studi sull’evoluzione biologica ad accorgersi che essi sono organizzati in entità discontinue di forme intermedie, raggruppabili in specie diverse, che a loro volta possono andare incontro a speciazione, dividendosi in due specie[4]. Anche la genetica, che pure sembra seguire leggi ferree, ci porta a un dinamismo sfuggente. Si pensava che bastasse sequenziare il genoma umano per scoprirne i segreti. Per poi comprendere che a codificare le proteine – i mattoni della vita – è una manciata di geni (3-5% circa) che condividiamo finanche con il moscerino. Del restante 95 per cento del corredo genetico sappiamo pochissimo.

 

6. Competere con l’essere umano

Dal punto di vista gastronomico, potrà una pizza preparata da un robot competere con quella preparata da un pizzaiolo? Assisteremo a nuove sfide tra uomo e robot come è avvenuto per gli scacchi?

La pizza napoletana è frutto di un’arte secolare, ma, soprattutto, è in continua evoluzione, a cominciare dalle farine per arrivare alle tecniche di impasto e agli ingredienti. L’uomo sarà battuto solo quando il robot avrà la capacità di riassumere l’arte di numerosi pizzaioli messi insieme carpendo a ognuno il segreto giusto. Uno scenario futuribile, certo, ma intanto tutto lascia prevedere che per almeno i prossimi dieci anni potremo ancora scegliere quale pizza mangiare e a quale pizzaiolo affidare la nostra serata e la felicità di un cibo che si rinnova da secoli, sinora inimitata.

E se RoDyMan superasse in abilità gastronomica i sui maestri pizzaioli, dovremmo considerarlo umano, se non addirittura oltre-umano? Intanto c’è da chiarire che queste domande sull’umanità dei robot derivano sostanzialmente dalla nostra tendenza a umanizzare gli artefatti e gli animali che siano familiari o che per qualche ragione assimiliamo a noi stessi (per esempio, umanizziamo gli animali domestici, i pupazzi di peluche, i robot antropomorfi e finanche gli emoticon). Salvo poi non provare simpatia ma solo repulsione quando la somiglianza dell’artefatto con l’essere vivente in esso proiettato si fa molto verosimile, ma non del tutto. A quel punto l’oggetto rievoca la figura inquietante di uno zombie, di un morto-vivente: ciò spaventa perturbando gli animi. A rendersene conto fu il giapponese Masahiro Mori, quando nel 1970 elaborò l’ipotesi dell’Uncanny Valley[5], sugli effetti della verosimiglianza dei robot. L’ipotesi non è stata dimostrata scientificamente, ma ogni robotico avveduto la conosce bene. E difatti per evitare il rispecchiamento e la conseguente repulsione per l’eccessiva somiglianza con il vivente, i progettisti occidentali non danno sembianze troppo verosimili ai robot antropomorfi che debbano interagire con gli esseri umani. Così è per RoDyMan: simpaticamente antropomorfo, ma riconoscibile come macchina.

 

7. Semplicemente robot

Per un progettista non è pertinente che un robot sia artificiale, inorganico, vivente, non-vivente, e via dicendo. Un domani RoDyMan potrebbe avere alcune componenti organiche e un cervello artificiale dotato di neuroni organici artificiali; potrebbe finanche alimentarsi da solo, cibandosi della sua pizza; ma sarebbe egualmente una macchina, e che sia vivente o in alcune delle sue componenti sarebbe irrilevante. Come si è detto la vitalità gli è semmai attribuita quando ci sia il rispecchiamento, qualora si conferisca al robot un senso vitale, riconoscendolo come vivente. Non potremmo convenire facilmente neppure sull’artificialità-naturalità di un eventuale robot di nuova generazione. Come la metteremmo per esempio con le macchine che sanno generarsi da sole? Del resto già Lucrezio nel De rerum natura faceva notare quanto fosse difficile stabilire un confine tra naturale e artificiale, in considerazione del fatto che gli atomi, di cui per lui era costituita la materia (organica e inorganica), sono insensibili (diremmo oggi: inorganici).

Né si pone il problema di superare l’umano. Prima di giungere a conclusioni del genere ci si dovrebbe infatti chiedere se a garantire la bontà della pizza sfornata dal robot sia il codice, il programma (l’istinto o il genoma nell’essere umano) o l’esperienza (la cultura, nell’essere umano) scaturita dal processo di addestramento. Il buon senso suggerisce che in linea di massima siano vere entrambe le cose: come nell’essere umano, che è condizionato sia dall’evoluzione biologica sia da quella culturale. Ma questa è una speculazione fine a se stessa. Se non è umano (ed è evidente che non lo sia), come potrebbe un robot superare l’umano? Semmai i problemi relativi al superamento delle capacità manipolatorie umane sarebbero altri, ben più importanti. Per esempio, se un robot superasse in destrezza e abilità i suoi maestri, chi si occuperebbe più di fare la pizza e tanti altri prodotti artigianali o artistici? Delegando sempre più alle macchine queste attività gli esseri umani non saprebbero più manipolare gli oggetti con destrezza e perderebbero il relativo bagaglio culturale acquisito nel tempo. Del resto è quanto sta accadendo con i bambini, che preferendo i giochi elettronici a quelli tradizionali, manipolano sempre meno gli oggetti complessi di varia natura, perdendo quindi in destrezza. Ma questo è un altro problema e meriterebbe una trattazione a sé.

 

8. Senz’anima, ma è un buon amico

C’è un’ultima questione che vale la pena di portare all’attenzione. Per fare la pizza squisita non sono sufficienti le abilità manipolatorie e la conoscenza dei segreti dei più bravi pizzaioli. Ci vuole l’ingrediente segreto, che per semplicità chiamiamo l’anima del pizzaiolo. Sarà mai possibile riprodurla in un robot? Prima bisognerebbe mettersi d’accordo su cosa sia e dove eventualmente risieda. Ma in troppi dubitano della sua stessa esistenza. I filosofi antichi, in particolar modo Epicuro, Platone e Aristotele, trattavano seriamente dell’anima. Poi si è perso via via l’interesse nei suoi confronti. Finché i filosofi moderni hanno cominciato a farla coincidere con la coscienza: e l’anima s’è fatta talmente eterea da perdere ogni possibile sostanza. Riprodurla, si fa per dire, in un laboratorio di robotica è quindi impossibile!

Al di là di queste considerazioni che come abbiamo visto si fanno ancora più difficili quando intrecciate con questioni filosofiche, mai pienamente risolte, relative ai concetti di naturale-artificiale, vivo-morto, organico-inorganico, il valore aggiunto di questa ennesima sfida scientifica rappresenta un passo fondamentale. E ciò affinché i robot siano sempre più funzionali non solo al mondo dell’industria, ma soprattutto per le applicazioni avanzate della robotica di servizio: dall’assistenza agli anziani alla cura di un arto, non c’è potenziale applicazione di questo robot che non possa non essere considerata un valore aggiunto per le nostre vite. Proprio per questo, il futuro di RoDyMan si preannuncia brillante quanto il suo presente denso di promesse.

 


[1] B. Mandelbrot, La formula della bellezza (2012), tr. it. Rizzoli, Milano 2014.

[2] L. Calabrese, L’apprendimento motorio tra i cinque e i dieci anni, Armando, Roma 2001 (rist.).

[3] I. Illich, Tools for Conviviality, Calder & Boyars, London 1973.

[4] E. Mayer, Populations, species, and evolution, Harvard University Press, 1963.

[5] M. Mori, Bukimi no tani, in «Energy», 7, 1070, pp. 33–35, ripubblicato in «Robotics & Automation Magazine» IEEE, 19, 2, 2012.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *